Dionigi lo pseudo-Areopagita

il Mistero: al di là di ogni nostro concetto

Perché “pseudo”?

Diciamo qualcosa anzitutto sul nome: perché lo pseudo-Areopagita? Perché, mentre niente ci obbliga a pensare che il suo nome non fosse Dionigi (quindi chiamarlo pseudo-Dionigi può valere al massimo come abbreviazione), è invece appurato che l'autore di cui qui parliamo non è, come invece per lungo tempo (nel Medioevo) si credette, quel Dionigi che incontrò l'apostolo Paolo all'Areopago di Atene, cioè Dionigi l'Areopagita. Che non lo sia è provato dalle conoscenze che il nostro autore dimostra di avere, soprattutto riguardo alla filosofia neoplatonica, come non avrebbe potuto avere un autore del I sec. d.C., in cui invece va collocato il vero Areopagita.

Perché allora si è creato questo equivoco? Si tratta fondamentalmente di determinare se lo pseudo-Dionigi, che pare sia vissuto tra il V e il VI sec. d.C., ma della cui vita si sa pochissimo, debba essere considerato un astuto simulatore, che avrebbe perfidamente costruito il mito di una falsa identità, per attribuirsi così una enorme autorevolezza (avendo conosciuto S.Paolo) o no.

Appare al riguardo interessante e autorevole la tesi di H.Urs von Balthasar che vede in lui un autore assolutamente incapace di architettare un simile inganno, e spiega piuttosto l'equivoco con la grande umiltà del monaco Dionigi, che lo ha trattenuto dal fornire particolari autobiografici precisi, e ha così reso possibile l'equivoco. Tale tesi appare preferibile a quella di una intenzionale finzione, in quanto lo pseudo-Dionigi è certamente un autore sinceramente e anzi fortemente credente, a cui perciò sembra non potersi attribuire una volontà gravemente fraudolenta.

📔 Opere principali di Dionigi lo pseudo-Areopagita

titolo originale titolo tradotto anno
Περὶ τῆς Οὐρανίας ἹεραρχίαςLa gerarchia celeste (De coelesti Hierarchia)[data incerta]
Περὶ τῆς Ἐκκλησιαστικῆς ἹεραρχίαςLa gerarchia ecclesiastica (De ecclesiastica Hierarchia)[data incerta]
Περὶ Θείων ὈνομάτωνI nomi divini (De divinis Nominibus)[data incerta]
Περὶ Μυστικῆς ΘεολογίαςLa teologia mistica (De Mystica Theologia)[data incerta]

la teologia negativa

Dio come Mistero ineffabile

Dionigi è il primo a tematizzare in modo sistematico l'apofatismo, ovvero a elaborare una "teologia negativa".

il raggio che irrompe nelle tenebre (skotous aktis)
luce che irrompe nelle tenebre: come la nostra attuale conoscenza.

In sintesi ciò significa che è molto di più ciò che di Dio, Mistero infinito, non possiamo conoscere, che non ciò che di Lui possiamo conoscere.

La sua teologia si scandisce in tre momenti:

  1. teologia katafatica (o positiva): il Mistero è conoscibile mediante i suoi effetti, cioè la creatura, che Gli è in qualche modo simile; analogamente dai figli si può capire qualcosa dei genitori (per una certa qual  somiglianza di tratti somatici e temperamentali), o dalle opere di un autore (letterario, o musicale, o figurativo) si può capire qualcosa dell'autore. Non a caso i critici d'arte sanno riconoscere un'opera dalla contestata "paternità", analizzando l'opera stessa, e vedendo se è, ad esempio, un Modigliani oppure no.
    in questo senso possiamo dire che Dio è tutto ciò che nel creato è perfezione: ad esempio vita, piuttosto che morte, potenza, piuttosto che impotenza, intelligenza, amore, libertà, giustizia.
  2. teologia apofatica (o negativa): le perfezioni che attribuiamo a Dio non sono tali quali le conosciamo nella nostra esperienza di creature: tra Creatore e creatura vi una distanza infinita, dunque una dissimiglianza maggiore della somiglianza;
    in questo senso possiamo dire che Dio è non-vita, non-potenza, non-intelligenza etc., nel senso che non è tali perfezioni come le conosciamo noi.
  3. teologia superlativa: il Mistero ha in sè tutte le perfezioni presenti nel creato (katafatismo), ma non quali le conosciamo noi (apofatismo), bensì in grado infinitamente perfetto; in questo senso possiamo dire che Dio è super-vita, super-potere, super-intelligenza etc.

importanza esistenziale

"Le mie vie non sono le vostre vie.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
le mie vie vie sovrastano le vostre vie." (Is, 55,8)

monaci in chiosto
Il senso del mistero genera umiltà e silenzio:

L'apofatismo dice che Dio è Mistero. Ne segue che misterioso è anche il suo operare. Dio non opera come opereremmo noi, creature dall'intelligenza finita, limitata. La sua intelligenza, per così dire, è infinitamente superiore alla nostra. Perciò il Mistero vede come anche ciò che a noi, a prima vista, non sembra utile, o sembra addirittura negativo, sia invece, tutto considerando, utile e positivo.

