Il colonialismo spagnolo

Una “leggenda nera”

il problema

In occasione del cinquecentenario della scoperta dell'America si erano già accese vivaci polemiche sul modo, violento, con cui gli europei, e soprattutto gli spagnoli avevano colonizzato il Nuovo Mondo. Il tema degli errori del colonialismo europeo ha continuato ad essere sotto i riflettori, soprattutto nell’ambito della cultura progressista, ed è nuovamente esploso nel corso delle grandi manifestazioni Black Lives Matter, scatenate dalla ennesima uccisione di un George Floyd, ucciso per soffocamento il 25 maggio 2020. Il presidente Trump difese l'operato della polizia e non concesse nulla alle ragioni degli afroamericani, limitandosi a invocare «Law and Order»afroamericano da parte della polizia statunitense. Le imponenti manifestazioni dei Black Lives Matter trovarono larga eco e largo consenso in tutto il mondo civile (invalse per qualche tempo l'usanza di inginocchiarsi in pubblico, in onore delle vittime del suprematismo bianco), ma esse, partite da una condivisibile esigenza di giustizia, finirono col degenerare, talora, in eccessi, tra cui appunto la distruzione di statue di chiunque fosse anche solo lontanamente sospettabile di connivenza con un suprematismo razzista. E tra le vittime di questa degenerazione ci furono anche statua decapitata di Colombo
La statua decapitata di Cristoforo Colombo nel Columbus Park a Boston - 11 giugno 2020
statue di Cristoforo Colombo
, con annessa contestazione dei festeggiamenti per la scoperta dell'America, il Columbus Day.

Ora, se occorre riconoscere che ci furono sbagli, anche gravi, da parte europea (occidentale), e che spesso continuano ad esserci, come nel caso della troppo frequente (se paragonata con quanto accade con malavitosi di pelle bianca) uccisione di afroamericani, occorre tenere conto di tutti i fattori. Soprattutto per quanto riguarda la colonizzazione spagnola del Nuovo Mondo, che è stata caratterizzata anche da errori gravi, ma che deve essere compresa nella sua complessità e nel paragone con altre forme di colonialismo, non poi meno colpevoli.

gli europei? in buona compagnia

Anzitutto va notato come sia toccato all'Europa unificare il mondo; all'Europa e non alla Cina, all'India, al Giappone, all'Islam, o ad altre civiltà. Per cui noi, quando parliamo di colonialismo, vediamo essenzialmente il colonialismo europeo. In realtà esistono altre esperienze di colonialismo: si pensi ai Babilonesi, ai Fenici, più ancora ai Persiani, in qualche modo agli stessi la “Magna Grecia”, il dominio dei Greci in Sud Italia, può essere considerata in qualche modo una colonia grecaGreci, fino a giungere alla durevole e importante esperienza dell'Impero Romano, e senza dimenticare che anche gli Arabi hanno invaso e colonizzato aree molto vaste, e così pure i Mongoli, e in qualche modo qualcosa del genere, su scala più ridotta è avvenuto anche con i Cinesi.

schiavisti arabi

lo schiavismo fu praticato anche da arabi, islamici

Ma nello stesso contenente americano Aztechi, Maya e Incas avevano sottomesso altri popoli. E non è che li trattassero proprio “coi guanti bianchi”, vista la prassi degli Aztechi e dei Maya di usarne come serbatoio per i sacrifici umani (molto ben fatto in questo senso è il film copertina del DVDacquistalo su AmazonApocalypto, di Mel Gibson).

Questo ci dice che, purtroppo da che mondo è mondo, è più la colonizzazione che un incontro paritetico ad aver caratterizzato il rapporto tra due civiltà di dispari livello di sviluppo.

E' quindi giusto riconoscere tutti i limiti della colonizzazione europea (delle Americhe e non solo). Ma sarebbe ingenuo credere che senza l'espansione coloniale europea il mondo sarebbe stato un paradiso di fraternità, fatto di popoli pacifici, ognuno pago dei suoi confini.

Certo, l'Europa aveva un motivo in più, rispetto ad altre civiltà, per estendere la sua influenza al mondo intero, dato che il Cristianesimo, che è a fondamento dell'Europa, ha una vocazione universalistica, che si radica nella credenza di essere investito di un compito da parte nientemeno che del Creatore di tutto. Perciò si trova nel suo DNA l’aspirazione a diffondersi “sino ai confini del mondo”. Ma questo l'Europa l'aveva in comune con l'Islam, con il quale era in atto una lotta micidiale per l'egemonia: anche la civiltà islamica, infatti, per la sua vocazione universalistica, l'Islam non può in effetti essere visto come “Sud” del mondo, ma come un Nord mancato: avrebbe voluto, ma non ha potuto assoggettare a sé l'Europa e il mondo intero. Dovette accontentarsi di sottomettere l'intero Nord Africa e ampie zone dell'Africa orientale e dell'Asia che si affacciano sull'Oceano Indiano, era giunto a espandersi dal Senegal all'Indonesia, dall'Ungheria al Mozambico. E non è detto che se l'egemonia fosse arrisa ad altri, il destino del mondo sarebbe stato migliore.

la colonizzazione spagnola

Com’è noto il nuovo mondo venne scoperto da un cattolico, Cristoforo Colombo, per conto di uno stato che si autodefiniva “cattolicissimo”, la Spagna. E di tale vantaggio iniziale le potenze cattoliche, Spagna e Portogallo si avvalsero quanto poterono, per colonizzare la maggior parte del Nuovo Mondo, dalla Florida alla Terra del Fuoco, conquistando aree civilizzate e soprattutto, ricche di metalli preziosi.

Come accennavamo sopra, il modo con cui è avvenuta tale colonizzazione è stato fatto oggetto di spietate critiche, per la (talora reale o, spesso, presunta) brutalità soprattutto dei conquistadores spagnoli nei confronti di una civiltà già abbastanza avanzata ed evoluta, come quella degli Aztechi e degli Incas.

La sottolineatura degli errori spagnoli, che pure ci sono stati, ha conosciuto punte di asprezza accusatoria non esattamente disinteressata e spesso fortemente unilaterale. Per capirne il motivo, va tenuta presente la rivalità di Olanda e Inghilterra nei confronti della Spagna, e questo spiega perché è soprattutto grazie a tali paesi se, nei secoli moderni, si è alimentata una leggenda nera antispagnola (e anticattolica): è facile pensare che Olanda e Inghilterra abbiano mal digerito di non essere arrivate per prime nel Nuovo Mondo e abbiano cercato, col demolire la Spagna, di legittimare un loro subentrare al posto degli spagnoli. In tempi più recenti la leggenda nera è stata rialimentata da tutti coloro che, per un motivo o per l'altro, odiano l'idea di America latina, con una sua identità specifica, distinta dall'America anglosassone. Ad esempio, molte lobbies statunitensi, non da oggi, considerano come fumo negli occhi il radicamento del cattolicesimo in America latina, perché questo fornisce alla gente un criterio con cui contestare l'idea, protestante e anglosassone, di un individualismo esasperato e volto al solo profitto individuale.

appunti per un giudizio

1. Contro una affrettata unilateralità

Non vogliamo difendere alcuna forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo né alcuna violenza. Ma proprio per questo riteniamo doveroso fornire elementi per un giudizio completo sulla vicenda della colonizzazione dell'America latina, troppo spesso deformata, per aver voluto considerare solo le colpe degli spagnoli, che sono diventati così un comodo capro espiatorio.

In effetti è molto diffusa una idea caricaturale di spagnoli come ottusi, brutali e feroci, mentre si tende più facilmente a minimizzare gli errori del colonialismo di altri Paesi europei, come inglesi, olandesi e portoghesi. Abbiamo già osservato che questa operazione presenta i tratti di una interessata propaganda.

2. Colpe non solo spagnole

La spagna è stato il primo, ma non l'unico Paese europeo a colonizzare il Nuovo Mondo. Vi sono stati anche inglesi, francesi (nel Nord e Centro America), olandesi e portoghesi (nel Sud America).

Vi è un primo limite nei coloni di religione protestante, quali erano molti degli inglesi e degli olandesi; si tratta di un limite teorico, certo, ma che ha quasi certamente avuto degli influssi pratici notevoli: l'idea di predestinazione, per cui è in qualche modo possibile sapere già in questa vita chi si salverà e chi si dannerà (dopo la morte). È molto facile che da questa idea si passi a considerare sé stessi come gli cioè coloro che sono da Dio destinati al Paradiso, alla felicità eterna dopo la morteeletti, e gli altri, tanto più se molto diversi da sé, come cioè destinati, dopo la morte, alla dannazione eternareprobi. E da questo dualismo è molto facile che si passi poi a ritenersi legittimati a trattare questi altri, in qualche modo maledetti da Dio, in modo sprezzante e magari anche brutale. Perciò era facilmente estranea, ai coloni protestanti, l'idea di convertire e integrare gli cioè i popoli che abitavano il Nuovo Mondo prima dell'arrivo degli europeiamerindi; era più facile pensare a una loro insuperabile irrecuperabilità.

nativi pellerossa in battaglia contro soldati USA

nativi pellerossa in battaglia contro soldati USA

Se consideriamo ad esempio la sorte toccata ai “pellerossa” negli USA, non abbiamo grandi esempi di rispetto nei loro confronti e nei confronti della loro cultura. Ancora negli anni '60 del Novecento i films western raffiguravano gli “indiani” come cattivi e infingardi, immancabilmente sconfitti, con grande sollievo dello spettatore, dai bianchi buoni. Certo, da un certo punto in poi la coscienza è maturata: basti vedere un film come copertina del DVDacquistalo su AmazonBalla coi lupi, dove l'altro, l'indiano, è visto come un mondo da scoprire e con cui si possono intrecciare rapporti di recirpioca fiducia.

In ogni caso, chi ha praticato la schiavitù fino al 1860 non è stata la Spagna, ma gli Stati Uniti d'America. E chi ha discriminando i neri con l'Apartheid fino a pochi anni fa, fino alla fine del '900 non è stata la Spagna, ma il Sudafrica anglosassone. Potremmo anche ricordare la definizione del popolo inglese, a cui era fiero di appartenere, come una “razza estirpatrice”, che non si mescola ai popoli assoggettati, ma ne elimina brutalmente la cultura e sa mantenere le distanze non è stato uno spagnolo, ma un inglese, Charles Dilke (nel suo celebre Greater Britain).

3. Le colpe della colonizzazione spagnola

Va anzitutto tenuto presente che tra gli spagnoli era diffusa la convinzione, tipicamente cattolica, che non sia possibile sapere in questa vita chi sia eletto e chi no, e quindi era predominante, pur tra mille errori, l'idea di convertire e integrare gli indios.

a. Non ci può essere stata una volontà di sterminio

Da questo discende che se vi fu, nei primi tempi della presenza spagnola nel Nuovo Mondo, un elevato tasso di mortalità tra gli amerindi, ciò non deve essere spiegato con una volontà di eliminazione, che sarebbe stata impensabile dati i presupposti teorici condivisi tra gli spagnoli.

Si guardi a tal riguardo la percentuale di discendenti degli abitanti originari nei paesi latinoamericani (i morenos). La seguente tabella confronta la percentuale di discendenti di abitanti originari in diversi paesi del Nuovo Mondo (fonte ADN-Kronos):

comparazione popolazione nei paesi colonizzati dalle varie potenze europee nel 1990
  paese colonizzatore % amerindi % meticci % europei % discendenti di schiavi (africani o altro)
Messico Spagna 39% 60% 9%  
Perù Spagna 45% 37% 15%  
Haiti Francia 0% 0% < 5% 95%
Brasile Portogallo <3%      
Guyana br. Inghilterra 0% 0% <4% 96%
Stati Uniti Inghilterra <1% ? 85% ca. 12% ca.

I dati dicono in modo sufficientemente chiaro che l'intento della Spagna non poteva essere lo sterminio dei popoli amerindi, altrimenti mai la percentuale di discendenti di tali popoli non potrebbe essere così elevata. È piuttosto nei Paesi colonizzati da altri popoli europei che abbiamo una ridotta presenza di discendenti degli antichi abitanti delle Americhe.

Documento inequivocabile di un atteggiamento non razzista è anche l'esistenza di una ampia percentuale di meticci, nati dai matrimoni misti, tra europei e indios. Anche qui erano piuttos altri europei, soprattutto di matrice protestante, a disdegnare i matrimoni misti, per i motivi sopra accennati.

Ma allora come spiegare una certa implosione demografica tra gli amerindi, verificatasi nei primi tempi del dominio spagnolo? Essenzialmente per motivi involontari, ossia uno choc microbico, il contagio di malattie portate dagli europei, e che, sostanzialmente innocue per loro, si rivelarono invece letali per molti indios; certo, a questo concorrevano anche ritmi lavorativi eccessivamente pesanti imposti, in un primo tempo, dagli spagnoli: e qui non c'è dubbio che di grave colpa si tratti. Ma non certo di volontà di sterminio.

la cattedrale di Città del Messico
la cattedrale di Città del Messico

b. La cultura: solo in parte devastata

Certamente gli spagnoli sono stati distruttivi nei riguardi delle religioni amerindie. ma se guardiamo ad altri aspetti culturali, come l'arte e la musica, possiamo notare come la cultura latinoamericana abbia recepito non poco della cultura indigena. Nei paesi di civiltà ispanica si è infatti creata una nuova cultura, in cui elemento originario ed elemento europeo si sono fusi.

Simbolo di tale fusione, a chiunque guardi con prospettiva di fede è il miracolo della Madonna di Guadalupe: la Madre di Dio appare appunto nella sembianza di una meticcia, profezia di un incontro positivo e arricchente tra due mondi e due culture.

c. Capacità autocritica

Soprattutto nei primi decenni della presenza coloniale spagnola si Da chi sappiamo degli abusi degli spagnoli? Dagli spagnoli stessi, e in particolare da padre soprattutto con la sua Brevísima relación de la destrucción de las Indiascompra su Amazon (testo italiano)Bartolomeo de Las Casas: segno che per loro non era affatto giusto maltrattare gli indios. Inglesi e olandesi sfruttarono poi tali documenti per fini propagandistici antispagnoli.

Bisogna in effetti distinguere le responsabilità della Corona di Spagna, che cercò sempre di tutelare i diritti umani dei popoli assoggettati, avendo come fine la loro conversione al Cattolicesimo, dalle colpe di certi avventurieri spagnoli, andati nel Nuovo Mondo per avidità di ricchezze e di potere.

Quanto Carlo V tenesse ad evitare la brutalità nei confronti degli Indios lo si vede dalla posizione che assunse nel dibattito, avvenuto davanti a lui per appurare la verità di quanto stava accadendo nel Nuovo Mondo, tra Bartolomeo de Las Casas e Juan Gines de Sepulveda.

3. Paradisiaca innocenza degli Imperi precolombiani?

Certe asprezze degli spagnoli vanno inquadrate nel contesto storico di allora. Non tutti gli indios erano creature paradisiacamente innocue: pensiamo soprattutto ai sacrifici umani.

raffigurazione di sacrificio umano
raffigurazione di sacrificio umano

Ricerche attendibili attestano come cifra plausibile di sacrifici umani la bellezza di 50.000 vittime all'anno (almeno in certi anni). Basta del resto guardare qualche immagine delle divinità azteche per rendersi conto della ferocia sanguinaria che da esse promanava. Non per nulla i popoli assoggettati dagli Aztechi, che fornivano il "materiale umano" di tali sacrifici furono ben contente di potersi unire agli Spagnoli per liberarsi da un giogo così disumano, contribuendo in modo non secondario alla vittoria spagnola.

Riportiamo qui un brano in proposito

"Collocatisi tutti e sei dinnanzi all'idolo, genuflettevano e si disponevano intorno alla pietra piramidale convessa che [...] era collocata davanti alla porta della camera dell'idolo. Questa pietra era talmente incurvata, che collocando su di essa di spalle colui che doveva essere sacrificato, il suo corpo si piegava in due, in modo che lasciato cadere il coltello sul suo petto esso si apriva a metà con grande facilità. Dispostisi ordinatamente questi sacrificatori, prendevano tutti quelli che avevano catturato in guerra ed erano stati destinati al sacrificio per quella data festa e, dietro scorta di molte persone armate, li facevano salire per quella lunga gradinata ai piedi della palizzata, tutti in fila e completamente nudi. Subito scendeva un dignitario del tempio nominato per svolgere quel compito, e portando in braccio un idoletto [...] lo mostrava a coloro che si avviavano a morire.
Quindi andavano tutti dietro di lui e, giunti al luogo dove erano pronti i sacrificatori, questi ultimi afferravano una alla volta le vittime umane: due la prendevano per i piedi due per le mani e poi la collocavano supina sull'anzidetta pietra angolare mentre il quinto sacrificatore poneva alla gola della vittima il collare di legno. Quindi con rapidità straordinaria il sommo sacerdote le apriva il petto, le strappava il cuore con le mani e lo mostrava al sole. Si volgeva poi verso l'idolo e gli cospargeva il volto di sangue. Frattanto il corpo del sacrificato rotolava giù dai gradini del tempio con gran facilità, in quanto la pietra del sacrificio era collocata così vicino alla gradinata, che non distava dai primo gradino più di due piedi: bastava un calcio per buttar giù i cadaveri. è in tal modo che sacrificavano i prigionieri di guerra. Una volta giunti i corpi ai piedi della scala, coloro che li avevano catturati li afferravano, se ne spartivano le carni e le mangiavano, e così celebravano la festività.

Per pochi che fossero i sacrificati erano almeno quaranta o cinquanta ogni volta, dal momento che vi erano dei guerrieri assai abili nel catturare i nemici. [...] Finiti i sacrifici, subito uscivano i ragazzi del tempio preparati come si è già detto, tutti in ordine e in fila gli uni di fronte agli altri, e danzavano e cantavano al suono di un loro tamburo in onore della solennità e del dio che celebravano. Al loro canto rispondevano tutti i nobili, gli anziani e i maggiorenti, danzando nel cerchio da essi formato, costituendo uno splendido colpo d'occhio secondo il loro costume, tenendo sempre nel mezzo fanciulli e fanciulle. A tale spettacolo assisteva l'intera popolazione della città. Questo giorno del dio Huitzilopochtli era una festa di precetto assai osservata in tutta la regione."

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