Il mondo negli anni '80
crisi e morte (apparente?) del comunismo
Francesco Bertoldi
introduzione
Dopo la marea montante degli anni '60 e '70, in cui sembrava che il comunismo fosse destinato a una inarrestabile conquista dell'intero pianeta, gli anni '80 vedono un progressivo arretramento del comunismo, fino a giungere alla caduta del muro di Berlino, che sembrò segnare la fine definitiva del progetto comunista.
Anche se, alla luce di quanto sta accadendo oggi, si tratta di una morte apparente.
La crisi del comunismo “reale” (in Unione Sovietica e satelliti est-orientali, Cuba, Vietnam, e, in qualche modo in Cina) è preceduta e accompagnata dalla crisi dei partiti comunisti nei paesi democratici, e da generale una messa in discussione del marxismo, di cui conviene parlare in primo luogo.
La crisi dell'ideale comunista
anche nel mondo democratico
Già alla fine degli anni '70 si avvertono i primi scricchiolii dell'ideologia comunista, intesa come progetto di riplasmazione complessiva della società e della cultura, come scommessa di realizzare un'Umanità nuova, in cui, grazie a un'economia collettivizzata, non ci sarebbero più stati oppressori (i borghesi) e oppressi (i proletari).
Tale scommessa faceva leva, in Marx, e in parte in per il quale, nella situazione russa del 1917 era necessaria una alleanza tra operai, troppo pochi per sostenere da soli la lotta rivoluzionaria, e contadiniLenin, sulla classe operaia come classe rivoluzionaria, come classe sociale, cioè, che avrebbe dovuto farsi carico di attuare la rivoluzione, rovesciando una volta per tutte il capitalismo.
l'assottigliamento della classe operaia
una società post-industriale
Ma il progredire dell'economia nei paesi democratici da un lato operava un miglioramento economico della condizione della classe operaia, tale da smorzare quell'esasperato risentimento anti-capitalistico da cui avrebbe dovuto scattare la rivoluzione, e dall'altro, più ancora, assottigliava sempre più, grazie all'impiego di macchine, il peso numerico della classe operaia. Il settore terziario, impiegatizio, prendeva, dal punto di vista dei numeri, il sopravvento sul setto secondario, quello degli operai. Insomma: sempre più impiegati e sempre meno operai. E tra gli impiegati gli ideali rivoluzionari non avevano vita facile.
la consapevolezza del fallimento del comunismo “reale”
Anche nel mondo della cultura marxista, o comunque di sinistra, cresceva la consapevolezza che gli “esperimenti” di comunismo “reale”, in Russia, nei paesi dell'Est Europa, in Cina e altrove, avevano dato vita a dei sistemi intollerabilmente oppressivi, tali da screditare profondamente lo stesso ideale comunista.
Inizia quindi un ripensamento anche teorico, che parte dalla constatazione di un sostanziale fallimento del comunismo reale. Un primo, importante,centro di elaborazione di una cultura di sinistra non leninista, fu la Scuola di Francoforte.
La crisi del comunismo reale
Le sue cause
Varie sono state le cause della crisi del comunismo reale
un'economia in affanno
Vi fu l'affanno di un sistema economico intrinsecamente incapace di valorizzare il merito, e perciò incapace di attivare il meglio delle energie umane. La scommessa del comunismo è in effetti stata che gli esseri umani avrebbero dato il meglio di sé, in assenza di incentivi al merito, semplicemente per dedizione all'ideale di giustizia e di eguaglianza. Ma tale scommessa è stata persa: gli esseri umani non sono riusciti a entusiasmarsi per un ideale politico-sociale, che non risolveva il problema del senso della vita, e lasciava l'uomo nel suo limite di sempre; e il sistema che ne è venuto fuori si è rivelato piuttosto un inferno che un paradiso in terra: ad esempio per l'elevatissimo tasso di sanguinarietà (dagli 80 ai 220 milioni di morti uccisi per motivi politici), nel vano miraggio che bastasse eliminare fisicamente le "mele marce", gli egoisti, per avere una società perfetta.
