Hegel: il Sistema
la pretesa di spiegare fino in fondo tutto
Francesco Bertoldi
il sistema
Il suo sistema si divide in tre parti:
- la scienza della Logica
riguardante l'Idea in sé, ossia “Dio” (in realtà lo spirito umano) com'era “prima di creare il mondo” - la filosofia della natura
riguardante Idea per sé, ossia la natura, “spirito alienatosi”, “uscito” da sé - la filosofia dello spirito
relativo all'Idea in sé e per sé, ossia lo spirito rientrato in sé stesso, e che a sua volta attraversa tre tappe
la scienza della Logica
ossia la contraddizione come legge fondamentale del reale
«Sia il vostro parlare sì, sì, no, no»
definizione
Hegel stesso la definisce così: La logica è la scienza dell'idea pura, dell'idea nell'astratto elemento del pensiero
(Scienza della Logica, d'ora in poi WL, 19)
essa studia:
- la semplice impalcatura delle forme dello spirito,
- i principi, le strutture che stanno a fondamento delle realtà concrete date dall'esperienza,
- le idee esangui, il “regno delle ombre”, il “mondo delle semplici essenzialità, libero da ogni concrezione sensibile”
- “Dio come è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito”.
Riassumiamo le funzioni del pensiero in Hegel.
il pensiero è:
- a. [atto del soggetto] "una delle attività o facoltà spirituali" del soggetto, "accanto alla sensibilita' ,all'intuizione, [WL,20] alla fantasia, all'appetizione, al volere, etc"
- b. [che si rapporta ad un oggetto] "riflessione su qualche cosa", pensiero di qualcosa[WL,21]
- c. [trasformandolo] mutamento prodotto nell'oggetto, facendolo affiorare alla coscienza nella sua vera natura (oltre la sensazione) [WL, 22]
- d. [anzi creandolo] il pensiero scopre di essere produttivo dell'oggetto; "quella vera natura [dell'oggetto] e' il prodotto del mio spirito (..) come soggetto pensante (ossia della mia libertà)." [WL,23]
L'identità di logica e metafisica
guadagnata storicamente
Logica e metafisica coincidono. Infatti l'oggetto della metafisica è l'essere, ma l'essere coincide col pensiero, che è l'oggetto della logica.
Tale identità non è stata riconosciuta da subito nella storia della filosofia, la si è guadagnata in una storia, che ha visto tre fondamentali momenti (anche qui: tesi, antitesti e sintesi), ossia tre posizioni del pensiero rispetto all'oggettività.
1) La vecchia metafisica
unità (imperfetta e relativa) pensiero/essere
Cioè la prima posizione del pensiero rispetto all'oggettività [WL, 26/36].
Procedeva ingenuamente, credendo di potersi rivolgere direttamente agli oggetti: l'essere è colto dal pensiero, il pensiero è in unità con l'essere.
Di positivo essa «aveva un concetto più alto del pensiero, che non nei nostri tempi» → «metteva infatti per base che ciò che per mezzo del pensiero si conosceva delle cose, fosse il solo veramente vero che le cose racchiudevano.» [non esiste un al-di-là sconosciuto] Riteneva perciò che il pensiero e le determinazioni del pensiero non fossero un che di estraneo agli oggetti, ma anzi fossero la loro essenza, ossia che le cose e il pensare le cose coincidessero in sè e per sè
Suoi limiti furono a) credere che le determinazioni fossero qualcosa di dato, di oggettivo, e b) credere che, essendo essenzialmente finite, fossero rette dal principio di non contraddizione, per cui di due opposte, l'una fosse vera e l'altra falsa. Il che viene bollato come dogmatismo.
