Karl Marx

la liberazione violenta degli oppressi

sua importanza

La filosofia di Marx ha avuto come poche altre un influsso sulla realtà politica: è dalle sue idee che nascono nell'Ottocento i partiti socialisti, che si prefiggono di difendere i diritti del lavoratori mirando a una società in cui il capitalismo sia superato; ed è ispirandosi a lui che avviene la Rivoluzione d'Ottobre, in Russia nel 1917, come pure a lui si ispirò Mao Zedong per creare in Cina un regime comunista. Negli decenni centrali del XX secolo (dopo la 2a Guerra mondiale) quasi metà del mondo era in mano a regimi che si ispiravano alle idee di Marx e ci fu un momento, tra il '68 e gli anni '80, in cui il comunismo sembrò protendersi a una ulteriore, inarrestabile espansione.

🪪 Cenni sulla vita

Karl Marx nacque a Treviri, in Germania, nel 1818, da genitori ebrei (dalla cui cultura avrebbe ereditato un messianismo come inquieta insoddisfazione dell'esistente: così ad esempio Maritain e Cottier, ne L'ateismo del giovane Marx); dalla forzata conversione del padre al protestantesimo (1817) derivò poi una accentuata sfiducia nella religione, da cui peraltro, secondo Cottier, Marx non fu mai tormentato.

Marx fu inquieto goliardo, per cui da Bonn, in cui aveva iniziato l'università, il padre lo trasferì nella più austera Berlino, dove frequentò il Doctorclub, con intellettuali hegeliani radicali di sinistra (tra cui B.Bauer, Ruge, Hess).

La tesi di laurea fu sulle Differenze tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro, 1841; Marx vi apprezza Epicuro, per via dell'automovimento degli atomi, in cui vede una maggiore importanza data all'azione umana, e vi traccia una analogia tra le scuole post-aristoteliche e le scuole post-hegeliane: in comune esse avrebbero il fatto di tornare alla realtà dopo grandi sistemi astrattamente teorici.

Si diede al giornalismo, dato che erano per lui chiuse le porte per la carriera universitaria, a causa delle sue posizioni politiche, analogamente a come fu per Bauer, il Robespierre della teologia, che fu solo per poco docente. Collaborò alla Gazzetta Renana (1841/3), organo dei radicali (come Bauer, Hess, etc.) scrivendovi articoli ispirati a istanze umanistiche (secondo la Vanni Rovighi), ad esempio a proposito dei furti di legna dei vignaioli della Mosella. Per Maritain essi documentano un senso di ribellione all'“Imperatore di questo mondo” (cioè a un Dio concepito come garante dell'ingiustizia, non al vero Dio), ma secondo un altro studioso, Georges Cottier, molto documentato, Marx era già ateo in partenza, non fu perciò scandalizzato dagli errori storici del Cristianesimo, visto come supporto teorico di ingiustizie sociali. Il suo ateismo insomma per Cottier non sarebbe stato determinato da motivi contingenti, storici, di fatto, ma sarebbe strutturale, ci sarebbe stato in ogni caso, anche se i cristiani non avessero commesso errori di complicità con l'ingiustizia sociale.

Datosi alla lettura di Feuerbach, scrive nel '43 Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie, di cui pubblica a Parigi la Introduzione (1844), divenuto condirettore, con Ruge, degli Annali Franco-tedeschi. Sempre a Parigi conobbe Proudhon, Blanc, Heine, Bakunin e soprattutto Friedrich Engels e scrisse i Manoscritti (nel 1844, pubblicati postumi, nel 1932), La questione ebraica (1844), Le tesi su Feuerbach (1845), Die Heilige Familie (La sacra famiglia) (1845).

