un ritratto di Cartesio

L'errore

responsabilità dell'uomo

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Una volta raggiunta la certezza su Dio, posso tentare di ampliare la mia conoscenza verso altre realtà: Lui stesso, in quanto verace e infallibile se ne farà garante. Infatti se è Dio ad avermi creato, ed Egli è perfezione assoluta e dunque veracità perfetta, egli non può farmi credere vere cose che siano invece false.

Mi si pone però un problema: se Dio esiste ed è verace, come mai mi inganno e cado in errore?

  • L'errore, analizza Cartesio, non è solo imperfezione, ma deformazione (ossia mancanza di qualcosa che dovrebbe esserci): non basta allora dire che erro perché sono finito, limitato. Occorre esaminare da che cosa dipende l'errore:
  • l'intelletto non erra, pur essendo limitato: presenta solo idee (“per mezzo del solo intelletto percepisco solo idee”. Med)

    In proposito Maritain dice che Cartesio attribuisce all'intelletto la sola funzione di cogliere idee, e fa intervenire la volontà per ogni giudizio; laddove per Tommaso d'Aquino esistono alcuni giudizi la cui evidenza, non rende necessario intervento della volontà.

  • l'errore nasce dalla volontà: in quanto infinita (e massimo sigillo della somiglianza dell'uomo con Dio) essa si estende oltre l'ambito limitato dell'intelletto e può pretendere di dire chiaro ciò che non lo è ("estendendosi più ampiamente dell'intelletto, io non la contengo entro i medesimi limiti, ma la estendo anche a quelle cose che non intendo; alle quali essendo indifferente, essa facilmente si allontana dal vero e dal bene, e così io mi inganno e pecco")

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