In effetti tra le due guerre mondiali il comunismo poteva accreditare la tesi che il suo mancato sviluppo fosse dovuto al suo soffocamento ad opera dei paesi reazionari: l'URSS era allora effettivamente un'isola in mezzo all'oceano capitalista; ma dopo la seconda guerra mondiale, allorché mezza Europa passò al comunismo, come pure la Cina continentale, il più popoloso paese del mondo, con Corea e Vietnam del nord, e con mezza Africa che di lì a non molto sarebbe stata buona alleata dell'URSS, per non dire di Cuba, fino ad arrivare al Nicaragua e al Salvador, a quel punto parlare di soffocante isolamento non era proprio più possibile: il comunismo controllava, direttamente o indirettamente, mezzo mondo e aveva risorse, minerarie, agricole ed energetiche, più che sufficienti, se ben sfruttate, a vincere il confronto col capitalismo. E' dunque in un difetto intrinseco del sistema, piuttosto che che in cause esterne ad esso, che ne va cercata la causa di decadimento.
incapacità di reggere la sfida tecnologico-militare
Soprattutto dopo l'invasione dell'Afghanistan, gli USA si danno a una decisa politica di riarmo, utilizzando fino in fondo la loro capacità tecnologica: il progetto di “guerre stellari” in particolare, vede un dispiegamento di tecnologia a cui l'URSS non riesce a tenere testa, appunto per l'affanno strutturale del sistema sovietico, con la sua elefantiaca inettitudine alla valorizzazione del merito. L'URSS si trova così spinta ad aumentare le sue spese in campo militare, dissanguando la sua già non florida situazione economico-finanziaria, senza peraltro raggiungere risultati tecnicamente paragonabili a quelli americani.
incapacità di reggere la sfida tecnologica delle comunicazioni
Uno dei pilastri del sistema comunista era la severissima censura, che doveva lasciar filtrare solo le notizie che il regime voleva. Lo sviluppo delle tecnologie di telecomunicazione non poteva che accrescere la vulnerabilità di tale rete di controllo.
una crisi di immagine
Essa risultava da diversi brutti spettacoli :

- l'immane strage operata dal comunismo in Cambogia con Pol-Pot (1975/9): 2 milioni su 8 furono i cambogiani vittime del comunismo.
- i conflitti, ora anche armati, interni al mondo comunista (tra Vietnam filosovietico e Cambogia di Pol-Pot filocinese, e tra Cina e Vietnam; tra Cina e URSS);
- i fenomeni di guerriglia anticomunista, quali si svilupparono, negli anni '80, in Angola, in Mozambico, in Afganistan, in Nicaragua;
- i fenomeni di fuga dal comunismo, anche a costo della vita: il più clamoroso fu il caso dei boat-people, vietnamiti che fuggivano dal loro paese, diventato comunista, su barconi fatiscenti, esponendosi al rischio di facili naufragi nella non breve traversata dalla costa del Vietnam ad altri paesi: se accettavano il pericolo di essere mangiati dagli squali o di morire di sete in mezzo al mare, non doveva stare molto bene nel posto da dove fuggivano. Dunque il comunismo reale non era poi un paradiso in terra...
- Tutto ciò si aggiungeva a quanto era già successo, nel '56 in Ungheria e nel '68 in Cecoslovacchia: per sopravvivere il comunismo doveva reprimere nel sangue gli oppositori, rivelandosi incapace di convincere positivamente e pacificamente della sua bontà. Certo, ancora l'invasione della Cecoslovacchia nel '68 non aveva granché smosso le coscienze dei suoi inossidabili sostenitori, ma con Afghanistan e i boat-people fu diverso: la maturazione del senso critico era ormai tale da trovare insopportabile una repressione armata del dissenso. Così anche la “autoinvasione” della Polonia (13/12/1981) costituì un grave colpo all'immagine del comunismo. Anche perché la vicenda era legata a Giovanni Paolo II.
personalità decisive
nella crisi del comunismo
il “papa polacco”
una importante causa prossima
La figura di Giovanni Paolo II ebbe un suo peso nel determinare il crollo del sistema sovietico. Certo, non sarebbe giusto dire che il Papa abbia fatto politica. E' però innegabile che la sua azione, essenzialmente “spirituale”, ha avuto degli effetti notevoli sul piano politico. Dando coraggio a quanti, tra i suoi connazionali, non accettavano la politica di repressione anticristiana e antipopolare svolta dal regime comunista.