2) Il dualismo moderno
separazione pensiero/essere
Per questa impostazione l'essere è al di là del pensiero. Assume due forme:
a) l'empirismo (§37/9) esprime un bisogno di concretezza (criticando come astratti i concetti metafisici) e l'esigenza di un punto di appoggio per dimostrare tutto;
b) il criticismo (§40/60) che ritiene l'esperienza, come per l'empirismo, unico terreno della conoscenza
(§ 40); Hegel valuta positivamente che le categorie siano condizioni di oggettività (non c'è esposizione senza di loro), negativamente che a) restino le cose-in-sé, e che b) le opposizioni non si concilino (la ragione che unifica è qualcosa di astratto, §52, è unità indeterminata
)
3) Il sapere immediato
perfetta unità pensiero/essere
(§ 61/78) Ciò che questo sapere immediato sa, è che l'infinito, l'eterno, Dio, che è nella nostra rappresentazione, anche è (§64). Ed è non semplice idea (§70), né semplice essere, ma unità di idea e di essere; come già diceva nella Fenomenologia: il vero è l'intiero.
la dialettica
Abbiamo visto che essere e pensiero, metafisica e logica, coincidono. Quale è la legge fondamentale, il principio supremo tanto dell'essere quanto del pensiero? è la dialettica, secondo cui la realtà si scandisce sempre in una sorta di ritmo ternario: tesi, antitesi e sintesi.
Dire che la realtà è dialettica è quanto dire che la realtà è contraddittoria, l'essere è contraddittorio: il contrario di quanto diceva Aristotele, per il quale la realtà è non-contraddittoria e il suo principio fondamentale è quello di identità/non-contraddizione. Per Hegel invece ogni momento della realtà richiama il suo contrario, ogni tesi richiama la sua antitesi, con cui è in qualche modo in unità indissolubile. La realtà è permeata di contrasti, di contrasto, non è una unità tranquilla, pacifica, ma una unità contrastata. è quanto già aveva visto Eraclito (polemos panton pater), ma in qualche modo anche il Platone del Sofista (la dialettica delle idee), o Niccolò Cusano (Dio come coincidentia oppositorum). Solo che in Hegel vi è non solo un contrasto, ma una vera e propria contraddizione.
Nella logica aristotelica della non-contraddizione dal meno non può scaturire il più, mentre nella logica hegeliana della contraddizione dal meno scaturisce il più, dal meno perfetto deriva il più perfetto: nella sintesi c'è più realtà, più perfezione che nella tesi (e nella antitesi). Ne segue che Dio, la perfezione suprema dell'essere, si fà, diviene progressivamente perfezione suprema. All'inizio del cammino dialettico c'è la massima imperfezione, mentre solo alla fine c'è la massima perfezione.
le parti della Logica
dottrina dell'essere
- 1) essere
-
Il primo inizio non può essere qualcosa di mediato o di maggiormente determinato (§ 86)
E' il livello più povero della realtà, in quanto massimamente indeterminato e privo di caratteristiche;
è la pura astrazione e di conseguenza l'assolutamente negativo (§ 87)
è l'essere l'inizio perché il "cominciamento" deve essere dal concetto più immediato, quello che non presuppone altri concetti a monte, ma questo è solo nell'indeterminato, poiché qualsiasi determinazione supporrebbe una relazione/opposizione ad altri concetti (ergo non sarebbe immediato, ma supporrebbe altro), e il più indeterminato è appunto l'essere. Osserva Hegel che l'io che pone l'io di Fichte e l'indifferenza di Schelling sembrerebbero altrettanto buoni come inizio, ma non sono veramente qualcosa di primo.
Tale concezione si oppone diametralmente a quella dell'esse ut actus di Tommaso d'Aquino, che vede invece nell'essere la massima perfezione e l'attualità suprema (per cui Dio è per lui l'Ipsum Esse Subsistens). In tal modo l'essere risulta inferiore al pensiero (attivismo): sulla contemplazione della verità, predomina così il progetto.
Un corollario di questa concezione è che la realtà perde peso, consistenza: più importante di ciò che esiste è ciò che io penso e progetto. L'umanità occidentale sarà influenzata da questa idea, che ancora oggi grava come un presupposto decisamente negativo: perché la realtà è tutto ciò che abbiamo, e puntare su progetti che prescindano anche in parte dalla realtà è molto pericoloso, come insegnano le imponenti tragedie storiche del XX secolo.