A Bruxelles, dove deve fuggire, perché espulso da Parigi, scrive Die deutsche Ideologie (1845), e Misère de la Philosophie (1847), e si dedica all'organizzazione degli operai comunisti, nel '48; a Londra dal '49, aiutato da Engels si dedicò allo studio degli economisti classici; ivi morì, il 14 marzo 1883

📔 Opere principali di Karl Marx

titolo originale titolo tradotto anno
Zur Kritik der Hegelschen RechtsphilosophieCritica alla filosofia del diritto di Hegel1843
Thesen über FeuerbachTesi su Feuerbach1845
Die deutsche IdeologieL'ideologia tedesca1845
Die Heilige FamilieLa sacra famiglia1845
Misère de la PhilosophieMiseria della filosofia1847
Zur Kritik der politischen ökonomiePer una critica dell'economia politica1859
Das KapitalIl Capitale1867 (1° vol., postumi gli altri)
Grundgrisse der Kritik der politischen ökonomieLineamenti di critica dell'economia politica[postumo]

critica a filosofie precedenti (pars destruens)

Hegel

Da un lato Marx riconosce a Hegel il merito di aver colto il carattere dialettico della realtà:

«è stato il primo a esporre consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa. In lui essa è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico.»

Le realtà è dialettica, cioè è attraversata da contrasti, e per Marx il contrasto principale è quello socio-economico, tra sfruttatori e sfruttati, cioè è la lotta di classe.


D'altro lato tuttavia

in generale: Hegel capovolge la realtà

Marx ritiene che il suo idealismo “rovesci”, capovolga la realtà, per cui fa degli individui i predicati di una mistica sostanza universale.

A questo proposito

in particolare: Hegel assolutizza forme politiche contingenti

Hegel secondo Marx ha legittimato come manifestazione dell'Assoluto quella che è semplicemente una situazione contingente (quella tedesca). Ha cioè compiuto una operazione ideologica: ha usato la filosofia per giustificare razionalmente un assetto di potere esistente, che avrebbe invece dovuto essere criticato, ha messo insomma la filosofia al servizio dei potenti (si veda il suo concetto di sovrastruttura).

Oltretutto ciò è reso ancora più ingiustificabile dal fatto che la Germania è rimasta indietro rispetto alla Francia: è al passo coi tempi solo filosoficamente, le manca la realizzazione pratica. Non occorre però rifiutare la teoria, la filosofia, ma occorre non fermarsi ad essa, bensì “mediarla” nella prassi, cioè nella azione rivoluzionaria, facendola diventare di massa. Ciò accadrà quando il bisogno della classe operaia sarà giunto al suo culmine (cfr. Cottier, L'ateismo del giovane Marx, p. 214 sgg.) vedi il testo della Critica della Filosofia del Diritto.

contro Bauer e la Sinistra hegeliana

Ne La questione ebraica

Per Bruno Bauer a garantire l'eguaglianza tra gli esseri umani basta che uno Stato sia non confessionale (=non cristiano), garantendo così piena eguaglianza giuridica a tutti i cittadini e non discriminando più in ragione del credo religioso (ad esempio gli ebrei non potevano accedere a tutte l cariche pubbliche).

Per Marx invece bisogna porre in discussione lo stesso Stato (come *mediatore e *astratto): l'eguaglianza politica è puramente formale se non diventa anche sociale. Perciò la rivoluzione borghese, quella ad esempio francese del 1789, come quella che in fondo auspica Bauer, resta a mezza strada: emancipa a livello dello Stato, dell'astratto citoyen, ma resta ancora da compiere una emancipazione a livello della società. L'eguaglianza nella prospettiva di Bauer e delle rivoluzioni borghesi, rimane formale, ma non diventa sostanziale.

contro Feuerbach

Nelle Tesi su Feuerbach

Da un lato valorizza Feuerbach, in quanto ritiene valido il suo materialismo (implicante il discorso sulla alienazione): il reale è la materia, il sensibile, e così si fonda il vero materialismo e la scienza reale; apprezzato da Marx anche il suo collettivismo e la sua critica alla religione.