Innegabilmente la nascita del sindacato libero Solidarność (nel 1980) è legata alla presenza, sul soglio pontificio, di un Papa polacco. E non per niente proprio dal mondo comunista è venuta la spinta all'attentato del 13 maggio 1981. La vicenda Solidarność, pur nella sua brevità, ha segnato profondamente il mondo comunista: per la prima volta non veniva dal vertice, ma dalla base la spinta verso il cambiamento: 10 milioni di lavoratori polacchi aderirono a Solidarność: non era più possibile dire che i capitalisti e i reazionari occidentali usavano alcuni politici degenerati come loro burattini (come era stato nel caso dell'Ungheria e della Cecoslovacchia), era un intero popolo che voleva liberarsi delle sue catene.
Il caso Solidarność ha aperto un varco, uno squarcio di verità nel muro di omertà e di menzogna: gli amici del popolo non erano amati dal popolo. Ora lo si sapeva.
Gorbačëv
A Michail Sergeevič Gorbačëv, che resse, come primo segretario del PCUS, l'Unione sovietica dal 1985 al 1991, va riconosciuto l'incommensurabile merito di aver traghettato il comunismo in modo sostanzialmente incruento verso la democrazia, o meglio verso la possibilità di essa.
In realtà egli si è sempre detto comunista, ma, con molta onestà mentale, ha riconosciuto che non si poteva andare avanti come nei decenni precedenti e ha lanciato le due grandi parole d'ordine: la glasnost e la perestrojka.
Con la glasnost (гла́сность) i mezzi di informazione potevano dare le notizie reali con molta più libertà di quanto fosse avvenuto in passato. La censura statale sulla stampa non veniva totalmente abolita, ma il suo ferreo rigore era fortemente attenuato. Così come si dava la possibilità di discutere dei problemi del paese e della convivenza collettiva, anche qui come in passato non si era mai potuto fare nella Russia sovietica, dove solo il vertice del Partito decideva tutto. E dove chi dissentiva rischiava, nella migliore delle ipotesi, il carcere, se non la morte.
La perestrojka (перестройка), ossia la riforma, consisteva soprattutto nella possibilità, data ai cittadini russi, di scegliere, alle elezioni, non ancora tra diversi partiti, ma almeno (era già un importante passo) tra diversi candidati (del Partito Comunista, il PCUS, l'unico ad essere ammesso come legittimo).
Insomma, dei timidi, ma importatissimi passi verso la democrazia e la libertà.
Non risulta fosse nelle intenzioni di Gorbačëv la dissoluzione dell'Unione Sovietica e la fine del comunismo: egli ha sempre dichiarato di voler trasformare il comunismo, abbadonandone gli aspetti (più) disumani e repressivi, ma non di rinunciare ad esso (come ideale di giustizia sociale egualitaria).
Di fatto, però, il nuovo clima di libertà da lui instaurato ebbe come effetto quello di accelerare l'emergere delle aspirazioni alla libertà nei paesi del Patto di Varsavia e negli stessi paesi che erano stati violentemente annessi all'Unione Sovietica, come le repubbliche baltiche (Lituania, Lettonia, Estonia), i paesi caucasici (Armenia e Azerbaijan) e via via tutti gli altri (Ucraina, Bielorussia, repubbliche centro-asiatiche). Le repubbliche baltiche, più sviluppate sia economicamente sia culturalmente, furono le prime a procedere inesorabilmente verso crescenti forme di autonomia da Mosca.
Nel 1991 i conservatori, che vedevano la politica di Gorbačëv come fumo negli occhi, tentarono di esautorarlo con un colpo di Stato. Che però fallì, senza però riportare al potere Gorbačëv, ma Boris El'cin, col quale il PCUS venne bandito dalla vita politica, e l'Unione Sovietica venne dichiarata dissolta (8/12/1991). Al suo posto nasceva la CSI, Comunità di Stati Indipendenti, liberamente federati (tra di loro) e non più dominati (al loro interno) dai partiti comunisti. Gorbačëv, sempre nel dicembre del 1991, accettava il fatto compiuto e si ritirava dalla vita politica attiva.
Reagan
Ronald Reagan, presidente USA dal 1980 al 1988, ebbe il merito di aver tallonato il comunismo, costringendolo a rendersi conto della sua incapacità a reggere il passo con l'Occidente, che garantiva infatti all'uomo migliori condizioni tanto spirituali (la libertà) quanto materiali (il benessere).