- 2) nulla
- pur essendo la antitesi dell'essere, essendo al massimo grado di indeterminatezza, si identifica con esso, dando vita alla sintesi, il divenire. H. peraltro precisa che la identità di essere e nulla non significa che una data cosa concreta sia identica al suo non essere, ma si riferisce ai concetti generali di essere e nulla. Infatti l'unità di essere e nulla non è totale appiattimento, è al contempo diversità [1]il divenire come identità di essere e nulla sembra paradossale, e si possono fare in effetti delle obiezioni, «ad esempio che è lo stesso se la mia casa, il mio patrimonio, l'aria che respiro, questa città, il diritto, il sole, lo spirito, Dio, siano o non siano:» (§88 ):
Hegel risponde che a) questi esempi concernono cose utili, e la domanda è in realtà se interessino a me (se mi siano utili, e se mi sia indifferente che siano o meno): ma la filosofia deve staccare dal criterio di utilità; b) comunque, in generale, l'essere e il nulla che si identificano non sono riempiti di contenuti determinati, ma sono vuoti. Certo tale identità significa che la realtà è contraddittoria. - 3) divenire
- per H. è il momento più perfetto della prima triade.
La verità dell'essere, come quella del nulla, è quindi la loro unità, e questa unità è il divenire (§ 88). In polemica esplicita con Parmenide, ma anche contro Aristotele, per lui il divenire ha un primato sull'essere.
Così vengono metafisicamente fondati lo storicismo e l'attivismo, che dopo Hegel avrebbero dominato gran parte della cultura occidentale.
dottrina dell'essenza
essa è la “verità dell'essere”, l'interiorità, la profondità, l'internarsi dell'essere; rispetto all'essenza il semplice essere è apparenza (schein);
a) l'essenza è strutturata dai principi di
- identità (per sé “vuota tautologia”, contraddetto dalla differenza soggetto/predicato) (§115);
- differenza (per cui ogni cosa è diversa dalla altre) (§116/20);
- ragion sufficiente/contraddizione (sintesi dei due precedenti): gli opposti entrano in rapporto tra loro (§121/2);
l'identità non è che la determinazione del morto essere (...)
la contraddizione è la radice di ogni movimento e vitalità
b) per questa contraddizione il finito rimanda a un fondamento (Grund); e qui H. parla delle prove dell'esistenza di Dio:
contesta le prova cosmologiche, che partono dal finito, per dimostrare l'Infinito
La vera conclusione da un essere finito e accidentale a un essere assolutamente necessario non sta nel concludere a questo assolutamente necessario partendo dal finito e accidentale, come da un essere che si trovi a fondamento. (...)
Nella solita maniera di dimostrare, l'essere del finito sembra il fondamento dell'assoluto; c'è l'Assoluto, perché c'è il finito.
La verità è invece che poiché il finito è l'opposizione contraddicentesi in sé stessa, poiché esso non è, l'Assoluto è.(..) Il non essere del finito è l'essere dell'assoluto.
approva quella ontologica anselmiana (è impossibile pensare Dio senza pensarlo esistente)
dottrina del concetto
è “la verità della sostanza” (nel senso che per l'idealismo di H. si dà piena e totale intelligibilità del reale). Di per sè il concetto è *universale, ma poichè deve afferrare *l'individuale, deve farsi *giudizio (cioè coincidenza di universale e particolare: universale concreto) e sillogismo (cioè comprensione del perché di tale coincidenza: la razionalità del reale va dimostrata, non può essere intuita).
Hegel distingue tre momenti del concetto: il c. soggettivo, il c. oggettivo e l'idea.
Mentre per Parmenide e Aristotele (sia pur in diverso senso) l'essere non può non essere, ossia l'essere è non-contraddittorio, ossia è uno, ossia ogni cosa è identica a sè stessa per Hegel l'essere è e non è, è contraddittorio, è diviso in polarità dialettiche che si contraddicono e si sintetizzano, ossia ogni cosa richiama il suo contrario, ed è al contempo sè stessa e il suo contrario, e la sintesi di entrambi. Ne segue, ad esempio, che «il falso non è che un momento della verità».
la filosofia della natura
«Narrano i cieli la Gloria di Dio, l'opera delle Sue mani annuncia il firmamento»
La filosofia della natura è la parte meno originale e meno pensata del Sistema.
