il comunismo

l'affannata, sanguinaria, inutile corsa al Paradiso in terra

«Il comunismo è la strada più lunga per passare dal capitalismo ... al capitalismo» (Lech Wałęsa)

Il comunismo e Marx

Il comunismo prima di Marx

Solo molto impropriamente si può parlare di comunismo in Platone (che teorizza una comunanza di beni solo per una classe di cittadini, quella dei guerrieri, e lo fa per un motivo funzionale, e non perché convinto di risolvere il problema della giustizia) o in altri pensatori cosiddetti utopici (come Thomas More o Campanella).

Più corretto è parlare di comunismo per pensatori come i socialisti utopisti, quali Saint-Simon, ma soprattutto Fourier e Proudhon.

Tuttavia è innegabilmente a Marx che il comunismo ha dovuto la sua fortuna. é Marx che ha fornito il quadro teorico che ha consentito una realizzazione storica dell'idea comunista, che altrimenti sarebbe rimasta pura teoria. Marxista fu il comunismo di Lenin, come quello di Mao Tze Tung.

Il comunismo storico è stato fedele a Marx?

ufficiale polacco barbaramente impatato dai sovietici
Già con Lenin vennero commessi crimini efferati.

Nella misura in cui è possibile esserlo, si può dire: sì. È vero che sia Lenin sia Mao hanno introdotto alcune varianti al marxismo, ma nulla di sostanziale è stato alterato. Se Lenin ha teorizzato (si vedano le sue Tesi di aprile) l'immediato passaggio alla rivoluzione proletaria senza passare attraverso la rivoluzione borghese e la necessità in Russia di una alleanza tra operai e contadini, mentre Mao ha addirittura affidato alla classe contadina il ruolo di classe rivoluzionaria (cosa inconcepibile per Marx), ciò non toglie che l'uno e l'altro, e quindi il comunismo sovietico e quello cinese hanno complessivamente applicato le categorie essenziali del marxismo.

Ossia l'idea che la storia è lotta di classe, la cui conclusione inesorabile è la rivoluzione e l'instaurazione violenta di un nuovo ordine sociale, che coinvolge tutto l'ambito umano (sfera privata e “spirituale” incluse) abbattendo l'ingiusta oppressione di una classe sull'altra e spianando la strada alla perfetta realizzazione del pieno benessere umano e al totale sradicamento di ogni forma di male.

È Stalin che ha rovinato tutto?

Qualcuno, nell'intento di salvare la figura di Lenin, sostiene che solo con Stalin sarebbe iniziata una deviazione in senso sanguinario del regime. Tuttavia il passaggio da Lenin a Stalin, è avvenuto mentre ancora Lenin era vivo. È vero che egli espresse verbalmente qualche preoccupazione verso Stalin, ma a tali parole non seguirono atti concreti, che difficilmente Stalin avrebbe potuto neutralizzare, dato l'enorme prestigio di cui godeva Lenin.

Ma, più ancora, è da notare come Lenin stesso diede vita, convintamente e decisamente, a un regime di terrore e di spietata repressione. Si può leggere in proposito, di Richard Pipes, Comunismo, una storia, tr. it. Rizzoli, dove, come spiega nel passo che riportiamo Paolo Mieli (Corriere della Sera, 31.1.2003), si evidenzia come nello stesso Lenin vi fosse una propensione alla violenza:

«Fu Lenin un rivoluzionario spietato. Pipes ricorda come allorché una carestia colpì la regione del Volga nel 1891-92 (venticinque anni prima della Rivoluzione d'Ottobre), lui solo tra gli intellettuali e gli attivisti politici del luogo si oppose alla distribuzione di aiuti umanitari ai contadini che morivano di fame sostenendo che la carestia rappresentava un'opportunità, dal momento che distruggeva la vecchia economia contadina e spianava la strada al socialismo. (...) è un fatto che già il fondatore del partito socialdemocratico russo (1898), Peter Struve, scrisse che la caratteristica principale della personalità di Lenin era “l'odio”.

