Marx

Il comunismo e Marx

una indubitabile paternità

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Il comunismo prima di Marx

Solo molto impropriamente si può parlare di comunismo in Platone (che teorizza una comunanza di beni solo per una classe di cittadini, quella dei guerrieri, e lo fa per un motivo funzionale, e non perché convinto di risolvere il problema della giustizia) o in altri pensatori cosiddetti utopici (come Thomas More o Campanella).

Più corretto è parlare di comunismo per pensatori come i socialisti utopisti, quali Saint-Simon, ma soprattutto Fourier e Proudhon.

Tuttavia è innegabilmente a Marx che il comunismo ha dovuto la sua fortuna. É Marx che ha fornito il quadro teorico che ha consentito una realizzazione storica dell'idea comunista, che altrimenti sarebbe rimasta pura teoria. Marxista fu il comunismo di Lenin, come quello di Mao Tse-Tung.

Il comunismo storico è stato fedele a Marx?

ufficiale polacco barbaramente impatato dai sovietici
Già con Lenin vennero commessi crimini efferati.

Nella misura in cui è possibile esserlo, si può dire: sì. È vero che sia Lenin sia Mao hanno introdotto alcune varianti al marxismo, ma nulla di sostanziale è stato alterato. Se Lenin ha teorizzato (si vedano le sue Tesi di aprile) l'immediato passaggio alla rivoluzione proletaria senza passare attraverso la rivoluzione borghese e la necessità in Russia di una alleanza tra operai e contadini, mentre Mao ha addirittura affidato alla classe contadina il ruolo di classe rivoluzionaria (cosa inconcepibile per Marx), ciò non toglie che l'uno e l'altro, e quindi il comunismo sovietico e quello cinese hanno complessivamente applicato le categorie essenziali del marxismo.

Ossia l'idea che la storia è lotta di classe, la cui conclusione inesorabile è la rivoluzione e l'instaurazione violenta di un nuovo ordine sociale, che coinvolge tutto l'ambito umano (sfera privata e “spirituale” incluse) abbattendo l'ingiusta oppressione di una classe sull'altra e spianando la strada alla perfetta realizzazione del pieno benessere umano e al totale sradicamento di ogni forma di male.

È Stalin che ha rovinato tutto?

Qualcuno, nell'intento di salvare la figura di Lenin, sostiene che solo con Stalin sarebbe iniziata una deviazione in senso sanguinario del regime. Tuttavia il passaggio da Lenin a Stalin, è avvenuto mentre ancora Lenin era vivo. È vero che egli espresse verbalmente qualche preoccupazione verso Stalin, ma a tali parole non seguirono atti concreti, che difficilmente Stalin avrebbe potuto neutralizzare, dato l'enorme prestigio di cui godeva Lenin.

Ma, più ancora, è da notare come Lenin stesso diede vita, convintamente e decisamente, a un regime di terrore e di spietata repressione. Si può leggere in proposito, di Richard Pipes, Comunismo, una storia, tr. it. Rizzoli, dove, come spiega nel passo che riportiamo Paolo Mieli (Corriere della Sera, 31.1.2003), si evidenzia come nello stesso Lenin vi fosse una propensione alla violenza:

«Fu Lenin un rivoluzionario spietato. Pipes ricorda come allorché una carestia colpì la regione del Volga nel 1891-92 (venticinque anni prima della Rivoluzione d'Ottobre), lui solo tra gli intellettuali e gli attivisti politici del luogo si oppose alla distribuzione di aiuti umanitari ai contadini che morivano di fame sostenendo che la carestia rappresentava un'opportunità, dal momento che distruggeva la vecchia economia contadina e spianava la strada al socialismo. (...) è un fatto che già il fondatore del partito socialdemocratico russo (1898), Peter Struve, scrisse che la caratteristica principale della personalità di Lenin era “l'odio”.

Quanto ai fatti, scrive Pipes che “il terrore ebbe inizio il giorno stesso in cui Lenin prese il potere”. E davvero la violenza totale e “spietata” (uno degli aggettivi preferiti da Lenin) furono il modo scelto per “spianare la strada al nuovo ordine”. (...)

Isaac Steinberg, aderente alla Sinistra socialista rivoluzionaria, descrisse con parole crude una riunione del Consiglio dei commissari del popolo nel febbraio 1918 in cui Lenin presentò la bozza del decreto che aveva per titolo La madrepatria socialista è in pericolo. Il documento conteneva un comma che prevedeva l'esecuzione “sul posto”, cioè senza processo, di un'ampia categoria di criminali sommariamente descritti come “agenti del nemico, speculatori, scassinatori, vandali, agitatori controrivoluzionari e spie tedesche”.

Steinberg obbiettò che il decreto rappresentava una “crudele minaccia con ampie potenzialità terroristiche”. “Lenin - scrisse Steinberg - se la prese per la mia opposizione in nome della giustizia rivoluzionaria; quindi io esasperato esclamai: “Allora perché ci preoccupiamo di avere un Commissariato di giustizia? Chiamiamolo più onestamente Commissariato per lo sterminio sociale e facciamola finita!”. Il volto di Lenin s'illuminò e disse: “Bravo, è esattamente ciò che dovrebbe essere, ma non possiamo dirlo in questo modo”. Dopodiché alle parole seguirono i fatti. Le proporzioni dell'eccidio di massa, ripeto, furono minori di quelle staliniane. Ma la natura, creda a Pipes, fu la stessa.»

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