1) rapporto filosofia/scienze. Le Scienze empiriche hanno una funzione necessaria, ma puramente preparatoria: è la filosofia che attribuisce loro il loro vero significato (non molto diversamente da Schelling, anche H. cerca il senso filosofico delle leggi scientifiche).
2) la natura, in generale. La Natura è "l'idea nella forma dell'esser altro", fuori di sé, "decaduta", alienata. è il momento dell'antitesi, della contraddizione insoluta. è peraltro passaggio necessario per la realizzazione dialettica dello Spirito.
H. afferma la intelligibilità della natura, per cui sostiene una concezione antimeccanicistica e organicistica: la Ragione infatti non si perde realmente, perché nel mondo dello Spirito si ritroverà, superando questa fase di esteriorità.
3) le parti della filosofia della natura. Anche qui Hegel tripartisce il discorso, in
- meccanica (in cui tratta del moto locale, quindi di spazio e tempo, da lui visti - a differenza di Kant - come inerenti alla natura, pur essendo qualcosa di astratto : astratta esteriorità è lo spazio, astratta interiorità il tempo).
- fisica, che tratta di
- individualità universale (quella degli elementi della materia)
- individualità particolare (quella delle proprietà della materia (peso specifico, coesione, suono, calore)
- individualità totale (concernente le proprietà magnetiche, elettriche e chimiche)
- organica (ii rifiuta qualsiasi evoluzionismo nella natura: il tempo naturale è ripetitivo;tuttavia la vita fa sì che l'Idea emerga sempre più, raccogliendosi in unità dalla dispersione materiale). Si suddivide in
- natura geologica
- natura vegetale
- organismo animale
Breve giudizio: la Filosofia della natura o del disprezzo per la natura
La natura è infatti denigrata (è spirito uscito da sè, alienato). Hegel rifiutò più volte di andare con gli amici ad ammirare la bellezza delle montagne: per lui non erano davvero reali, non essendo altro che un prodotto dello spirito. In questo senso molto più onesto era stato Kant, grande ammiratore del "cielo stellato". Se Hegel, fermando la catena macchinosa degli ingranaggi artificiosamente dialettici, si fosse fermato a contemplare il cielo stellato! Avrebbe intuito forse che il mondo esiste davvero, non è creazione del nostro spirito, avrebbe forse elevato il suo cuore e la sua mente a Colui di cui la realtà sensibile è segno, riconoscendo che tutto dipende da Lui.
la filosofia dello spirito
Concerne l'Idea ritornata in Sé, dopo l'estraneazione nella natura, di cui lo Spirito è la "verità".
suddivisione della filosofia dello spirito
"§9 (385). Lo svolgimento dello spirito importa, che esso sia
I. nella forma della relazione con se stesso: dentro di esso la totalità ideale dell'Idea diviene a lui, vale a dire ciò che è suo concetto, diventa per lui, e il suo essere sta appunto nell'essere in possesso di sé, cioè nell’esser libero. Tale è lo spirito soggettivo;
II. nella forma della realtà, come di un mondo da produrre e prodotto da esso, nel quale la libertà sta come necessità esistente. Tale è lo spirito oggettivo;
III. nell'unità dell'oggettività dello spirito e della sua idealità o del suo concetto: unità, che è in sé e per sé, ed eternamente si produce: lo spirito nella sua verità assoluta. Tale è lo spirito assoluto."
lo spirito soggettivo
E l'Idea «nella forma della relazione con sé stessa»: «§11 (387). Lo spirito, che si svolge nella sua idealità, è lo spirito in quanto conoscitivo. Ma il conoscere qui non viene concepito meramente come è nella determinazione dell'idea in quanto logica (§223); sebbene nel modo in cui lo spirito concreto si determina alla coscienza.(...) Nell'anima si desta la coscienza; la coscienza si pone come ragione, che si è immediatamente destata alla consapevolezza di sé; la quale ragione, mediante la sua attività, si libera col farsi oggettività, coscienza del suo concetto.»
