Sfera o disco?

La terra per i medioevali

nota editoriale

Questa ricerca del prof. Simek, sfatando un pregiudizio antimedioevale, dimostra al contempo quanto sia radicato pensare al Medioevo come a un'epoca oscura, attribuendole ogni sorta di ignoranza.
Ci auguriamo che possa contribuire alla riabilitazione della civiltà che ha costruito e reso grande l'Europa.

Che la Terra non sia piatta ma sferica lo dicevano già molti antichi: tra gli altri

  • Aristotele, che osservò come le stelle che si vedono da Alessandria non sono le stesse che si possono osservare da Atene, e come l'ombra proiettata dalla terra sulla superficio lunare durante una eclissi di luna sia rotonda,
  • Eratostene, che cercò di misurarne il diametro a partire dalla diversa lunghezza dell'ombra proiettata da aste della medesima lunghezza in due località situate a diversa latitudine,
  • Tolomeo, in base all'osservazione che avvicinandosi a un monte lo si vede dapprima molto basso, poi sempre più alto

Tra gli autori medioevali citati da Simek nell'articolo che segue manca un personaggio non certo di secondo piano, Dante, la cui Divina Commedia si basa su una immagine di terra rotonda.


Secondo ciò che mi è stato insegnato a scuola, sarebbe stato Cristoforo Colombo, con la sua traversata dell'Atlantico nel 1492, il primo a sfatare l'idea che la Terra fosse un disco piatto al centro del cosmo. Ma quello che si insegna a scuola non è sempre oro colato. Per anni ho cercato in testi di epoca medievale prove di questa rappresentazione della Terra come un disco. Senza successo. Da nessuna parte si parla in modo esplicito di una forma a disco. Certi autori medievali alludono vagamente alla forma della Terra. Ma i soli elementi che indicano una forma eventualmente diversa da quella sferica non si trovano che in una decina di autori della tarda Antichità e dell'alto Medioevo. Tra essi, citiamo il teologo africano Lattanzio (IV secolo), che nelle sue Divine istituzioni insorge contro l'idea che la Terra sia sferica, senza dire d'altronde di quale altra forma se la immagini.

Una forma diversa da quella sferica viene evocata dal mercante alessandrino Cosma Indicopleuste, che verso l'anno 500 aveva viaggiato fino all'India e all'Africa occidentale. Ritornato dai suoi viaggi e divenuto monaco, redige una Topografia cristiana che rinnega la rappresentazione greca del mondo e si fonda sulla Bibbia. Perviene così a una forma trapezoidale della Terra, al di sopra della quale il cielo si inarca a volta. Questa rappresentazione del mondo, teologica e allegorica, è poco diffusa: al di fuori di Bisanzio, dove tre manoscritti completi furono preservati e sono giunti fino a noi, questa opera redatta in greco rimase completamente sconosciuta.

La negazione degli antipodi

Alcuni letterati hanno poi preteso di trovare la prova di un rifiuto della forma sferica negli scritti del missionario anglosassone Bonifacio (circa 675-754). Nel 748, ormai arcivescovo di Magonza e vegliardo inacidito, egli trascina in giudizio davanti a papa Zaccaria il giovane monaco irlandese Virgilio, in primo luogo perché il temerario osa sostenere la tesi “inaccettabile e contro natura” che ci siano “uomini che vivono dall'altra parte della Terra”. Non sappiamo se il monacello sia stato alla fine condannato. Posto che lo sia stato, il papa deve avere comunque cambiato parere a posteriori: Virgilio venne infatti nominato un anno più tardi vescovo di Salisburgo: da questo momento, non sarebbe stato più possibile alcun dubbio sulla saldezza della sua fede.

Si noti che, in questa controversia dell’VIII secolo, la questione della sfericità della Terra non è neppure sfiorata! Il dibattito verte semmai sulla presenza di abitanti agli antipodi. Ora, durante tutto il Medioevo questa delicata questione è totalmente indipendente da quella della forma del nostro pianeta.

Si vede così come, alla fine dell'Antichità e agli inizi del Medioevo, gli oppositori dell'idea che la Terra abbia forma sferica sono estremamente rari. Alcuni divulgano, come Cosma, un'immagine in definitiva allegorica del nostro pianeta; altri non si esprimono sulla sua forma. Nulla lascia pensare, comunque, che venga privilegiata una forma a disco.

