Gli inizi

della filosofia analitica

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La filosofia analitica si radica nella tradizione inglese, attenta alla concretezza e incline all'empirismo, lontana dalla tendenza alla generalizzazione tipica delle proposte filosofiche “continentali”. In un certo senso il suo fondatore può essere indicato in Moore, che ha fatto del senso comune la stella polare della sua riflessione.

G.E.Moore (1873/1958)

George Edward Moore Affrontò il problema gnoseologico difendendo il senso comune contro le stranezze della filosofia, e concepì la filosofia come analisi, cioè procedimento di riduzione da enunciati complessi a enunciati semplici (atomici). La filosofia è analisi del linguaggio ordinario, discernendo in esso ciò che è veramente proprio del senso comune da ciò che dovuto all'influenza alterante di particolari filosofie, causa di equivoci e fraintendimenti.

Distinse atto conoscitivo da dato sensoriale e quest'ultimo dall'oggetto: esiste una realtà indipendente dal pensiero, ed è come ce la rappresenta il senso comune, fatta dal mio corpo, da quello degli altri esseri umani e dalla cose materiali; tutta questa realtà va distinta dal dato sensoriale (Sense-Data), a sua volta distinto dall'atto conoscitivo, cioè dalla percezione.

Moore ritenava che l'esistenza di una realtà altra dal pensiero fosse attestata da una evidenza intuitiva, tipica del senso comune.

La sua concezione oscilla tra realismo (conoscenza, nel dato, dell'oggetto stesso), rappresentativismo (conoscenza immediata del dato, da cui si inferisce l'oggetto) e fenomenismo (conoscenza limitata al dato).

Frege, Russell, Wittgenstein

Frege ha influito sulla filosofia analitica per diversi aspetti: indirettamente in quanto ha influenzato Russell e Wittgenstein, che hanno dato un contributo determinante al configurarsi definitivo dell'impostazione analitica, ma anche direttamente proponendo uno stile di filosofare come analisi del linguaggio, teso ad evidenziarne la struttura profonda, al di là delle ambiguità della sua superficie “naturale”.

Russell ha sviluppato il progetto fregeano, radicalizzandolo e dandogli un orientamento più decisamente empirista (la base di ogni conoscenza è quella diretta, by acquaintance) ed elaborando una analisi del linguaggio che lo riconduca ai suoi elementi atomici, eliminando ogni confusione e ambiguità.

Wittgenstein, in particolare nella seconda fase del suo pensiero, ha influito sulla filosofia analitica chiarendo che l'analisi del linguaggio non può pretendere di ricondurlo interamente alla rigorosità del linguaggio proposizionale scientifico: esiste un linguaggio ordinario, quotidiano, fatto anche di esortazioni, esclamazioni, allusioni, e perciò non esaurientemente formalizzabile (a differenza di quanto pretendevano esponenti del neoempirismo logico).

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