Lo spirito soggettivo si suddivide in
A) Spirito in sé (l'antropologia)
«Così esso è anima o spirito naturale: il che è l’oggetto dell'Antropologia», parte in cui Hegel sostiene, tra l'altro
- l'unità di anima e corpo (contro Cartesio), e
- il primato del pensiero sulla sensazione, che si limita registrare passivamente il dato, generando l'illusione che esso sia appunto un dato, indipendente dalla attività dello Spirito umano.
- uno schema ternario tra
- infanzia (tesi: momento di ingenua armonia con il proprio mondo)
- giovinezza (antitesi: momento di contrasto col proprio ambiente)
- maturità (sintesi: momento di riconciliazione con il mondo).
B) Spirito per sé (la fenomenologia)
«come riflessione ancora identica in sé e in altro, lo spirito nella sua relazione o particolarizzamento, la coscienza: il che è l’oggetto della Fenomenologia dello spirito».
Dalla Fenomenologia dello spirito, suo scritto giovanile, Hegel riprende qui molti concetti
C) Spirito in sé e per sé (la psicologia)
«lo spirito che si determina in sé, come soggetto per sé: il che è l’oggetto della Psicologia»
La Psicologia studia lo spirito in sé e per sé, tripartito in
- a)teoretico (determinato dagli oggetti, con scala ascendente di intuizione \immaginazione \memoria \pensiero);
- b)pratico (come volere individuale, determinato da ciò che attrae, qui ed ora; per H. l'impulso e il sentimento, pur rivalutati rispetto al razionalismo kantiano e illuminista, sono da sottomettere all'universalità della ragione);
- c)libero (il volere è libero solo quando è razionale, quando il sentimento è plasmato dal dovere, dall'universalità; in che cosa poi consista il dovere lo può dire solo il momento successivo: lo spirito oggettivo).
lo spirito oggettivo
«lo Stato è la sostanza etica consapevole di s黫Der Staat ist die selbstbewußte sittliche Substanz»
È l'Idea «nella forma della realtà, come di un mondo da produrre» vede il succedersi di tre momenti:
il diritto
ossia il momento della pura esteriorità, che prescinde dall'intenzione, e considera solo il risultato
Concetti centrali nel diritto sono quelli di persona (soggetto capace di proprietà, che in quanto tale si rapporta agli altri), di contratto, torto, diritto contro il torto.
Non esistendo un diritto naturale, metastorico, sono sempre e comunque giuste le leggi positive: ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale
(Was vernünftig ist, das ist wirklich; und was wirklich ist, das ist vernünftig
, Fil. del diritto).
la moralità
È il momento della pura interiorità, che considera solo l'intenzione.
Centrale in essa è il concetto di soggetto, non più di persona, come "volontà riflessa di sè, che accetta consapevolmente la legge, riconoscendola come sua.
Suoi elementi sono: l'interiorità, il valore esclusivo dell'intenzione, il carattere universale e formale della legge, la scissione tra virtù e felicità. Hegel pensa qui a Kant, contro cui polemizza, per l'irrisolta tensione tra essere e dover essere, che rende la moralità paragonabile a un duello allo specchio, strutturalmente interminabile.
l'eticità
È la sintesi di interiorità ed esteriorità, è il vero ambito in cui il singolo uomo può attuarsi moralmente
Si suddivide in
- famiglia, unita, ma particolare
- società civile, universale, ma divisa
- Stato, massimo della unità e della universalità
in sintesi
- Hegel nega che esista una legge naturale (=precedente le leggi poste dagli stati): vano è affannarsi con la legge morale, come faceva Kant (certo, prendendosela con lui ha miglior gioco: Kant era la caricatura della moralità naturale); la moralità non è faccenda personale, non è il mio rapporto con la legge (e questo passi) né il mio rapporto col Destino (e qui Hegel sbaglia).
- Avrebbe ragione a dire che una lotta senza tregua contro la propria non-moralità (quale la pensava Kant) è controproducente e insostenibile, se si fonda sulle proprie forze e in virtù di un proprio progetto e non avendo presente altro che il proprio io, da rendere perfetto: senza rapporto con un TU non c'è vera morale.
