ritratto di Aristotele

Aristotele: l'etica

un moderato, insoddisfacente, equilibrio

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il fine ultimo

L'uomo organizza tutto il suo agire in vista di un fine, e i fini particolari sono subordinati a un fine ultimo; in termini generali il fine ultimo, per l'uomo, come per ogni vivente, è l'attuazione della propria natura, l'autorealizzazione, il raggiungimento insomma della propria perfezione (ἐντελέχεια); tale attuazione, che è il nostro bene, porta con sé la felicità (εὐδαιμονία): tutti gli uomini necessariamente tendono alla felicità, quindi necessariamente tendono ad attuare la propria perfezione.

Tuttavia se tutti gli uomini desiderano e non possono non desiderare la felicità, diverso è il modo con cui se la immaginano, per cui di fatto i diversi uomini hanno diversi fini ultimi (il denaro, il piacere, il successo, etc.), ma ciò non toglie che il vero fine ultimo, quello commisurato alla natura umana sia uno solo.

Esso non può essere il piacere (comune agli animali), né la ricchezza (che è puro strumento-per), né il successo e la gloria, che sono esteriori all'uomo; esso è la realizzazione ciò che di più proprio abbiamo come uomini, e al contempo la più perfetta partecipazione possibile alla vita del Motore Immobile: la contemplazione della verità intelligibile.

Di fatto solo pochi uomini possono raggiungere tale fine ultimo; tutti invece possono coltivare le virtù.

le virtù

Le virtù sono dianoetiche o etiche, a seconda che perfezionino l'intelletto o la prassi.

Virtù dianoetiche sono l'arte (τέχνη, habitus che perfeziona la capacità di produzione di oggetti), la saggezza (φρόνησις, habitus che perfeziona la capacità di compiere azioni buone), l'intelletto (νοῦς, che perfeziona la capacità di cogliere i principi), la scienza (ἐπιστήμη, che perfeziona la capacità di dimostrare le conseguenze dei principi, giungendo fino al dettaglio analitico) e la sapienza (σοφία, che unisce intelletto e scienza ed à perciò l'esercizio supremo dell'intelligenza). Quest'ultima così coincide in qualche modo con la stessa filosofia prima.

Ognuna delle virtù etiche è giusto mezzo tra due estremi:

  • il coraggio lo è tra viltà e temerarietà,
  • la generosità lo è tra avarizia e prodigalità
  • la temperanza lo è tra intemperanza e insensibilità,
  • la magnanimità lo è tra la vanità e l'umiltà,
  • la mansuetudine lo è tra l'irascibilità e l'indolenza.

Un rilievo particolare, in Aristotele come già nel maestro Platone, lo ha la virtù della giustizia, che egli distingue in

  • distributiva (relativa al rapporto tra la polis e il singolo, ad esempio relativa alla proporzionata distribuzione di onori e ricchezze)
  • commutativa (relativa ai rapporti tra i singoli, così che le cose/le prestazioni scambiate siano di eguale valore).

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