Le incertezze sulla cosmografia sono grandi alla metà del primo millennio: anche un dotto di vasta fama come Isidoro, vescovo di Siviglia (560 circa-636), le cui opere principali (Etymologiae e De natura rerum) avranno una grande fortuna per tutto il Medioevo, non si esprime a questo proposito se non in termini assai vaghi. Prendendo a modello gli scritti dell'Antichità, egli assume che la Terra presenti cinque zone climatiche: due zone molto fredde ai poli, una molto calda all'equatore, e due zone intermedie temperate. Una descrizione di tal fatta implica ovviamente che la Terra abbia forma sferica; tuttavia questa idea viene formulata indirettamente, e anche gli illustratori dei manoscritti non sanno come raffigurarsi la Terra.

Due secoli più tardi, il vescovo di Magonza, Rabano Mauro (776-856), cita e commenta la descrizione di Isidoro nel suo De Universo. L'uomo di Chiesa non si interessa di fatto alla forma della Terra. Il cerchio abitato della Terra (orbis terrarum) viene comunque disegnato rotondo, poiché si comincia a rappresentare comunemente la Terra abitata come un cerchio circondato da un oceano a forma di anello.

Altri autori si dimostrano nettamente più precisi. Macrobio e Marziano Capella, due letterati del IV e V secolo rispettivamente, si collocano nel solco dell'Antichità e si pronunciano senza ambiguità a favore della forma sferica della Terra. I loro scritti sono costantemente utilizzati come fonti per tutto il Medioevo. Due secoli più tardi, il lavoro di un altro letterato fa testo: il monaco anglosassone Beda il Venerabile redige, verso il 700, numerosi scritti scientifici e storici che serviranno a lungo da riferimento grazie alla loro chiarezza stilistica e alla purezza del latino. Nel suo scritto di filosofia naturale, egli tenta di far comprendere il concetto di sfericità della Terra dicendo esplicitamente che questa rotunditas tenue non deve far pensare a una ruota (gyrus), e nemmeno a una superficie semplicemente convessa (scutus), ma proprio a una palla (pila).

Con questa chiarissima affermazione, Beda diffonde l'idea della forma sferica della Terra. Quest'idea non è più così appannaggio di pochi astronomi: la maggior parte degli uomini di Chiesa e, in particolare, tutti i monaci che si interessano alle scienze della natura e hanno accesso a una biblioteca possono reperire informazioni chiare al proposito. Il trattato di Beda è in effetti un classico (ai nostri giorni, si contano ancora oltre 125 manoscritti della sua opera di filosofia naturale, De natura rerum).

La Terra è rotonda: la prova dell'uovo

Nei secoli successivi, si ritrovano queste conoscenze nelle opere di astronomia e di filosofia della natura e negli scritti di divulgazione. Questi ultimi, probabilmente destinati ai semplici religiosi di provincia, sono interessanti per ciò che riguarda la nostra conoscenza della mentalità e delle rappresentazioni in epoca medievale. I religiosi si servivano di queste opere per preparare le prediche e come riferimento di facile lettura.

Questi manuali erano d'altronde assolutamente necessari, poiché il livello di formazione del clero secolare nelle parrocchie rurali era molto inferiore a quello dei monaci dei grandi conventi benedettini o cistercensi e del clero dei centri urbani. Tra questi piccoli manuali popolari ricordiamo l'Elucidarius, pubblicato verso il 1120 in Germania meridionale e scritto in latino da Honorius Augustodunensis, o ancora il Lucidarius, ispirato al precedente ma redatto in tedesco dai capitani di Enrico il Leone, e infine il Libro di Sidrac, pubblicato pure in lingua volgare nel XIII secolo e molto diffuso alla fine del Medioevo nella maggior parte delle lingue romanze e germaniche.

In una edizione tedesca, il Libro di Sidrac parla per esempio della Terra in generale, affermando con grande chiarezza che “see ist rond also eyn appeh (essa è rotonda come una mela). Si trovano queste similitudini con la mela anche in altri scritti, fino alla Norvegia. L'Elucidarius, invece, usa altre analogie: vi si paragona per esempio la struttura dell'uomo (un microcosmo) a quella dell'universo (il macrocosmo), aggiungendo che la testa dell'uomo ha la forma di una palla poiché il mondo stesso ha la forma di una palla. Il Lucidarius afferma semplicemente, e facendo con ogni evidenza riferimento a un sapere ampiamente condiviso, che la Terra è sinwel (rotonda). Quando a Norimberga, nel 1492, Martin Behaim costruisce il primo globo terrestre e lo indica come Erdapfel (mela terrestre), si riferisce evidentemente alla tradizione medievale.