In particolare Reagan, oltre a promuovere una forma di capitalismo spinto, perseguì un programma di riarmo, le già accennate “guerre stellari”, a cui si erano aggiunti, per qualche tempo, gli “euromissili”, i Cruise e i Pershing, collocati in basi europee e in grado di colpire in profondità gli obbiettivi russi, sfondando anche le difese dei bunker sotterranei. Da notare che molti pacifisti contestarono accanitamente l'installazione degli euromissili (in Italia a Comiso), al grido di “meglio rossi che morti”. Ossia essi paventavano che mostrarsi forti con la Russia l'avrebbe incattivita e avrebbe scatenato una guerra nucleare. La storia si sarebbe incaricata di smentire tali timori pacifisti, dimostrando che l'effetto degli euromissili fu esattamente opposto a quello da loro temuto.
una morte apparente?
Il comunismo finisce in Russia e nei paesi ad essa soggiogati: uno dopo l'altro, Polonia, Ungheria, Germania Est, Bulgaria, Cecoslovacchia, Albania, Yugoslavia e Romania (quest'ultima in modo cruento), rottamano il comunismo. In tali paesi viene cancellato dalla Costituzione l'articolo che poneva il Partito Comunista come l'unico partito legittimamente ammesso. E possono così nascere liberamente altri partiti e confrontarsi liberamente lasciando scegliere agli elettori chi, di volta in volta, debba governare.

In Vietnam e nei paesi comunisti limitrofi, il Partito Comunista si sarebbe poi limitato ad allentare un po' le maglie del suo onnipotente controllo. Analoga, timida apertura a Cuba, anche qui senza che il Partito Comunista rinunci al monopolio del potere.
Non finisce invece in alcun modo il comunismo in Cina: invano gli studenti cinesi protestano a lungo (da aprile a giugno 1989) in Piazza Tien-an-Men (天安门事件). Per qualche tempo il governo comunista di Pechino lascia fare, temendo di dover altrimenti causare un bagno di sangue. Ma poi la Piazza viene sgombrata a forza: il Partito Comunista avrebbe continuare a detenere tutto il potere e a reprimere qualsiasi forma di libertà espressiva e associativa. Le uniche concessioni fatte dal Partito Comunista saranno a livello economico, con timide forme di apertura all'iniziativa privata, comunque strettamente vigilata dal Partito.
Il paese più refrattario alla benché minima forma di evoluzione dal rigore repressivo è la Corea del Nord. Che anzi si è progressivamente involuta verso forme paranoiche di militarismo aggressivo.
Tuttavia il fenomeno più preoccupante è il fatto che la stessa Russia, che pure è stata la prima ad avviare una uscita dal comunismo, è ben presto tornata, già sotto quello stesso El'cin, che pure pretendeva di averla liberata dal comunismo, e ancora più sotto Putin, che di El'cin è stato in qualche modo il delfino, ha imboccato la strada di un ritorno a forme di totalitarismo strisciante.
🔗 Pagine correlate
fino alla caduta del muro di Berlino
- Il mondo negli anni '50: un precario equilibrio tra liberaldemocrazie e comunismo.
- Il mondo negli anni '60-'70: l'avanzata del comunismo.
- Il mondo negli anni '80: la crisi del comunismo e l'apparente vittoria delle liberaldemocrazie.
dopo il 1989
- Il mondo dopo l'89: verso la Terza Guerra Mondiale?
📚 Bibliografia essenziale
- AA.VV., Gorbaciov per o contro. Manifesto della nuova opposizione, Milano 1988(
o
).
- AA.VV., Dove va la perestroika?. Diritti umani, libertà dei popoli e altri problemi irrisolti del nuovo corso di Gorbaciov, Milano 1989(
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- Andrew E. Busch, Reagan's Victory. The Presidential Election of 1980 and the Rise of the Right, Lawrence (KS) 2005(
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- Giorgio Galli, La Russia da Fatima al riarmo atomico. Politica ed esoterismo all'ombra del Cremlino, Milano 2008(
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).
- Lev Gudkov & Victor Zaslavsky, La Russia da Gorbaciov a Putin, Bologna 2010(
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).
🎬 Filmografìa
Films collegati al tema fine del comunismo sono, tra gli altri: