un ritratto di Fichte

J.G. Fichte

l'inizio ingenuamente entusiastico dell'idealismo

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🪪 Cenni sulla vita

citta tedesca
città tedesca
  • Johann Gottlieb Fichte nacque a Rammenau, il 19 maggio 1762. Di umili origini, ad esse rimase sempre attaccato, come dimostrano le sue simpatie giacobine, motivate appunto da un'ottica filopopolare, e la sua esaltazione del popolo (Volk), anche nella sua tarda produzione, carica di entusiasmo per il popolo tedesco.
  • Dopo aver fatto per qualche tempo il guardiano di oche, poté studiare solo grazie all'interessamento del barone von Militz, che gli permise di frequentare (dal 1774) il Ginnasio di Pforta, e dal 1780 l'università, di Jena prima, di Lipsia poi.
  • Da notare che, cessati tali aiuti economici, dovette interrompere gli studi universitari, e fare il precettore. Attività che Fichte esercitò (dal 1788 al '90) presso la famiglia Ott, di Zurigo, che aveva due figli di 10 e 7 anni; Fichte li gidicò viziati, mettendosi in contrasto la loro famiglia.
  • Ma a Zurigo conobbe Giovanna Rahn, con cui si fidanzò; non poté però sposarla per la sua povertà.
  • Le cose migliorano per Fichte col suo incontro con Kant, la cui lettura lo aveva entusiasmato (in lui Fichte vedeva una limpida affermazione della libertà, e potè dire del periodo in cui ne lesse avidamente le opere che «furono i giorni più belli della mia vita, benché stentassi a campare». Egli si recò a Königsberg, dove Kant lo accolse senza troppo calore (come nel suo stile). Le lezioni di Kant poi delusero Fichte, che le trovò soporifere.
    Tuttavia Kant aiutò Fichte facendogli pubblicare uno scritto, il Saggio di una critica di ogni rivelazione (1792), il che procurò a Fichte una notevole fama. Il fatto che tale libro infatti fosse stato pubblicato anonimo, lo fece credere del già famoso e attentamente seguito Kant. Quando invece si seppe che era di Fichte, fu questi a beneficiare del riverbero della fama dell'amico.
  • Tale opera però fu anche al centro di polemiche per la sua irreligiosità e il sospetto di ateismo. La Prussia lo censurò e Fichte scrisse in risposta una vibrante Rivendicazione della libertà di pensiero (1793).
  • Tornato a Zurigo nel '93, vi sposò Giovanna Rahn, e scrisse Contributi per rettificare i giudizi del pubblico sulla Rivoluzione francese, in cui difendeva il diritto di un popolo a cambiare regime, quando ciò sia giusto.
  • la lettura dell'Enesidemo di Schulze gli fece sentire il bisogno di fondare la sua convinzione della libertà in modo critico.
  • dal 1794 al '99 insegnò a Jena, dove incontrò Novalis e i fratelli Schlegel; nel corso privato insegnò e sviluppò il suo concetto di Dottrina della Scienza; nel corso pubblico tenne lezioni su La missione del dotto (che uscì poi come libro nel 1794).
    Il suo temperamento forte e poco diplomatico lo mise in contrasto con i colleghi e con gli stessi studenti (associati allora in corporazioni);
    ciò spiega la scarsa solidarietà che egli trovò quando scoppiò il caso del suo sospettato ateismo (effettivamente la sua posizione era di tipo panteistico, anche se nell'articolo che creò il "caso" egli difendeva, contro un certo Forberg, che sosteneva la possibilità di una morale anche senza Dio, la reale esistenza di Dio, identificato con l'ordine morale del mondo); in seguito a tale polemica dovette lasciare la cattedra di Jena; si recò allora a Berlino, in cui insegnò privatamente.
  • La sconfitta prussiana da parte di Napoleone lo infiammò di patriottismo: di qui il suo progetto di una Università come fulcro di una Germania rinnovata nei Discorsi alla nazione tedesca (1808)
  • nel 1810 fu chiamato a insegnare nella neonata Università di Berlino; quivi morì di colera, contratto dalla moglie, infermiera volontaria negli ospedali militari, il 27 gennaio 1814.