Tuttavia Feuerbach non va a fondo sulla causa dell'alienazione, ossia l'alienazione economico-sociale: non coglie la religione come aroma spirituale dell'ingiustizia concreta, oppio dei popoli, e resta così in un atteggiamento “speculativo” e in una concezione naturalistica (non storica) dell'uomo. Ma non basta contemplare il mondo, bisogna ora trasformarlo; non basta cambiare le idee, bisogna cambiare le realtà, eliminando la concreta alienazione per eliminarne gli effetti religiosi (si veda il testo delle Tesi su Feuerbach).

contro il socialismo utopistico e Proudhon

a)Proudhon

Proudhon in Qu'est-ce que la propriété (1840) e ne la Philosophie de la misère (1846) aveva auspicato una società fondata sulla giustizia (e caratterizzata da piccola proprietà, autogestione, con una forte carica di antistatalismo) da raggiungere senza violenza.

Ma egli peccava, per Marx (in Miseria della filosofia, 1847), di inconcludente moralismo. Proudhon infatti valutava la realtà storica in base a una giustizia concepita come un ideale assoluto e metastorico, e riteneva che la società capitalistica fosse ingiusta in senso morale, nel senso di una infrazione della giustizia metastorica. Secondo Marx invece non ha senso parlare di giustizia metastorica, come più in generale non ha senso parlare di valori metastorici e di natura umana immutabile e universale: esiste solo la storia, che è lotta, dialettica tra classi inevitabilmente contrapposte. Perciò, partendo da un presupposto falso, la proposta di Proudhon si rivela per Marx una utopia priva di fondamenti economico-sociali, e nutrita solo di ideali astratti.

b) i socialisti utopisti

Nel Manifesto Marx sostiene che Babeuf, St.Simon, Fourier, Owen non capiscono che

Egualmente condannati

proposta (pars costruens)

in sintesi

Non esiste alcuna verità assoluta, e perciò nessuna giustizia assoluta, e nemmeno può esistere Dio. Coerentemente in Marx manca una vera metafisica (e una cosmologia): tutta la sua attenzione si concentra sul mondo umano.

  1. L'uomo non ha alcuna natura metastorica: all'interno di un orizzonte che è interamente materiale e diveniente l'uomo è un essere storico e sociale. In un certo senso si può dire che per Marx non esiste l'uomo, ma la classe. Pensare infatti in termini di natura umana è ideologico, tipico delle classi sfruttatrici, che vogliono far credere agli sfruttati che esista già una eguaglianza tra loro e gli sfruttatori, ottundendo lo spirito di classe, nascondendo la realtà della lotta di classe. Tuttavia, inevitabilmente, il concetto di natura umana (e di giustizia), “cacciato dalla porta, rientra dalla finestra”: che cos'è lo sfruttamento se non una deviazione dalla giustizia?
  2. Ciò che esiste è solo materia, una materia dialettica, dinamica e non statica. Nell'uomo ciò si traduce in una particolare capacità di dinamismo attivo: l'uomo produce.
  3. Solo questo lo distingue dagli animali: non vi è in lui alcuno spirito. Ne segue che quelle che vengono credute attività spirituali (cioè la cultura: arte, letteratura, musica, filosofia, ma anche il diritto e la politica) altro non sono che proiezioni di dinamiche materiali (sovrastruttura);
  4. Di conseguenza l'uomo, come essere sociale, collettivo non esiste come persona, la persona (singola) non ha un valore inifinito, ma il suo valore si risolve nell'appartenere alla collettività.
  5. La storia, supremo emergere, massima condensazione del reale, è appunto lotta di classe, lunghissimo conflitto tra oppressori e oppressi, destinato a concludersi con la finale vittoria degli oppressi, il proletariato, che con una rivoluzione violenta spezzerà le proprie catene e instaurerà una società di perfetta e totale attuazione dei bisogni umani.

la storia

Per Marx essa è sempre (se si eccettua una fase comunitaria primordiale, sulla quale egli non si sofferma, e che svolge il ruolo di originaria tesi, in senso hegeliano, per potervi contrapporre poi l'antitesi della storia come lotta di classe e il comunismo come sintesi finale) stata determinata dalla lotta di classe: così egli rilegge episodi della storia antica, come lo scontro tra patrizi e plebei nella Roma repubblicana, come documentazione di tale tesi. Così vi sarebbe stata, a suo parere, una lotta di classe anche tra «servi della gleba e feudatari, tra garzoni e maestri di bottega», rispettivamente nell'Alto e nel Basso Medioevo. Così, soprattutto, vi è stata lotta di classe tra la borghesia capitalistica e il proletariato operaio nel capitalismo moderno.