Quanto ai fatti, scrive Pipes che “il terrore ebbe inizio il giorno stesso in cui Lenin prese il potere”. E davvero la violenza totale e “spietata” (uno degli aggettivi preferiti da Lenin) furono il modo scelto per “spianare la strada al nuovo ordine”. (...)

Isaac Steinberg, aderente alla Sinistra socialista rivoluzionaria, descrisse con parole crude una riunione del Consiglio dei commissari del popolo nel febbraio 1918 in cui Lenin presentò la bozza del decreto che aveva per titolo La madrepatria socialista è in pericolo. Il documento conteneva un comma che prevedeva l'esecuzione “sul posto”, cioè senza processo, di un'ampia categoria di criminali sommariamente descritti come “agenti del nemico, speculatori, scassinatori, vandali, agitatori controrivoluzionari e spie tedesche”. Steinberg obbiettò che il decreto rappresentava una “crudele minaccia con ampie potenzialità terroristiche”. “Lenin - scrisse Steinberg - se la prese per la mia opposizione in nome della giustizia rivoluzionaria; quindi io esasperato esclamai: “Allora perché ci preoccupiamo di avere un commissariato di giustizia? Chiamiamolo più onestamente Commissariato per lo sterminio sociale e facciamola finita!”. Il volto di Lenin s'illuminò e disse: “Bravo, è esattamente ciò che dovrebbe essere, ma non possiamo dirlo in questo modo”. Dopodiché alle parole seguirono i fatti. Le proporzioni dell'eccidio di massa, ripeto, furono minori di quelle staliniane. Ma la natura, creda a Pipes, fu la stessa.»

definizione e caratteristiche

che cosa non è

enormi quantita di teschi uccisi dai comunisti in Cambogia
due milioni di cambogiani su otto vennero uccisi in meno di 10 anni.

Il comunismo, conformemente alle idee di Marx, ribadite e accettate da Lenin, Stalin, Mao e da tutti gli altri suoi leader storici, non ha voluto essere una semplice ricetta per la soluzione di problemi economici. Non ha voluto riguardare insomma solo un livello, un settore (circoscritto), ma ha avuto la pretesa di riguardare tutto l'uomo e ogni suo ambito (pubblico e privato, economico e culturale, sociale e politico, giuridico e artistico).

Per questo il comunismo non è stato solo un mezzo per “aiutare i deboli”, gli oppressi, gli sfruttati, lasciando neutrale e sostanzialmente inalterato il campo delle visioni-del-mondo, in modo che ognuno scegliesse liberamente a quale visione del mondo ispirarsi. Il comunismo, coerentemente alle idee del suo ispiratore, Karl Marx, non è stato neutro riguardo alla visione del mondo, ma ha avuto una sua ben precisa visione del mondo, che ha cercato di imporre come alternativa e incompatibile a qualsiasi altra.

In altri termini il comunismo è stato un tipo di sistema onnicomprensivo e onnipervadente: una forma cioè di totalitarismo.

cristianesimo e comunismo

Qui si pone pertanto un problema di compatibilità del marxismo con la fede cristiana. In particolare negli anni '70 del '900 alcuni credenti, i Cristiani Per il Socialismo, soprattutto in Europa e in America Latina, ritennero che tale compatibilità ci fosse e che il marxismo fornisse gli strumenti per analizzare teoricamente e risolvere praticamente le ingiustizie sociali, senza usare nei confronti del marxismo un adeguato vaglio critico; tale convinzione si basava sul presupposto, almeno implicito, che il marxismo concernesse solo un livello della realtà, senza entrare in rotta di collisione con il livello “spirituale”, incommensurabile a quello. Ma così non era e non è, perché come la fede riguarda ogni aspetto della realtà (=è totalizzante), così il marxismo pretende lui pure di riguardare non solo l'ambito economico-sociale ma l'intera realtà (=lui pure pretende di essere totalizzante). Ora due totalità non possono diventare due parti: o è vera l'una o è vera l'altra. O è vero che esiste Dio, oppure è vero che esiste solo la materia; o è vero che nella storia agisce un fattore non materiale, oppure è vero il contrario.