📔 Opere principali di J.G. Fichte

titolo originale titolo ital. (o edizione) anno
Versuch einer Kritik aller Offenbarung Saggio di una critica di ogni rivelazione1792
Zurückforderung der Denkfreiheit Rivendicazione della libertà di pensiero1793
Über der begriff der Wissenshafstlehre Sul concetto di Dottrina della Scienza1794
Grundlage der gesamte Wissenshaftslehre Fondamento dell'intera Dottrina della Scienza1794
Über die Bestimmung des Gelehrten La Missione del Dotto1794
Grundgriß des Eigentümlichen der Wissenshaftslehre Profilo della particolarità della Dottrina della Scienza1795
System der Sittenlehre Sistema della dottrina dei costumi1798
Die Bestimmung des Menschen La Missione dell'uomo1800
Der geschlossen Handelsstaat Lo stato commerciale chiuso1800
Anweisung zum seligen Leben Introduzione alla vita beata1806
Grundzüge des gegenwartigen Zeitalters Lineamenti dell'epoca presente1806
Reden an die deutsche Nation Discorsi alla nazione tedesca1807-8

1) i tre principi

Il problema fondamentale è trovare il fondamento (il “Grundsatz”) di tutto il sapere, fondamento che deve essere sia certo, sia sistematico: ma il problema più importante è la certezza. Esso non può essere, come pensava Aristotele e la metafisica classica il principio di identità, che è a suo parere un principio formale (puramente logico: «A=A»). Infatti tale principio di identità non dice se A sia.

Occorre invece un contenuto certo, che sia implicato in ogni giudizio. Questo contenuto è l'Io giudicante stesso, che per Fichte costituisce una evidenza immediata.

Il primo principio è perciò Io sono, ossia l'Io pone l'Io.

E' il momento corrispondente alla tesi (hegeliana), è l'identità semplice. Per Fichte l'Io è la realtà originaria, immediatamente intuita.

A differenza dell'io agostiniano e cartesiano, quello di Fichte è un io trascendentale, non personale, ma collettivo; inoltre esso è attivo, la sua essenza stessa è attività, mentre la res cogitans cartesiana era sostanza.


Il secondo principio è l'Io si oppone al non-Io, ossia l'Io oppone a sè un non-Io. è il momento corrispondente alla antitesi hegeliana.

  1. Perché esiste il Non-Io?. Deve essere posto dall'Io per i seguenti motivi:
    a) perché senza un “ob-jectum”, senza un oggetto altro dal soggetto, non ci sarebbe nemmeno autocoscienza, e
    b) perché l'Io si attua come azione, come attività di superamento di difficoltà, come non potrebbe esservi se esistesse solo l'Io
  2. Come viene prodotto dall'Io, visto che non se ne ha coscienza? Qui Fichte introduce il concetto di immaginazione produttiva, con cui l'Io infinito si autolimita, ponendo al suo interno della passività.
    Fichte definì “quantitativo” questo suo idealismo, per il quale il Non-Io non è eterogeneo all'Io, a differenza di quanto pensano il realismo e l'idealismo qualitativo (quello religioso, teista).

    L'immaginazione produttiva è una attività inconscia, inconsapevole, il che spiega secondo Fichte perché il senso comune consideri la realtà materiale, il mondo naturale, come qualcosa di esistente indipendentemente dal soggetto.


Il terzo principio infine costituisce la sintesi dei primi due, garantendo che tra l'Io e il Non-Io non sussista una reciproca esclusione: l'Io oppone, nell'Io indivisibile, all'Io divisibile un non-Io divisibile.

