lo stalinismo

Da Arcipelago Gulag, di A.Solgenitsin

 Negli anni ’30 milioni di russi furono accusati e imprigionati per «delitti contro lo Stato»: contadini, operai, intellettuali, dirigenti di partito. Protagonista di una delle più clamorose denunce del terrore staliniano è stato lo scrittore Aleksandr Isaevič Solženitsyn (1918-2008), massima voce del dissenso sovietico, premio Nobel per la Letteratura nel 1971, autore del celebre saggio-inchiesta Arcipelago Gulag (sigla dell’“Amministrazione generale dei lager”, organismo statale che gestiva il sistema concentrazionario nell’Urss), pubblicato in tre volumi tra il 1973 e il 1978. In queste pagine Solženitsyn, ex detenuto in un campo di concentramento, analizza lo strumento di controllo e repressione più efficace a disposizione del regime comunista: l’articolo 58 del codice penale. Una norma generica e ambigua, che consentiva di accusare e condannare senza limiti qualunque cittadino per qualsiasi presunta «attività controrivoluzionaria».


Un paradosso: un solo articolo dei centoquarantotto della sezione particolare del Codice penale dell’anno 1926 ha dato impulso a tutta la pluriennale attività degli Organi eternamente vigili e ovunque presenti. [...] In verità non v’è trasgressione, pensiero, azione o inazione sotto il sole che non possa essere punita dalla mano dell’articolo Cinquantotto. [...]

L’articolo 58 non ha costituito nel codice un capitolo sui delitti politici e in nessun luogo è scritto che sia «politico». No, a fianco dei crimini contro l’ordine pubblico e del banditismo è riportato nel capitolo dei «delitti contro lo Stato». Così il Codice penale inizia col rifiutare di riconoscere chicchessia sul suo territorio criminale politico, è solo un delinquente comune.

L’articolo 58 consisteva di quattordici punti.

Dal primo apprendiamo che viene riconosciuta controrivoluzionaria qualsiasi azione (secondo l’articolo 6 del Codice penale anche inazione) diretta... a indebolire il potere... Interpretando in senso lato risulta che il rifiuto, nel lager, di andare a lavorare quando sei affamato ed estenuato, è indebolimento del potere e ha per conseguenza la fucilazione. [...]

Il terzo punto è «cooperazione con qualsivoglia mezzo con uno Stato straniero che si trovi in guerra con l’Urss». Questo articolo può far condannare qualunque cittadino che si sia trovato in territorio occupato, abbia egli riparato il tacco d’un militare tedesco, venduto un mazzo di ravanelli, o una cittadina che abbia sollevato lo spirito combattivo dell’invasore ballando e passando una notte con lui. [...]

Ma nessun punto dell’art. 58 era interpretato in senso altrettanto lato e con tanto ardore di coscienza rivoluzionaria quanto il Decimo. Suonava così: «Propaganda o agitazione contenente un appello all’abbattimento, danneggiamento o affievolimento del potere sovietico... come pure la diffusione, produzione o custodia di letteratura avente tale contenuto». [...] Per «agitazione contenente un appello» si poteva intendere una conversazione a quattr’occhi tra amici (o anche fra coniugi) o una lettera privata; appello poteva essere un consiglio personale. [...] Quale pensiero, ideato, pronunziato od annotato non abbracciava il punto dieci così felicemente esteso? [...]

una graziosa scenetta

Inutile ripetere qui quanto è già stato ampiamente detto e sarà ancora ripetuto numerose volte sull'anno '37, che cioè forse è stato un colpo mortale al vertice del partito, al governo sovietico, al comando militare e al vertice della stessa GPU-NKVD. E' dubbio che in una qualche ragione sia rimasto in carica un segretario del Comitato Regionale o un presidente del comitato esecutivo della regione: Stalin se ne scelse di più comodi.

 [...]

Ecco una scenetta di quegli anni. Si sta svolgendo nella regione di Mosca la conferenza regionale di partito; la dirige il nuovo segretario del Comitato rionale nominato al posto dell'altro, recentemente arrestato.

Alla fine della conferenza viene approvato un messaggio di fedeltà Stalin. Naturalmente tutti si alzano in piedi, com'era nel corso della conferenza tutti balzavano su ad ogni menzione del suo nome. Nella piccola sala è una burrasca di applausi che diventa ovazione: 3 minuti, 4 minuti, 5 minuti. Sono sempre burrascosi e si tramutano sempre in ovazione mentre le palme sono indolenzite, già le braccia alzate sono informicolite, già gli anziani hanno l'affanno. Sta diventando insopportabilmente ridicolo anche per chi adora sinceramente Stalin, ma chi oserà smettere per primo? Lo potrebbe fare il segretario del Comitato rionale in piedi sul podio, il quale ha appena letto il messaggio; ma è nominato da poco al posto di un arrestato, ha paura. Infatti vi sono in sala quelli dell'NKVD in piedi ad applaudire, osservano che smetterà per primo.

E gli applausi, in una piccola sala sperduta, all'insaputa del grande capo, continuano: 6 minuti! 7 minuti! 8 minuti! Sono perduti! Rovinati! Non possono più fermarsi fino a quando non saranno caduti colti da infarto. In fondo alla sala nella calca si può ancora fingere, battere le mani meno frequentemente con minore forza e furore, ma al tavolo della presidenza, in piena vista di tutti? Il direttore del cantiere locale, uomo forte indipendente, rendendosi pienamente conto della falsità della situazione, è senza scampo tra la presidenza e applaude. 9 minuti! 10 minuti! Egli guardano angosciato il segretario del Comitato rionale ma quello non sa fermarsi. Follia! Follia collettiva! I dirigenti del rione gettano occhiate l'uno all'altro con un filo di speranza, ma con la sola esultanza dipinta sulla faccia applaudiranno fino a cadere, fino a quando li porteranno fuori in barella.

E anche allora i rimanenti non batteranno ciglio. All' 11esimo minuto il direttore della cartiera assume un'aria indaffarata e si siede suo posto al tavolo della presidenza. O miracolo! Dov'è andato a finire il generale indescrivibile irrefrenabile entusiasmo? Tutti in una volta con l'ultimo battito di mani cessano e si mettono a sedere. Sono salvi: lo scoiattolo ha saputo schizzare fuori dalla gabbia con la ruota che gira! 

Tuttavia proprio così si riconoscono gli uomini indipendenti. Proprio così si tolgono di mezzo. La stessa notte il direttore della cartiera è arrestato e gli appioppano senza difficoltà per tutt'altro motivo 10 anni, ma dopo la firma dell'articolo 206 del protocollo conclusivo dell'istruttoria il giudice gli rammenta: e non smette mai per primo di applaudire!