un ritratto di Cartesio

Dio, in Cartesio

una concezione razionalistica

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Dio

Dalla prima prima certezza, di me come esistente pensante, risalgo poi alla seconda: che esiste Dio.

«poiché vedevo chiaramente che era più perfetto conoscere che dubitare», riflettei che il mio essere, che aveva dubitato, non è perfetto: perciò mi volsi a cercare «donde avevo imparato a pensare ad alcunché di più perfetto di quel che ero; e conobbi che effettivamente doveva derivare da una natura più perfetta»

Dio come causa della Sua idea in me

In me infatti esiste l'idea di Infinito, come condizione della mia consapevolezza della mia imperfezione, della mia finitezza

«Come infatti potrei accorgermi che dubito, che desidero, cioè che qualcosa mi manca e non sono del tutto perfetto, se in me non fosse alcuna idea di un ente più perfetto, dal raffronto col quale io riconoscessi le mie imperfezioni?»

E di questa idea non posso essere io la causa. Si tratta infatti di una idea perfetta, e non di qualcosa che progressivamente si perfezioni: è vero infatti che la mia conoscenza progredisce, ma non riguardo a questa idea, che è tutta attuale, e dunque non può venire da un graduale sviluppo.

Ora, una causa deve essere proporzionata all'effetto, per cui si deve escludere che una causa imperfetta possa produrre un effetto perfetto. L'idea di Dio che è in me è perfetta, io invece sono imperfetto, tant'è vero che dubito. Dunque non posso essere io la causa dell'idea di Infinito che è in me, né lo potrebbe essere alcun essere finito e imperfetto, ma solo lo stesso Infinito. Che perciò deve esistere, come unica causa adeguata alla Sua idea in me.

Nota bene: anche da questa concezione emerge il dualismo gnoseologico di Cartesio: non conosciamo direttamente la realtà, ma l'idea della realtà che è dentro di noi, dentro il pensiero.

Dio come causa del mio esistere

Se mi fossi fatto io, mi sarei dato oltre all'essere (che è più difficile), anche le perfezioni (che rispetto all'essere sono cosa più facile): ma invece sono imperfetto.

Un altro filosofo, Caterus gli fece notare che questa è la seconda via di S.Tommaso; ma Cartesio rispose che la sua è diversa: non partendo da una serie di cause, che potrebbe essere infinita, ma dall'io come pura res cogitans.

Dio come causa del mio persistere

Non solo Dio deve essere affermato come causa del mio cominciare ad essere, ma anche come causa del mio continuare ad esistere. Senza il suo continuo sostegno infatti non potrei perdurare nell'esistenza.

Dio come evidenza a-priori

Infine Cartesio ritiene valida la via scelta da S.Anselmo, quella a-priori: l'esistenza di Dio si deduce dalla Sua essenza, così come l'avere gli angoli interni uguali a un angolo piatto si deduce dall'essenza del triangolo.

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