Anche la malattia, anche i terremoti, anche le inondazioni -in una parola il male, e non solo quello naturale, ma anche quello umano, storico- concorre, in un modo misterioso alla nostra debole e limitata intelligenza, a un Bene ultimo.

L'apofatismo insomma è una radicale contestazione all'idea che la ragione umana sia la misura di tutte le cose, come pensavano i sofisti e come avrebbe pensato la modernità antropocentrica, a partire da Cartesio. Ed è un antidoto alla classica e ricorrente obiezione del male ("Si Deus est, unde malum?", per cui Dio o non sarebbe onnipotente o non sarebbe buono): non c'è contraddizione tra l'esistenza di un Mistero creatore infinitamente potente e buono e il male. Ci sarebbe contraddizione solo tra il male e un "dio" pensato come un ... "super-uomo", come una entità a misura d'uomo, come un essere che pensasse bassamente, secondo categorie limitate e corte, tipiche di una intelligenza finita, e non di Quella infinita.

Quindi l'apofatismo, esistenzialmente, ci dice: "non scandalizzatevi se le cose vanno diversamente da come le fareste andare voi. Voi infatti non avete un intelletto infinito". Non è buia (cioè assurda) la realtà, è buio (perché limitato) il nostro sguardo sulla realtà. Quando, se Dio vorrà, vedremo tutto, nella Luce totale del Mistero infinito, allora capiremo il perché di tutto quanto è accaduto, e come lo stesso male ha finito col concorrere al bene: omnia propter electos.

la gerarchia come struttura dell'essere

l'ordinata, adorante liturgia cosmica

A Dionigi va anche riconosciuta una importanza decisiva nella elaborazione di una compiuta angelologia, con la delineazione, nel De coelesti hierarchia, di una gerarchia dei puri spiriti divenuta poi classica: angeli, arcangeli, principati (ordine inferiore), dominazioni, virtù, potestà (ordine intermedio), cherubini, serafini, troni (ordine superiore, prima gerarchia, più vicina a Dio).

Dio, principio supremo e Padre, illumina le creature di grado inferiore, e si partecipa loro, attraverso quelle di grado superiore, affinché tutte le creature assomiglino il più possibile al Creatore:

«Lo scopo della gerarchia è quello di realizzare per quanto possibile la somiglianza a Dio».

A questa celeste gerarchia corrisponde, nella grande armonia del cosmo creato dal Mistero ineffabile, una gerarchia ecclesiastica (titolo di un'altra opera di Dionigi), garanzia certa di nesso con l'Eterno.

Così, l'uomo che abbia il cuore semplice, non deve arrabattarsi in complicate e sterili ricerche: gli è dato, per grazia, di inserirsi dentro una grande liturgia cosmica, già immersa nella Luce della eterna liturgia di pacifica e gioiosa adorazione del Mistero del Dio Unitrino.

Per un giudizio

😃 Fondamentale l'elaborazione dell'apofatismo, che aiuta a impostare correttamente la risposta a una delle maggiori obiezioni all'esistenza del Mistero, di Dio.

Rawls

😧 In Dionigi difetta quello che per la cultura occidentale, da S.Agostino in poi, è diventata una componente essenziale, la storia: l'immagine del mondo che egli trasmette è quella di una contemplante, pacificata adorazione liturgica.
Ma, se tale concezione può integrare la frenesia attivistica tipicamente occidentale, non può eliminare il senso drammatico della storia come lotta.