Ma ha avuto torto a buttar via, col moralismo kantiano, la stessa idea di morale, di dovere che l'individuo, anzi la persona avverte in sé e che non è condizionabile o cancellabile dalla società. - Di conseguenza affida tutto alla legge positiva: "tutto ciò che è reale è razionale", ossia la legge dello stato (ciò che è "reale") ha sempre ragione (è "razionale"). Anche quando chiede di uccidere, o di torturare: ha sempre ragione. Inutile tormentarsi: in piena tranquillità si può e deve obbedire allo Stato. Non esiste termine di paragone per la legge positiva.
- Nello stato e solo in esso quindi si attua pienamente l'uomo: né la famiglia (importante sì, ma solo se relazionata alla totalità statale), né la società (che secondo Hegel è minata dagli egoismi individuali, non ha una vera unità ma è solo una somma di tanti interessi particolari) costituiscono ambiti degni di una stima e di un rispetto incondizionati, ma solo lo Stato
«la realtà della libertà concreta è volontà divina, in quanto spirito esplicantesi a forma reale e ad organizzazione di un mondo» , «è totalità organica che precede gli individui (...)
tutto ciò che l'uomo è, lo deve allo Stato: solo in esso egli ha la sua essenza.(...) Lo stato è l'unità della volontà universale, essenziale, e di quella soggettiva.»
Lo Stato non esiste per i cittadini: si potrebbe dire che esso è il fine, e quelli sono i mezzi.
Quanto alla forma di governo Hegel preferisce nettamente la monarchia, che garantisce meglio della repubblica l'unità dello Stato: il Parlamento può affiancare il monarca a patto di non diventare cassa di risonanza degli egoismi particolaristici, ma di essere luogo dove si collabora per giungere a una sintesi nel superiore interesse dello Stato.
La trattazione hegeliana della storia è in qualche modo una appendice dello spirito oggettivo, ma, data la sua importanza, la si può vedere a parte, più oltre.
lo spirito assoluto
è il momento supremo del cammino dello Spirito, quello in cui esso giunge alla piena consapevolezza di essere tutto, di essere Dio. A tale autocoscienza giunge, ancora una volta, con un ritmo ternario, dialettico, con tre diversi tipi di attività, che differiscono tra loro non tanto per il contenuto, che è sempre l'Assoluto, quanto per la forma, per il modo di cogliere tale contenuto.
Abbiamo infatti tre modi o momenti: l'arte, che coglie l'assoluto nella forma dell'intuizione sensibile, la religione, che lo coglie nella forma della rappresentazione (fantastica) e la filosofia, che lo coglie nel modo più appropriato, mediante il concetto.
arte
L'estetica hegeliana, a differenza di Kant, tratta solo del bello artistico. In effetti Hegel privilegia nettamente la bellezza artistica su quella naturale:
il peggior ghiribizzo del cervello umano è qualcosa di più alto della più grande produzione della natura, perché è spirituale e la realtà spirituale è più alta della realtà naturale.
è vero che la natura stessa è spirito (alienatosi), ma l'opera d'arte è una manifestazione più perfetta dello spirito, mediata dallo spirito umano e non immediata come la natura.
Nell'arte l'Idea si coglie ancora avviluppata in un involucro materiale, il contenuto (l'Idea) è racchiuso in una forma (materiale). A seconda di come si rapportino contenuto ideale e forma materiale Hegel distingue tre tipi di arte:
- simbolica, in cui l'Idea è come sommersa dall'involucro materiale-oggettivo, il contenuto
non è pienamente impresso nell'espressione
; - classica, in cui si raggiunge un perfetto equilibrio tra forma e contenuto; Hegel apprezza molto la bellezza dell'arte classica, e in particolare greca, soprattutto la scultura, quale vertice estetico insuperabile:
non vi sarà mai nulla di più bello
, in essa è presente ogni particolare necessario, senza aggiunta di alcunché di superfluo; essa ispira una serenità un po' fredda, tuttavia la scultura classica, ad esempio quella che raffigura gli dei, ha come un velo di tristezza, presentimento della insufficienza della forma ad esprimere pienamente il contenuto; - romantica, che inizia col Cristianesimo, e in cui la soggettività creativa tende a prevalere sulla oggettività materiale, per cui la forma trabocca del contenuto, che sempre meno ne sopporta le regole e i vincoli; mentre l'arte classica è prevalentemente plastica, quella romantica è musicale e lirica; la sua aspirazione suprema non è più la bellezza, ma l'interiorità; essa, a differenza dell'arte classica, non suscita serenità, ma emozione e turbamento; si prefigura, al termine della parabola dell'arte romantica (non limitata peraltro a ciò che comunemente si intende con tale espressione) una fine dell'arte, che deve trapassare in forme più alte e adeguate di autocoscienza spirituale.
fine dell'arte?