I manuali popolari si servono anche di un'altra immagine simbolica per alludere alla forma della Terra o dell'intero cosmo: quella dell'uovo. Nel Medioevo si riteneva che il cosmo fosse costituito da quattro elementi (acqua, terra, aria e fuoco); era facile far corrispondere i quattro elementi costitutivi dell'uovo (tuorlo, albume, membrana e guscio) ai quattro costituenti, idealmente disposti a strati, dell'universo sublunare. Al tuorlo corrispondeva la terra, all'albume l'acqua, mentre la membrana e il guscio facevano riscontro rispettivamente all'aria e al fuoco etereo. Questa interpretazione analogica della struttura del cosmo rinvia all'Imago Mundi di Honorius, l'autore dell'Elucidarius. Honorius è più realista nelle proporzioni del cosmo, poiché paragona la Terra alla semenza contenuta nel tuorlo, il quale rappresenta allora l'acqua, mentre l'aria corrisponde all'albume e il guscio all'etere. Evidentemente non si tratta di stabilire proporzioni corrette, ma di una rappresentazione facile da comprendere della struttura stratificata del cosmo medievale. La Terra, minuscola come un granello di sale, è al centro di questa visione del mondo e deve essere considerata, per similitudine con gli altri costituenti del cosmo, come sferica.

Verso la fine del Medioevo, gli scritti di astronomia e quelli di taglio enciclopedico acquistano in precisione. Si discute la prova scientifica della sfericità del pianeta, la posizione dei continenti (compresa la questione dell'esistenza di un quarto continente nell'emisfero meridionale) e infine la dimensione del globo terrestre. La sfericità della Terra è data per scontata: non è l'oggetto delle riflessioni cosmologiche, bensì il loro punto di partenza.

Il manuale di astronomia più diffuso nelle università medievali e fino all'inizio dell'epoca moderna è il Liber de sphaera (Trattato della sfera) redatto dall'inglese Giovanni di Sacrobosco nella prima metà del XIII secolo. In modo sistematico, l'autore vi insegna le basi della geometria e poi dell'astronomia, fornendo già diverse prove evidenti della sfericità della Terra e di altri corpi celesti. Oltre all'ombra sempre tonda che proiettano i corpi celesti (come si può facilmente osservare nelle eclissi di Luna o di Sole), è soprattutto la forma curva della superficie dei mari e delle terre emerse a convincere, in quanto la si può facilmente verificare in modo empirico. Sacrobosco riprende una dimostrazione conosciuta fin dai tempi di Plinio il Vecchio, in cui si spiega come a bordo di una nave, un osservatore in piedi sul ponte perda di vista la terraferma prima di uno posto in cima all'albero maestro. Viceversa, una nave che si allontana dalla riva viene persa di vista prima da un osservatore sulla spiaggia che non da uno in cima a una torre. Esempi come questi si ritrovano in tutta la letteratura astronomica seguente. Il trattato di Sacrobosco viene tradotto parecchie volte in francese e in tedesco, e abbondantemente commentato. Si diffonde rapidamente ed entra a far parte dei programmi di studio delle università medievali; nel XVI secolo viene ancora riedito 45 volte.

Ma anche al di fuori delle università, la sfericità della Terra faceva parte delle conoscenze di base nel Medioevo. Tutta una serie di opere studiava la questione in un contesto cosmografico. Se il grande enciclopedista Guillaume de Conches (1080-1154), precettore di Enrico II di Inghilterra e professore a Parigi, non poteva dirsi un autore popolare, i suoi scritti erano comunque ben noti. Anche il cardinale Pierre d'Ailly (1352-1420) non scriveva per il grande pubblico, ma Cristoforo Colombo possedeva le sue opere. Prima di lui, il letterato lorenese Gossuin de Metz (verso il 1245) aveva composto una cosmografia in versi così popolare da essere copiata e tradotta innumerevoli volte; fu anche tra i primi libri a essere stampati in Inghilterra sotto il titolo Mirrour of the World, nel 1481. In essa sono rappresentate per la prima volta le conseguenze della sfericità della Terra, per esempio il fatto che sia possibile girarle intorno (si veda l'illustrazione a pagina 27).