Questo non significa che tutto ciò che ha detto Marx fosse e sia da scartare, in una prospettiva cristiana. Significa però che l'orizzonte interpretativo dentro cui collocare tutto è dato dalla fede e da una filosofia realistica, e non da una materialistica. Il fattore materiale infatti ha sì la sua importanza, ma non si tratta di una importanza esclusiva, come invece pensa il marxismo.

il comunismo come totalitarismo

Il comunismo come totalitarismo pretendeva di regolare ogni aspetto della vita. Perciò si interessava sì, anzitutto, di economia, attribuendo allo Stato, guidato dal Partito, il ruolo di unico protagonista e controllore di tale ambito: tutti i mezzi di produzione erano statalizzati (collettivismo statalista) e l'economia veniva “pianificata” (si pensi ai piani quinquennali inaugurati da Stalin), cioè non più regolata dal dinamismo della domanda e della offerta, ma governata centralisticamente da uno Stato che stabiliva quanto ogni settore (agricolo e industriale) dovesse produrre.

Ma lo Stato non si limitava all'ambito economico: si interessava anche di ogni problema umano: dalla vita sociale (gestendo il problema della abitazione, del vestiario, della alimentazione, delle comunicazioni, del tempo libero e delle vacanze) alla informazione (sottoposta a una ferrea censura, come e più che in altri sistemi totalitari), dalla cultura (solo gli intellettuali e artisti allineati al regime avevano diritto di pubblica espressione, perseguitati invece i dissidenti, come Andrej Sacharov o Alexandr Solzjenitsin) alla educazione (insegnanti potevano essere solo membri fedelissimi del Partito e loro compito precipuo era quello di promuovere più che la capacità degli alunni, il loro inquadramento ideologico nei ranghi dell'ortodossia comunista).

Dzesinski, fondatore della CEKA
spietato massacratore

Infatti ciò a cui il comunismo mirava era la creazione di un uomo nuovo, di una società nuova, da cui il male, la cui radice era identificata nello sfruttamento economico di una classe sull'altra, sarebbe stato alla fine totalmente sradicato. Quello che si agitava all'orizzonte era una promessa di infinito, di infinito, di paradiso sulla terra, nella storia. Il purgatorio della durezza statale instaurata dopo la rivoluzione non era altro che tappa e passaggio obbligato (dalle prevedibili resistenze dei reazionari capitalisti e feudali) verso il Paradiso della piena realizzazione dell'umano.

Un esempio: la persecuzione dei cristiani. Tranne il caso di coloro che “vendevano l'anima” al regime, svolgendo un compito puramente rituale ed esteriore-liturgico (ovviamente senza alcuna forma di proselitismo, ma accompagnando con mesta lentezza al cimitero una fede ritenuta in via di estinzione, pura consolazione per vecchiette nostalgiche), non si contano i casi di vescovi, preti e semplici credenti vessati, incarcerati, torturati e in molti casi uccisi per la loro fede. Su questo si può utilmente vedere il testo della Osipova, Se il mondo vi odia e in genere i testi editi da Russia Cristiana.

Ancora: nelle scuole sovietiche si insegnava non religione, ma ... ateismo. L'ateismo era presentato come dottrina di Stato, come la verità “scientifica” che il regime “consacrava” con la sua autorità.

linee storiche

Il comunismo ha il suo vero e proprio atto di nascita in Russia, nel 1917, con la rivoluzione detta d'Ottobre, guidata da Lenin. Non possono infatti considerarsi esperienze di comunismo le brevi vicende della Comune parigina del 1871, né altri simili esperimenti, contrassegnati da utopica ricerca di eguaglianza totale, disseminati nel corso della storia precedente (come certi fenomeni ereticali tardomedioevali o come la vicenda di Thomas Müntzer).

la situazione precedente alla rivoluzione

La Russia prerivoluzionaria era decisamente arretrata sia da un punto di vista economico-sociale, sia da un punto di vista politico-istituzionale.