Lotta di classe significa strutturale e necessaria contrapposizione di interessi inconciliabili, non componibili: ciò che va bene agli uni non può andare bene agli altri, necessariamente. Non si tratta, per il discepolo di Hegel, di una situazione contingente, superabile con della buona volontà. Né si tratta di una situazione che possa mutare a seconda dei diversi luoghi o dei diversi tempi: sempre, ovunque e necessariamente c'è stata (e ci sarà, fino a che non si instaurerà il comunismo) lotta di classe.

un uomo senza lacrime

In questa idea di lotta di classe si vede il peso dell'eredità hegeliana in Marx: la realtà è dialettica, cioè contrapposizione, ma la contrapposizione dialettica (che vuol dire anche sofferenza, inquietudine, impossibilità di essere in pace con gli altri) non deve essere vista, nel maestro come nel discepolo, come lacerante ferita, ma come un dato di cui prendere atto con volontaristica fermezza: Hegel e Marx hanno radicalmente bandito il pianto, il loro sguardo alla realtà è programmaticamente senza lacrime. Perciò è disumano.

Non c'è dunque neutralità possibile, nel valutare qualsivoglia problema: o si sta con gli oppressi o si sta con gli oppressori (è quasi una trascrizione laica, e atea, della radicalità evangelica: “o con Me o contro di Me”). Non si può ad esempio dire di una politica economica che è “buona”, in assoluto: se lo sarà per gli uni, non lo sarà per gli altri.

verso lo smascheramento finale

L'analisi marxiana della storia si sofferma, come del resto è logico, sulle ultime epoche, sinteticamente il feudalesimo medioevale e il capitalismo moderno.

Egli, anche qui hegelianamente, ritiene che la storia abbia un senso, e sia orientata a una perfezione finale, raggiungibile però solo attraverso il “purgatorio” dell'antitesi: occorre che l'umanità passi attraverso il fuoco della contraddizione spinta al suo parossismo, perché possa poi, proprio grazie a tale esasperazione, far leva su di essa per attuare quella rivoluzione destinata a portarlo al comunismo.

In questo senso il capitalismo moderno ha avuto il merito, rispetto al feudalesimo, di chiarire i termini reali del rapporto di classe: se nel Medioevo ci poteva essere ancora qualche incertezza sul carattere di sfruttamento degli uni sugli altri, dato che le classi allora dominanti amavano presentarsi come animate da nobili e disinteressati intenti, preoccupate del bene comune più che di sé stesse, con il capitalismo lo sfruttamento ha tolto la maschera e si è svelato in tutta la sua cruda brutalità.

La borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria. Dove ha raggiunto il dominio, la borghesia ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l'uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo "pagamento in contanti". Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco, della malinconia filistea. Ha disciolto la dignità personale nel valore di scambio e al posto delle innumerevoli libertà patentate e onestamente conquistate, ha messo, unica, la libertà di commercio priva di scrupoli. In una parola: ha messo lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido al posto dello sfruttamento mascherato d'illusioni religiose e politiche.

Se anche la condizione della classe sfruttata è in tal modo peggiorata, ciò deve essere visto come la necessaria premessa alla rivoluzione.

l'analisi del capitalismo nei Manoscritti

Secondo Marx il lavoratore, nella società capitalistica, subisce una quadruplice forma di alienazione:

  1. del prodotto che gli è estraneo e anzi nemico: l'oggetto che il lavoro produce, il prodotto del lavoro, si contrappone ad esso come un essere estraneo;
  2. dell'attività lavorativa, forzata e costrittiva, strumento per fini estranei: il lavoro è esterno all'operaio, cioè non appartiene al suo essere, e quindi nel suo lavoro egli non si afferma, ma si nega, si sente non soddisfatto, ma infelice, non sviluppa una libera energia fisica e spirituale, ma sfinisce il suo corpo e distrugge il suo spirito. Perciò l'operaio solo fuori del lavoro si sente presso di sé; e si sente fuori di sé nel lavoro. è a casa propria se non lavora; e se lavora non è a casa propria. (...) La sua estraneità si rivela chiaramente nel fatto che non appena vien meno la coazione fisica o qualsiasi altra coazione, il lavoro viene fuggito come la peste.;
  3. della sua stessa realtà, dato che questa realtà è essenzialmente capacità produttiva, prassi; ne segue che il lavoratore si sente bestia quando dovrebbe sentirsi uomo, cioè sul lavoro, mentre si sente uomo quando dovrebbe sentirsi bestia, cioè nelle attività comuni agli animali, come mangiare e procreare, che restano gli unici spazi non alienati;
  4. del rapporto con gli altri: il lavoro estraniato strappando all'uomo l'oggetto della sua produzione, gli strappa la sua vita di essere appartenente ad una specie.

l'analisi del capitalismo nel Capitale

1. Marx ritiene che debba essere problematizzato il concetto di merce, che l'economia classica dava come ovvio; e per definire esattamente il concetto di merce, egli distingue due tipi di valore che la contraddistinguono:

Potremmo definire il valore d'uso come v. teleo-logico (da telos=fine) e il valore di scambio il v. archeo-logico (da archè=origine) di una merce. In effetti secondo Marx non vi è necessaria coincidenza tra v. d'uso e v. di scambio: in parole povere una cosa può anche essere di grande utilità e costare poco, e viceversa. Che cosa allora determina il valore di scambio?

Marx non ha dubbi: è la quantità di lavoro necessario a produrlo. Quanto maggiore sarà stato il lavoro, tanto maggiore sarà il valore di scambio, cioè il prezzo, della merce prodotta.

Obiezione: il lavoro è un fattore che determina il prezzo, non l'unico, e non necessariamente il principale. Un bozzetto fatto da Leonardo o da Picasso vale miliardi, anche se è stato frettolosamente realizzato in pochi minuti; viceversa un lavoro che abbia richiesto anni e anni di fatica, ma non sia "apprezzato" dal mercato (come una pittura fatta da un non artista, sia pure a prezzo di immani sforzi) non varrà comunque niente.
Nel costo della merce giocano infatti più fattori di quanti non pensasse Marx:
  • la disponibilità e il valore delle materie prime (un diamante vale comunque tanto, anche se il lavoro richiesto alla sua commercializzazione fosse minimo)
  • il lavoro, ma non solo nella sua quantità, quanto piuttosto nella sua qualità, nella capacità di fare un buon prodotto
  • l'apprezzamento del mercato, cioè la legge della domanda e dell'offerta, inclusa la dimensione della "pubblicità", cioè la capacità di rendere attraente una merce (a nulla vale fare molta fatica, per produrre un oggetto che il mercato non richiede, o che è già offerto in quantità superiore alla domanda)

2. Egli ritiene poi di individuare lo specifico modo con cui il capitalismo affronta il rapporto tra merce e denaro contrapponendolo alle società precapitalistiche:

Marx fissa la sua attenzione sul fatto che nel ciclo D-M-D, tipico del capitalismo, il capitale finale (D') è maggiore di quello inizialmente investito (D), e si chiede da dove provenga questo surplus, che egli chiama plusvalore.

Il plusvalore non può venire dallo scambio, egli argomenta, in quanto lo scambio si fonda sul principio di eguaglianza. Perciò egli ritiene che non a livello dello scambio, ma a livello della produzione si situi l'origine del plusvalore. Ovvero il capitalista defrauda, non occasionalmente o contingentemente, il lavoratore salariato, ma strutturalmente e necessariamente: lo defrauda considerando il suo lavoro non, come è davvero, il fattore che dà valore (la differenza tra v. d'uso e v. di scambio) alla merce, ma come merce, come una merce accanto ad altre; considera cioè il suo lavoro come forza-lavoro, pagandone solo il necessario alla sopravvivenza fisica.

Obiezione: ciò che Marx trascura nell'analizzare il concetto di plusvalore è che

il comunismo

la rivoluzione

La storia è necessariamente incamminata verso questa meta finale, di perfezione suprema, il comunismo, un tipo di società in cui l'umanità sarà perfettamente realizzata e avrà finalmente estirpato il male. Si tratta appunto, hegelianamente, di un cammino necessario e non di un ideale volontaristicamente applicato a una realtà che potrebbe anche rivelarsi refrattaria ad esso.

Ma per arrivare al comunismo occorrerà abbattere il capitalismo, ultima fase della storia come lotta di classe, mediante una rivoluzione: non è infatti possibile migliorare (progressivamente) il capitalismo, usare le forme del capitalismo per riempirle di contenuti socialisti; le forme non sono neutrali, lo Stato è Stato borghese (sovrastruttura). Capitalismo e comunismo sono due totalità organiche che non possono che essere alternative. Occorre abbattere, distruggere, superare il capitalismo per instaurare un nuovo tipo di società radicalmente diverso. E ciò non può che avvenire con una rivoluzione.

Rivoluzione significa necessariamente violenza, scorrimento di sangue? In qualche raro passo, ad esempio in un discorso commemorativo dell'insurrezione polacca nel 1867, Marx auspica un possibile passaggio pacifico al comunismo, al governo del proletariato:

è possibile - diceva - che la lotta tra lavoratori e capitalisti sia meno terribile e meno sanguinosa della lotta tra signori feudali e borghesia in Inghilterra e in Francia.

E concludendo i lavori dell'Internazionale ad Amsterdam sosteneva che non neghiamo che esistano dei paesi come l'America, l'Inghilterra e ... l'Olanda, in cui i lavoratori possono raggiungere il loro scopo con mezzi pacifici.

Tuttavia se si guarda la logica complessiva di Marx, il suo hegelismo per cui si può arrivare alla sintesi solo attraverso l'antitesi, che è negazione, rottura e quindi anche possibile violenza, e quanto da lui espressamente affermato in più parti, risulta difficile pensare che ci possa essere un passaggio rivoluzionario verso il comunismo senza una componente violenta: si tratta di spezzare e abbattere una potenza, il capitalismo, che difficilmente potrebbe non opporre resistenza al proprio abbattimento.

la dittatura del proletariato

Si capisce in questa ottica anche il concetto di dittatura del proletariato: una volta fatta la rivoluzione il potere andrà tenuto, per qualche tempo, in modo repressivo e dispotico. Bisogna infatti mettere in conto la reazione dei capitalisti, che cercheranno in ogni modo di riprendersi il potere, e che andranno repressi con la massima energia e spietatezza. Tale dittatura sarà tanto più legittima e accettabile in quanto dittatura non più di una minoranza (di oppressori) sulla maggioranza (di oppressi), ma dittatura della maggioranza (di ex-oppressi) su una minoranza (di ex-oppressori). Si tratterà comunque di una fase transitoria, la cui durata peraltro non è fissata in modo preciso, né lo potrebbe essere: durerà tutto il tempo necessario per sradicare definitivamente e profondamente il capitalismo e la sua mentalità, estirpando così il male dal cuore dell'uomo, per cui si arriverà al comunismo, come società senza Stato e senza bisogno di alcuna repressione.

i tratti del comunismo

Come sarà la società comunista? Marx non si diffonde in particolari, ed è anche qui la sua differenza rispetto al pensiero utopico. Del comunismo realizzato abbiamo solo dei tratti molto generali: sarà una società in cui il male sarà totalmente vinto, l'ingiustizia e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo radicalmente eliminati, e tolto il bisogno di costrizione e di controllo (sarà senza Stato).