Con questa espressione non pare si debba intendere una vera e propria estinzione dell'attività artistica, come pensava Croce. Si tratta piuttosto della consapevolezza che l'arte non può più essere la forma suprema di autocoscienza dello spirito, il che non toglie che essa possa restare comunque una importante manifestazione dello Spirito, seppur subordinata ormai alla filosofia.
religione
Anzitutto Hegel ritiene che compito della filosofia della religione, di cui qui si tratta, non sia quello di creare la religione (secondo l'atteggiamento di certo illuminismo, volto ad elaborare una religione razionale-naturale, diversa da quelle storiche), ma di riconoscere quelle che di fatto ci sono.
Certo, la ragione poi andrà oltre i dogmi delle religioni positive, adorando Dio col pensiero e dimostrando ciò che la religione (presunta rivelata) crede.
Nella religione lo Spirito si coglie stavolta non più in un dato materiale, ma nel suo essere spirito; tuttavia lo strumento di tale cogliersi non è ancora la ragione, ma l'immaginazione, la rappresentazione, per cui permane una distanza tra finito e Infinito: Dio viene immaginato come un Essere trascendente (ciò che per Hegel è sbagliato).
Hegel distingue tre grandi tipi di religione:
- quella naturale (propria dei popoli orientali),
- quella finita, o determinata (greco-romana ed ebraica),
- e quella assoluta (il Cristianesimo)
Tra tutte le religioni perciò eccelle il Cristianesimo, che presenta i seguenti pregi:
- concepisce l'Infinito come dinamico e non statico (a differenza di Ebraismo e Islam): Dio è Trinità, prefigurazione, ai suoi occhi, della sua dialettica di tesi/antitesi e sintesi;
- la sua idea di Incarnazione di Dio prefigura (mitologicamente) l'idea razionale della identità tra umano e divino; quello che la fede cristiana ritiene essere vero solo dell'Uomo Gesù di Nazaret, la filosofia hegeliana lo ritiene vero per l'umanità in quanto tale;
filosofia
La filosofia giunge alla fine del percorso, come la “Nottola di Minerva” (o la “civetta di Atena”), che spicca il suo volo sul far della sera
. Su come debba essere intesa tale ultimità della filosofia gli interpreti di Hegel si sono divisi: c'è chi ha visto in essa una valenza della filosofia come giustificatrice dell'esistente, ma c'è anche chi l'ha intesa come documentativa dell'essere la filosofia il momento supremo del processo dialettico dello Spirito, il che non impedirebbe alla filosofia di poter svolgere una funzione anche critica verso l'esistente.
Solo nella filosofia si ha una piena e perfetta autocoscienza dello Spirito, che valendosi finalmente della ragione, del concetto, si sa ormai Dio, sa di essere la totalità, l'infinito, è l'Idea che pensa sé stessa
.
La filosofia si risolve in qualche modo nella storia della filosofia, che è un processo necessario e sensato, in cui ogni momento ha un preciso senso e tutto si concatena perfettamente. Non si tratta perciò di un succedersi di sistemi tra loro irriducibili, ma del concatenato svilupparsi dell'Idea, che diviene dialetticamente sempre più autocosciente.
Così era necessario che l'epoca moderna vedesse la contrapposizione tra empirismo e razionalismo, era necessaria la provvisoria sintesi del criticismo kantiano, era necessario poi lo sviluppo dell'idealismo in etico-soggettivo (Fichte), estetico-oggettivo (Schelling) e finalmente assoluto (Hegel). La sua filosofia è pertanto il momento culminante dell'intera storia della filosofia, e con ciò stesso dell'intera realtà.