Dal punto di vista culturale erano presenti due grandi atteggiamenti:

gli schieramenti politici

la rivoluzione d'ottobre e il comunismo in Russia

L'anno cruciale fu il 1917: in quell'anno avvennero due rivoluzioni:

Condizione imprescindibile per tali eventi fu sicuramente il forte malcontento causato dalla guerra, la Prima Guerra Mondiale, in cui la Russia era entrata a fianco di Francia e Inghilterra contro Germania e Austria-Ungheria. La guerra infatti aveva causato un numero elevatissimo di morti, soprattutto tra i contadini poveri, e causava anche una complessiva situazione di malessere economico e di instabilità politica.

La rivoluzione di Febbraio (secondo il calendario russo, ma era marzo secondo il calendario occidentale) costrinse lo zar alla abdicazione; ne nacque un governo provvisorio, formato da una coalizione di forze di opposizione allo zarismo. Due ne furono i presidenti: dapprima il principe Georgij L'vov, della destra moderata, e poi (da agosto) il socialrivoluzionario moderato Aleksandr Fedorovic Kerenskij.

Tra febbraio e ottobre in realtà vi fu in Russia un dualismo di poteri:

Nei soviet vigeva un tipo di democrazia assembleare, senza votazioni a scrutinio segreto e senza le tipiche regole di una democrazia rappresentativa, le decisioni venivano prese per acclamazione. In essi avevano una posizione dominante i bolscevichi, abili nell'infiammare gli animi con parole d'ordine semplificatrici e dirette.

il ritorno di Lenin e le tesi di Aprile

Il bolscevico Vladimir Ilic Ulianov, detto Lenin, si era già segnalato in Russia come elemento pericoloso per il regime e perciò aveva dovuto emigrare, riparando in Svizzera. Qui aveva proseguito la sua insonne e febbrile attività di rivoluzionario, che subordinava rigidamente la sua stessa ad esempio Lenin pare non ascoltasse dei tipi di musica, che potessero generare in lui sentimenti di compassione, tali da far desiderare di «accarezzare la testa dei bambini», perché un rivoluzionario deve essere pronto «a mozzargliela» (se sono nemici di classe, borghesi sfruttatori)vita privata all'ideale politico.

Durante la prima guerra mondiale Lenin teorizzò la possibile valenza rivoluzionaria della stessa guerra. Nell'aprile del 1917 colse l'opportunità di tornare in Russia, facendo conto sulla benevola accondiscendenza della Germania (che era d'obbligo attraversare, in assenza di trasporti aerei); questa infatti sperava che Lenin gettasse la Russia nel caos, per le sue idee sovversive e pacifiste, come in effetti accadde.

Appena giunto in Russia, accolto trionfalmente dai suoi compagni bolscevichi, Lenin si convinse che la situazione era matura per una rivoluzione proletaria, e lo teorizzò appunto nelle Tesi di Aprile.

In esse Lenin sosteneva, correggendo Marx,

Da subito Lenin lanciò anche un'altra parola d'ordine: tutto il potere ai soviet, cioè la fine del governo provvisorio, troppo legato al passato e a una visione democratico-borghese e un governo rivoluzionario, non legittimato da meccanismi formali, ma dal fatto di essere sostanzialmente espressione del proletariato.