Dunque tanto l'Io divisibile, cioè finito, limitato, ovvero empirico, cioè il soggetto individuale, che ognuno di noi è, quanto il non-Io divisibile, cioè la natura, l'oggettività materiale, vengono ricompresi e sintetizzati nell'Io indivisibile, cioè Infinito, ovvero trascendentale, cioè una sorta di Soggettività collettiva, di fatto l'Umanità nel suo insieme, come una realtà eterna e divina.

2)l'etica

Il suo fondamento è la libertà: l'io è essenzialmente pratico, è attività, volontà “assoluto tendere” consapevole e autodeterminantesi.

L'azione morale non avviene verso un mondo eterogeneo (come era il fenomeno kantiano); perciò l'impulso ha valore, più che in Kant, in cui invece esso si opponeva alla legge morale.

D'altra parte il Non-Io resiste, è in qualche modo un ostacolo che deve essere superato.

3)il diritto

fondamento

Non è la morale (come per Kant), che per Fichte è vuota, ma la società.

contenuti

L'io finito, coscienza della propria libertà (1° teorema), riconosce l'esistenza di altri io liberi (2° teorema), il che lo porta a limitare la propria libertà in modo che anch'egli sia libero (3° teorema).

lo statalismo

Inizialmente fu favorevole alla Rivoluzione Francese, e parallelamente assertore del valore all'individuo (si veda quanto dice ne La Missione del dotto del 1794).

In seguito concepì la nazione come totalità organica. In tal senso esaltò la nazione tedesca (cfr. i Discorsi alla nazione tedesca 1807/8); il popolo tedesco è l'urvolk:
la sua lingua è davvero popolare (a differenza di quella francese e italiana, ad esempio), il suo sangue non è misto (come quello italiano, francese, inglese), e i suoi dotti sono i principali dell'epoca moderna: Lutero (“il tedesco per eccellenza”), Leibniz, Kant.

Perciò la Germania deve essere “sale della terra”, popolo guida (al servizio dell'umanità).

📖 Testi on-line

testi on-line di Fichte

📚 Bibliografia essenziale

  • Kuno Fischer, J.G.Fichtes Leben, Werke und Lehre, Heidelberg 1892(compra su amazon).
  • Richard Kroner, Von Kant bis Hegel, Tübingen 1921, tr.it. Da Kant a Hegel, Morcelliana, Brescia 1977 (compra su amazon).
  • X. Léon, Fichte et son temps, Paris 1922/7(3voll)(compra su amazon).
  • Luigi Pareyson, Fichte, Milano 1976(compra su amazon).
  • Emmanuele Severino, Per un rinnovamento nella interpretazione della filosofia fichtiana, Brescia 1961(compra su amazon).
  • Sofia Vanni Rovighi, Storia della filosofia moderna, Brescia 1976(compra su amazon).

sottovalutano l'ultimo Fichte e ne negando l'originalità

  • K. Fischer, op.cit., vede F. come momento di passaggio verso Hegel, secondo lo schema dello stesso Hegel.
  • R. Kroner, op.cit., vede in F. un anticipo della dialettica hegeliana; -> assodato che l'ultimo Fichte è incline al teismo, vede una frattura tra il primo e l'ultimo F., per salvare l'immanentismo infinitistico del primo Fichte, che è il vero Fichte.

affermano l'originalità di Fichte

per cui l'alterità con l'Assoluto ci sarebbe sempre stata, e quindi sarebbe l'ultimo Fichte ad assorbire il primo, con continuità:

  • Léon X., op.cit., che sostiene l'autonomia del pensiero fichtiano, che si staglia contro dalla pretesa schellinghiana di accedere all'Assoluto. Quadro storico ambientale in cui operò Fichte.
  • Pareyson L., op.cit., che vede Fichte come umanista, punto di vista del finito e della libertà, assai diverso da Hegel
  • Severino E., op.cit., analogamente a Pareyson nel sottolineare il punto di vista del finito; Fichte non sarebbe mai stato idealista, nè avrebbe mai negato la cosa in sé, affermando l'io come produttore di tutto [Questioni di storia della filosofia, 186].