è prevedibile che prima di arrivare a tale perfetto comunismo si passi attraverso una prima fase di comunismo rozzo, in cui la proprietà non sarà radicalmente abolita, ma solo trasferita alla comunità, allo Stato, per cui tutti saranno dei salariati di quell'unico, ultimo grande capitalista che sarà la collettività statale. Occorrerà superare questa fase per arrivare a un assetto radicalmente nuovo, a un uomo nuovo, onnilaterale e totale, in cui la società chieda a ciascuno a seconda delle sue capacità e dia a ciascuno secondo i suoi bisogni.

cenni sulle interpretazioni di Marx

cenni storici

Engels (in AntiDühring, 1878, Dialettica della natura, postumo, L.Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, 1888) sistematizzò Marx, ricorrendo a Hegel e all'evoluzionismo: nella dialettica vide la legge di ogni realtà.

Marx venne avvicinato all'evoluzionismo positivistico, ad esempio da K.Kautsky (K.Marx oeconomische Lehren, 1887).

Da altri invece fu avvicinato a Kant (visto come correttivo di Hegel, come imperativo morale): così lo interpretò l'austromarxismo, di indirizzo socialdemocratico; ad esempio Max Adler (Marx als Denker, 1908; Kant und marxismus, 1925), Eduard Bernstein (Com'è possibile un socialismo scientifico, 1901), Karl Vorländer (Kant und Marx, 1926, sintesi del kantismo marxista).

Nella filosofia italiana fu centrale il rapporto con Hegel, visto in negativo da G.Gentile (La filosofia di Marx, 1895) e B.Croce (Materialismo storico ed economia marxista, 1927): per loro Marx è un hegeliano inconseguente (e per Croce nemmeno un filosofo, a differenza di Gentile), mentre tale rapporto va visto positivamente per Gramsci: Marx fu inveratore di Hegel, che pur superò.

nodi interpretativi

il rapporto struttura/sovrastruttura

Alcuni marxisti, come Lenin e Stalin, lo hanno visto in modo meccanico, come automatico riflesso dell'ambito economico su quello culturale;

altri, come Gramsci e Lucacs, hanno cercato di dare qualche spazio di autonomia alla dimensione culturale e intellettuale.

il rapporto con Hegel

Secondo alcuni, come abbiamo qui sopra accennato, esso sarebbe decisivo in Marx: il vero Marx è quello, più filosofico, della fase iniziale;

secondo altri il pensiero più autentico di Marx è quello del Capitale, la sua produzione ultima, più “scientifica”.

il rapporto con la religione

Benché Marx abbia espressamente definito la religione come oppio del popolo, vi è stato chi ha cercato di operare una conciliazione tra la sua concezione e il punto di vista religioso, come Ernst Bloch, Roger Garaudy o la Teologia della liberazione.

Per un giudizio

meriti

limiti

🤔 Quick test

Per Marx

Per Marx l'errore principale di Hegel

Per Marx Feuerbach

Il capitalismo per Marx

Il comunismo proposto da Marx

📖 Testi on-line

di Marx

su Marx


[1] Si veda, su questo punto, ma anche su Marx nel suo insieme, di G.Cottier, L'ateismo del giovane Marx, Vita e Pensiero, Milano 1978.

[2] Si veda tra l'altro il libro della Osipova sulle persecuzioni in URSS, qui recensito . Ma si vedano ancora i magistrali lavori di Solgenitsin, a partire dal suo, troppo misconosciuto, Arcipelago Gulag.

📚 Bibliografia essenziale

Direttamente collegato a Marx è il fenomeno storico del comunismo (in Russia ed Est Europa, Cina e altre parti del mondo).