La Rivoluzione d'Ottobre

Kerenskij si rivelò un uomo di stato debole e incapace, da una parte, ma d'altra parte la situazione in Russia era così pesante per la guerra, che un profondo cambiamento era difficilmente evitabile; fu poi abilità di Lenin e di Trotzkij cogliere il momento opportuno per prendere il potere.

scena della rivoluzione russa
scena della rivoluzione russa

Il 7 novembre (secondo il nostro calendario, ma 25 ottobre per quello russo) del 1917 vi fu, da parte dei soldati rivoluzionari e delle guardie rosse, l'assalto al Palazzo d'Inverno di S.Pietroburgo, ex sede dello zar e allora sede del governo provvisorio. Il Palazzo cadde in mano ai bolscevichi senza opporre una seria resistenza. Si trattò di un colpo di stato operato dai bolscevichi: ma come reagirono le altre forze politiche? Non si opposero con forza alla violenza bolscevica, contando sulle imminenti elezioni per la assemblea costituente, che si sarebbero dovute tenere a novembre.

Le elezioni in effetti si tennero, e furono una delusione per i bolscevichi, che ottennero circa un quarto dei voti, mentre trionfarono i socialrivoluzionari, forti dell'appoggio delle campagne.

Ma Lenin, che già aveva teorizzato, in Stato e rivoluzione, il superamento della democrazia rappresentativa, rivendicando il diritto dei comunisti di prendere il potere anche senza legittimazione elettorale, non accettò il responso delle urne e sciolse l'Assemblea Costituente nel gennaio del 1918. A quel punto, a coloro che si opponevano al potere bolscevico non restava che la resistenza armata, la guerra civile.

La guerra civile

Lenin cercò di assicurarsi un sostegno diffuso mantenendo la promessa fatta di pace e terra. La terra venne assicurata ai contadini mediante l'esproprio della terra ai possidenti, immediatamente e senza indennizzo. Per quanto riguarda la pace Lenin firmò con la Germania, il 3 marzo del 1918 il trattato di Brest-Litovsk, con cui la Russia usciva dalla guerra, cedendo vastissimi territori.

La guerra civile durò dai primi mesi del '18 alla primavera del'20. Vide la contrapposizione delle Armate Bianche, antibolsceviche, comandate per lo più da generali zaristi, con un appoggio modesto e poco convinto dei paesi occidentali, alla Armata Rossa, abilmente comandata da Lev Davidovic Bronstein, detto Trotzkij, che rivelò notevoli doti strategiche e politiche. Opportunamente egli affiancò ai comandanti militari, spesso provenienti dall'esercito zarista, dei commissari politici, incaricati di valutare le scelte appunto dal punto di vista politico.

La vittoria dell'Armata Rossa si deve soprattutto al fatto che la grande maggioranza del mondo contadino, pur non essendo entusiasta dei bolscevichi, temeva il ritorno allo sfruttamento da parte degli antichi possidenti terrieri.

la Terza Internazionale

Con la nascita, per la prima volta in modo stabile e definitivo nella storia, di un regime comunista, si venne a porre una chiara demarcazione all'interno dei marxisti:

Lenin cercò di organizzare sistematicamente il movimento comunista internazionale, fondando appunto quella che è passata alla storia come la Terza Internazionale (o Internazionale comunista, o Comintern), nel 1919.

Il disegno di Lenin era quello di impadronirsi dei partiti socialisti già esistenti, espellendone la componente riformista e cambiandone il nome in partito comunista, legato a Mosca.

In realtà le cose non andarono così: furono i comunisti che dovettero andarsene dai partiti esistenti, prendendo comunque appunto il nome di partito comunista (in Italia ciò avvenne nel 1921).

Compito dei partiti comunisti, legati nella Terza Internazionale a Mosca, era difendere l'esperienza sovietica dalle accuse che le venivano rivolte in Occidente, e di cercare di creare le condizioni per fare la rivoluzione anche nei loro paesi.

Si vedano i 21 punti della Terza Internazionale.

il comunismo di guerra e la NEP

Dopo una iniziale fase di anarchia economica, già dall'estate del 1918 e fino al marzo del 1921, il governo comunista russo diede vita a quello che venne chiamato comunismo di guerra, cioè le industrie e le banche vennero nazionalizzate e le campagne vennero assoggettate a un regime di stretto controllo da parte del potere centrale, per assicurare adeguati rifornimenti alimentari alle città. Fu dunque un tentativo di realizzare una completa collettivizzazione e statalizzazione dell'economia.

