Voltaire

🪪 Cenni sulla vita

Nato a Parigi nel 1694, François-Marie Arouet, detto Voltaire, morì nel 1778. Si formò a una scuola tenuta da Gesuiti, ma la sua impostazione gli venne da altre fonti: i libertini francesi (in particolare la Societé du Temple), e più ancora il contatto con la cultura inglese, da lui conosciuta direttamente durante il suo soggiorno in Inghilterra tra il 1726 e il '29, allorché venne a contatto con le idee deiste, conobbe la dottrina newtoniana ed ebbe modo di apprezzare il sistema politico britannico. Pubblicò molte opere, di cui diverse di genere teatrale o letterario, dimostrandosi un abile divulgatore.

In gioventù si scontrò col potere costituito, in Francia (scontando un anno alla Bastiglia per una sua opera irriverente, del 1717, nei confronti del reggente), mentre in età matura seppe rendersi amico dei potenti, divenendo, grazie alla protezione di madame Pompadour, favorita di Luigi XV, storiografo del Re di Francia e poeta di corte (1746/9); successivamente si legò a Federico II di Prussia, di cui fu riverito ospite per una decina di anni. Caduto poi in disgrazia anche presso la corte di Prussia si stabilì prima in Svizzera e poi, dal 1760, in Francia, al castello di Ferney, vicino al confine svizzero; in questo periodo si accerditò come il “patriarca” dell'illuminismo, scrivendo molto. Nel 1778 tornò a Parigi, dove venne accolto trionfalmente, ma dove anche morì poco dopo.

📔 Opere principali di Voltaire

il deismo

Costante in lui fu la critica al fanatismo in nome della ragione e della tolleranza (si veda la pièce teatrale Mahomet ou le fanatisme); egli però finì per negare al Cristianesimo qualunque carattere di soprannaturalità, negando i miracoli, e in generale l'idea di Rivelazione soprannaturale.

Spesso acre e irridente, puntava il dito sulle incoerenze, reali o presunte, dei credenti, finendo con l'erodere programmaticamente ogni possibile certezza sulle domande ultime.

Tuttavia egli si oppose, oltre che al fanatismo e al soprannaturale, anche all'ateismo materialistico che stava diffondendosi nell'Illuminismo, ad esempio con La Mettrie e D'Holbach: per gran parte della sua vita egli aderì infatti al deismo, per cui esiste un Essere supremo, garante del funzionamento della natura, ma Egli non può rivelarsi soprannaturalmente o compiere miracoli.

Anche il deismo però vacillò nella seconda parte della sua vita, soprattutto in seguito al terremoto di Lisbona, del 1755, allorché polemizzò frontalmente (in Candide, 1759 e nel Poème sur le désastre de Lisbonne) con l'idea lebniziana del meilleur des mondes possibles, per la presenza del male nella realtà, male che colpisce indifferentemente cattivi e buoni. Per cui, mentre in una prima fase del suo pensiero troviamo un moderato ottimismo (tout est bien) nella fase matura si fa spazio un certo pessimismo (per cui al massimo possiamo sperare che un jour tout sera bien).

contro Pascal e Cartesio

Tra le altre polemiche ricordiamo quella contro Pascal, reo di eccessivo pessimismo antropologico. Per Voltaire l'uomo non è mistero, paradosso, ma può essere spiegato mediante la ragione e la scienza.

La sua critica non risparmiò nemmeno la cultura razionalista francese del Grand Siècle, Cartesio e Malebranche, che appaiono a Voltaire astrattamente metafisici, mentre da lui sono più apprezzati gli inglesi Newton e Locke.

la storia e la politica

Nelle sue opere storiche egli propone una visione non provvidenzialistica, polemizzando in particolare con il Discorso sulla storia universale di Bossuet, e si spinge a negare ogni valore ai miracoli documentati nei testi sacri cristiani, limitandosi ad un uso meramente storiografico della narrazione biblica, come fonte per la conoscenza di popoli antichi.

In ambito politico egli criticò l'assolutismo, ma pur apprezzando il sistema istituzionale inglese, non si spinse oltre l'auspicio di un dispotismo illuminato, quale quello praticato dal suo amico e protettore Federico II di Prussia.

Sta ai sovrani promuovere una maggiore libertà per i sudditi. Voltaire poi avversò con forza l'intolleranza religiosa, ritenendo per questo di dover impugnare l'autenticità di testi sacri, credendo di combattere così il letteralismo fanatico, e cercando di difendere pubblicamente persone accusate davanti a tribunali per motivi religiosi.

Per un giudizio

La corrosiva ironia di Voltaire e il suo razionalismo naturalistico, che mette in forte discussione la verità del Cristianesimo storico vagheggiando un generico deismo (esso stesso alla fine vacillante, del resto, com'era inevitabile) sono valutabili negativamente.

Non si può credere in un Dio "puramente razionale": senza l'evento storico di Gesù Cristo, l'Uomo incontrato da Giovanni e Andrea, o almeno senza una implicita apertura del cuore e della mente alla possibilità che il Mistero si riveli come a Lui piace, oltre gli schemi ristretti della nostra misura, la parola Dio resta una vuota illusione.

📖 Testi on-line