Quest'opera ampiamente diffusa è certamente all'origine di un episodio del popolare romanzo picaresco tardomedievale Travail, scritto da Jean de Mandeville. Questo (romanziere ed egittologo del '900) del Medioevo non era mai andato oltre la Terra Santa, ma aveva una tale capacità di appropriarsi di resoconti di viaggi fatti da altri, anche nel lontano passato, da essere reputato per secoli uno dei più grandi viaggiatori medievali. Nell'episodio in questione narra di avere incontrato in Estremo Oriente un uomo che aveva viaggiato di continuo verso est fino al giorno in cui aveva sentito di nuovo il suono della propria lingua madre. Tuttavia, arrivando dal lato sbagliato, non aveva riconosciuto la propria terra di origine, e per questo aveva ripreso il cammino. Questa storiella popolare mostra fino a che punto la sfericità della Terra fosse data per scontata nel XIV secolo.

I misteriosi antipodi

La questione degli antìpodi, in compenso, era una vera controversia. Si supponeva già dalla fine dell'Antichità l'esistenza di un altro continente sul lato opposto della Terra, chiamato nel Medioevo terra australis incognita (continente australe sconosciuto). Certamente, non sarebbe stato possibile raggiungerlo, data la credenza popolare secondo cui il calore insostenibile della zona equatoriale avrebbe impedito il passaggio.

Comunque questo continente doveva essere abitabile, essendo situato nella zona temperata meridionale della Terra. Se fosse stato in effetti abitato (da uomini o da altri esseri umanoidi) la questione diventava più di natura teologica che cosmografica. Nel Vangelo, infatti, Gesù aveva dato ai suoi discepoli un preciso comando: “Andate, e insegnate a tutti i popoli!”. Se veramente l'emisfero meridionale fosse stato abitato da uomini, allora si doveva concludere che Cristo aveva posto deliberatamente i suoi discepoli di fronte a due ostacoli insormontabili: il calore torrido della zona equatoriale, ma soprattutto la presenza dell'Oceano, ritenuto non attraversabile. Ora, dal momento che Cristo non poteva avere dato una missione impossibile, se ne deduceva che gli antipodi non potevano esistere. Era questa l'opinione di alcuni religiosi, tra cui il summenzionato Bonifacio. Viceversa, alcuni altri risolvevano la questione affermando che gli antipodi esistevano, ma che i loro abitanti non erano completamente umani, oppure non possedevano un'anima: non vi sarebbe stato quindi alcun bisogno di convertirli o di battezzarli. Questa linea argomentativa condusse, in seguito alla conquista dell'America Centro-meridionale, a terribili sofferenze umane: fino alla celebre controversia di Valladolid, certi conquistadores, strumentalizzando questo argomento per il proprio tornaconto economico, considerarono gli indios alla stregua di bestie da soma, la cui conversione sarebbe stata superflua.

Comunque, come dimostrarono i navigatori portoghesi dopo il 1471, la traversata della zona equatoriale si rivelò fattibile, e ciò andò immediatamente a favore dell'esistenza degli antipodi. Un'altra concezione voleva che Cristo avesse parlato solo in senso figurato impartendo il proprio comando. Tuttavia questo era un pensiero eretico, che poteva costare il rogo a chi lo propugnava. In generale, durante tutto il Medioevo, cardinali, vescovi e altri religiosi potevano discorrere sull'esistenza degli antipodi senza alcun pericolo, ma, puntualmente, la credenza dichiarata nell'esistenza degli antipodi poteva essere considerata eresia. Di ciò fece triste esperienza l'astronomo e poeta Cecco d'Ascoli, arso vivo per questa ragione a Bologna nel 1327.

Nascita di un mito

Se la sfericità della Terra, e tutte le sue implicazioni, erano nozioni così ampiamente accettate in tutto il Medioevo, come si è potuto consolidare il mito tenace che vuole l'uomo del Medioevo assertore dell'idea di una Terra piatta? Questo interrogativo, che ha cominciato a interessare gli storici del pensiero scientìfico da non più di una decina d'anni, non ha trovato ancora una spiegazione completa. La diffusione della falsa idea, apparsa nei secoli XVI e XVII, è stata propiziata da un complesso di cause.