Ma questa linea non diede i risultati sperati: se in un primissimo tempo il superamento dello spontaneismo precedente diede qualche frutto, col tempo l'economia precipitò molto in basso. Le campagne non producevano abbastanza per sfamare la gente, tanto che si arrivò a una carestia, nella primavera-estate del 1921, che provocò almeno tre milioni di morti; e nelle città la produzione e l'occupazione erano in forte declino (alla fine del 1920 la produzione industriale era sette volte inferiore a quella del '13).

Di qui un forte malcontento nelle campagne e nelle città, che ebbe il suo episodio più emblematico e drammatico nella rivolta di Kronstadt (marzo 1921), quando si ribellarono i marinai di quella base, precedentemente roccaforte dei bolscevichi.

Così il Partito, sempre nel marzo del '21, prese la decisione di avviare la NEP, una reintroduzione, misurata e pilotata dall'alto, di elementi di libero mercato, di capitalismo:

  • nelle campagne i contadini, una volta consegnato allo Stato una certa quantità di derrate alimentari, erano poi liberi di tenere per sè il ricavato della vendita delle eccedenze;
  • nelle città era riammesso il piccolo commercio privato;
Lenin e Stalin
Lenin e Stalin

La NEP ebbe successo: la carestia venne superata e la produttività delle campagne aumentò considerevolmente, così come il commercio nelle città. Solo che, così, nacquero due classi sociali che stridevano con l'ideale collettivista del comunismo: i kulaki, contadini che si arricchivano con la NEP, e i nepmen piccoli imprenditori e commercianti delle città.

da Lenin a Stalin

Lenin morì nel 1924, ma già nel 1922 abbandonò le redini del potere, pur restando una figura carismatica di enorme autorità.

Gli succedette Josif Vissarionovic Djugasvili, detto Stalin (cioè “acciaio”), che venne scelto dai vertici del partito perché appariva come meglio manovrabile del carismatico Trotzkij.

In effetti Stalin e Trotzkij erano in contrasto, soprattutto su due temi:

lo stalinismo

Con Stalin il totalitarismo comunista assume una forma più disumana e sanguinaria.

aspetti economici

Stalin pose fine alla NEP, tra il '27 e il '28, e avviò un deciso processo di collettivizzazione, tanto nella campagne quanto nell'industria.

Nelle campagne promosse una forte azione contro la classe dei kulaki: questi non solo si videro confiscati i beni che erano riusciti ad accumulare, ma vennero in gran parte eliminati fisicamente. A questo processo di liquidazione della NEP si oppose invano Bucharin con altri esponenti del partito, che vennero condannati nel 1930 come deviazionisti di destra. Si calcola che vennero sterminati circa 5 milioni di kulaki, bambini compresi.

Eliminata ogni traccia di proprietà privata nelle campagne, non restavano che due possibilità: la fattorie collettive (i kolchoz) e le fattorie statali (i sovchoz).

Conseguenza immediata di questo processo fu, nel 1932-33, una nuova carestia, pienamente superata solo dopo il '35.


lavoratori
lavoratori

Un altro settore di intervento di Stalin fu quello delle industrie, con la promozione di una gigantesca industrializzazione forzata, grazie ai piani quinquennali, a partire dal 1928.

Un'economia pianificata si contrappone a un'economia di mercato, il cui l'andamento è determinato dalla legge della domanda e dell'offerta, in quanto è lo Stato che regola tutto, imponendo le quantità di merci da produrre in un dato lasso di tempo.

La politica dei piani quinquennali ebbe un suo successo: la produzione industriale aumentò vistosamente e il numero di operai passò da 3 milioni (1928) a 10 milioni (1937), con un notevole sviluppo delle città.