📖 Testi on-line

Identità e Differenza di Dio

Il Medesimo è soprasostanzialmente eterno, invariabile, rimane sempre in se stesso, è sempre nella stessa maniera e si mantiene ugualmente presente a tutte le cose, collocato egli stesso per se stesso e da se stesso stabilmente e intemeratamente nei bellissimi confini di un'Identità soprasostanziale, senza cambiamento, senza perdita, inflessibile, invariabile, non mescolato, immateriale, semplicissimo, senza bisogno, senza crescita, senza diminuzione, senza nascita: non nel senso che non sia ancora creato o che sia incompiuto (...) ma congiunge gli esseri gli uni con gli altri, in quanto abbondante e causa di identità che contiene in antecedenza in sé, alla stessa maniera, anche le cose contrarie secondo una sola ed unica Causa sovraeminente di tutte l'identità. (Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, IX, 4, 912 B-C, trad. di P. Scazzoso) Τὸ δὲ ταὐτὸν ὑπερουσίως ἀΐδιον, ἄτρεπτον, ἐφ’ ἑαυτοῦ μένον, ἀεὶ κατὰ τὰ αὐτὰ καὶ ὡσαύτως ἔχον, πᾶσιν ὡσαύτως παρὸν καὶ αὐτὸ καθ’ ἑαυτὸ ἐφ’ ἑαυτοῦ σταθερῶς καὶ ἀχράντως ἐν τοῖς καλλίστοις πέρασι τῆς ὑπερουσίου ταὐτότητος ἱδρυμένον, ἀμετάβλητον, ἀμετάπτωτον, ἀῤῥεπές, ἀναλλοίωτον, ἀμιγές, ἄϋλον, ἁπλούστατον, ἀπροσδεές, ἀναυξές, ἀμείωτον, ἀγένητον, οὐχ ὡς μήπω γενόμενον ἢ ἀτελείωτον ἢ ὑπὸ τοῦδε ἢ τόδε μὴ γενόμενον, οὐδ’ ὡς μηδαμῆ μηδαμῶς ὄν, ἀλλ’ ὡς ὑπὲρ πᾶν ἀγένητον καὶ ἀπολύτως ἀγένητον καὶ ἀεὶ ὂν καὶ αὐτοτελὲς ὂν καὶ ταὐτὸν ὂν καθ’ ἑαυτὸ καὶ ὑφ’ ἑαυτοῦ μονοειδῶς καὶ ταὐτοειδῶς ἀφοριζόμενον καὶ τὸ ταὐτὸν ἐξ ἑαυτοῦ πᾶσι τοῖς μετέχειν ἐπιτηδείοις ἐπιλάμπον καὶ τὰ ἕτερα τοῖς ἑτέροις συντάττον, περιουσία καὶ αἰτία ταὐτότητος ἐν ἑαυτῷ καὶ τὰ ἐναντία ταὐτῶς προέχον κατὰ τὴν μίαν καὶ ἑνικὴν τῆς ὅλης ταὐτότητος ὑπερέχουσαν αἰτίαν.


Dio è Alterità per il fatto che mediante la sua provvidenza è presente a tutti e si fa tutto in tutti per la salvezza di tutti, rimanendo in se stesso e fermo nella sua propria identità, mantenendosi secondo un'azione unica e ininterrotta e dandosi con una forza che non viene mai meno per la deificazione di quelli che si rivolgono a lui. Bisogna credere che la diversità delle figure varie di Dio secondo le multiformi apparizioni indicano qualche cosa di diverso da ciò che appaiono per coloro ai quali appaiono (...). Ora guardiamo la stessa Diversità divina, non come un mutamento entro l'Identità inconvertibile, ma come Unità di lui capace di moltiplicarsi e procedimenti della fecondità che produce tutti gli esseri. Τὸ δὲ ἕτερον, ἐπειδὴ πᾶσι προνοητικῶς ὁ θεὸς πάρεστι καὶ «πάντα ἐν πᾶσι» διὰ τὴν πάντων σωτηρίαν γίγνεται μένων ἐφ’ ἑαυτοῦ καὶ τῆς οἰκείας ταὐτότητος ἀνεκφοιτήτως κατ’ ἐνέργειαν μίαν καὶ ἄπαυστον ἑστηκὼς καὶ ἑαυτὸν ἐπιδιδοὺς ἀκλίτῳ δυνάμει πρὸς ἐκθέωσιν τῶν ἐπεστραμμένων. Καὶ τὴν ἑτερότητα τῶν ποικίλων τοῦ θεοῦ κατὰ τὰς πολυειδεῖς ὁράσεις σχημάτων ἕτερά τινα τοῖς φαινομένοις, παρ’ ὃ φαίνονται, σημαίνειν οἰητέον. (...) Νῦν δὲ αὐτὸ τὴν θείαν ἑτερότητα μὴ ἀλλοίωσίν τινα τῆς ὑπερατρέπτου ταὐτότητος ὑποπτεύσωμεν, ἀλλὰ τὸν ἑνιαῖον αὐτοῦ πολυπλασιασμὸν καὶ τὰς μονοειδεῖς τῆς ἐπὶ πάντα πολυγονίας προόδους.

(Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, IX, 5, 912 D - 913 B, trad. di P. Scazzoso)