Una di queste deriva senza dubbio dal fatto che le antiche mappae mundi prodotte nel Medioevo furono a poco a poco sostituite, a partire dalla metà del XV secolo, dalle carte moderne, che si basavano sui calcoli del massimo geografo dell'Antichità: Tolomeo. Sulle carte precedenti, generalmente orientale a est, si tentava di rappresentare in un cerchio i tre continenti conosciuti (Asia, Africa ed Europa) e in qualche caso un quarto continente australe incognito. (La stessa cosa fanno d'altronde ai giorni nostri le carte in proiezione di Mercatore, che pure utilizzano due cerchi per rappresentare l'intero globo.) Questa rappresentazione era necessariamente schematica: attorno al Mediterraneo, rappresentato al centro, si assiepavano i tre continenti e, disseminate tutt'attorno, si scorgevano alcune isole, come l'Irlanda e l'Islanda al largo dell'Europa e Ceylon presso l'Asia. A circondare il tutto era il vasto oceano, di cui non si raffigurava sulle carte che una stretta banda, dato che esso si supponeva vuoto e quindi poco degno di essere rappresentato (si veda l'illustrazione a fianco). Inoltre, l'oceano si estendeva non attorno al globo terrestre, ma “sul retro”, di modo che non poteva essere mostrato assieme ai continenti.

Alla fine del Medioevo, quando apparvero le nuove carte tracciate grazie al sistema di proiezione delle latitudini e delle longitudini, si reinterpretarono le carte medievali supponendo che gli antichi eruditi avessero rappresentato la Terra come un disco rotondo poggiante sull'oceano. Una tale conclusione non era giustificata, dato che i manoscritti che riproducevano queste carte erano assai spesso corredati da testi che alludevano senza possibilità di equivoco alla sfericità della Terra, ma, a quanto pare, nel XVI e XVII secolo erano poche le persone disposte a leggersi con attenzione i manoscritti in lingua latina.

La polemica sull'esistenza degli antipodi costituisce senza dubbio una seconda causa della comparsa del mito della Terra piatta. Ancora all'inizio dell'epoca moderna, la controversia non si era conclusa: solo nel 1770, infatti, l'Oceania fu “ufficialmente” scoperta: tutto ciò che di essa sapevano i navigatori olandesi e portoghesi era stato coperto per interessi economici. Nel XVI e nel XVII secolo si dovevano quindi contenere le dicerie sull'esistenza di un continente nell'emisfero meridionale. Quando la presenza di uomini sulla “faccia inferiore” della Terra fu alla fine accertata, ci si potè rallegrare del fatto che la fazione ecclesiastica più fondamentalista del Medioevo avesse avuto torto. Tuttavia si omise di ricordare che questi religiosi erano sempre stati una minoranza fra i chierici eruditi e soprattutto, se pure costoro avevano negato l'esistenza degli antipodi, non avevano mai messo in dubbio la sfericità della Terra.

La terza causa sembra dovuta alle idee stravaganti come quella sulla forma trapezoidale della Terra. A partire dal XVII secolo, queste idee furono considerate - a torto - tipiche del pensiero monastico medievale. Le correnti più anticlericali dell'epoca dei Lumi contribuirono in modo particolare alla propagazione di queste interpretazioni erronee, che miravano a dipingere il Medioevo sotto l'influenza di una Chiesa oscurantista, poco al corrente delle grandi questioni della scienza della natura e, in generale, sempre assai limitata nella sua visione del mondo.

Per questi motivi gli autori medievali, assai spesso membri del clero, devono la loro reputazione di geografi e astronomi incompetenti ai letterati dell'epoca moderna, e in particolare del XVIII secolo. Costoro non avevano tenuto conto di una verità banale: se si pensava che la Terra fosse il centro dell'universo, si sapeva bene che questa machina mundi, azionata dalla volontà divina, non poteva essere che sferica, come tutti gli altri corpi celesti.

RUDOLF SIMEK è professore di germanistica presso l'Università di Bonn.

Bibliografia minima

Pastoureau Mireille, Voies océanes, BNF, Paris, 1984.

Lecoq Danielle, Plate ou sphérique? La conception de la Terre au Moyen Age, Comité français de cartographie, 1996.

Pelletier Monique (a cura), Couleurs de la Terre, Seuil/BNF, 1998.


tratto e riadattato da Le Scienze