Questo impetuoso sviluppo fu reso possibile anche da una imponente mobilitazione ideologica, volta a suscitare entusiasmo tra i lavoratori, che venivano spinti a sopportare sacrifici anche pesanti, pur di assicurare un trionfo alla patria socialista. Emblematico, in questo senso, fu il caso di Aleksej Stachanov, che venne esaltato per aver estratto in una notte un quantitativo di carbone 14 volte superiore alla norma.

aspetti politico-culturali

Stalin, il piccolo padre fu un despota assoluto, una guida carismatica che non ammetteva critiche. A suo riguardo si sviluppò un vero e proprio culto della personalità.

Spietata era la repressione del dissenso, culminante nelle cosiddette grandi purghe, con cui milioni di persone vennero internate e uccise, molto spesso tra gli stessi comunisti; si poteva trattare anche di persone che non avevano tramato contro Stalin: terrore e arbitrio dominavano in URSS.

Una testimonianza di questo clima la troviamo negli scritti dell'editoria clandestina, il Samizdat, ad esempio nell'opera di uno dei più celebri dissidenti dell'URSS, Alexandr Solgenitsin, Arcipelago Gulag (se ne veda un breve brano).

Un pesante conformismo gravava così anche sulla vita culturale dell'Unione sovietica, con gli artisti ad esempio costretti a rimanere negli stretti canoni del cosiddetto realismo socialista, idealizzazione della realtà sovietica.

diffusione e declino del comunismo

Tra le due guerre il comunismo russo si espande in buona parte dei territori dell'ex-impero zarista e dopo l'accordo Molotov-Ribbentropp occupa parte della Polonia e i paesi baltici (Lituania, Lettonia, Estonia).

Dopo la seconda guerra mondiale si verifica un salto di qualità: forte dei suoi meriti nella sconfitta del nazismo, Stalin ingloba nella sfera sovietica-comunista i paesi dell'Europa orientale (Polonia, Germania Est, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria), mentre Mao-Tze Tung assicura al comunismo l'intera Cina continentale (con l'esclusione della sola, piccola, isola di Taiwan, in cui si rifugia il suo rivale).

Negli anni '60 e '70 il comunismo è in ulteriore fase espansiva: in Africa molti regimi diventano suoi alleati, in Asia cade l'intera regione indocinese (al seguito della guerra del Vietnam), nella stessa America gli Stati Uniti devono fare i conti con Cuba e con vari fenomeni di guerriglia di ispirazione comunista (mitica la lotta di Che Guevara), che li costringeranno ad affidarsi a regimi militari (particolarmente traumatico il caso del Cile, dove Pinochet rovesciò la secolare democrazia per impedire il consolidarsi di un regime di sinistra, guidato da Salvador Allende).

Negli anni Ottanta inizia il declino del comunismo:

A Gorbaciov, leader della transizione dal comunismo, va riconosciuto il merito di aver guidato in modo fondamentalmente incruento il passaggio verso la democrazia.

Restano oggi la Cina, l'Indocina e Cuba: ma anche tali paesi devono ormai adeguarsi agli standard economici del mercato libero e prima o poi l'inarrestabilità delle comunicazioni libere (satellite, internet) potrebbe minare in modo irreparabile uno dei pilastri del totalitarismo, ossia il monopolio della informazione e della cultura.

Per un giudizio

Comprensibile e positivo era certo il desiderio di una maggior giustizia sociale, di fronte alla gravi storture del capitalismo, ma il modo cui tale desiderio venne declinato fu viziato da presupposti filosofici erronei.

Prevalentemente negativo in effetti è il giudizio che ci sentiamo di dare sul comunismo:

🤔 Quick test

Il comunismo

La feroce repressione del dissenso

Il dissenso tra Stalin e Trotzkij

📖 Testi on-line

🎼 Multimedia

Si veda su Cara Beltà, la sezione musica, pagina files MIDI, per ascoltare/scaricare musiche in formato midi (Inno dell'URSS, Bandiera Rossa, Fischia il vento, l'Internazionale).

📚 Bibliografia essenziale

Tra tali testi vanno segnati soprattutto:

🎬 Filmografìa