la crisi del papato nel tardo medioevo

Il tardo medioevo vede il declino dei due poteri universalistici, che avevano dominato la scena nel pieno medioevo, Impero e Papato, mentre emergono nuove potenze, quelle degli stati nazionali, Francia, Inghilterra e poi Spagna (Aragona e Castiglia).

Sintomatico dei tempi nuovi, alla fine del '200 lo scontro non è più tra papato e impero, ma tra papato e Francia.

lo scontro tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello

Paradossalmente era stato lo stesso papato, in funzione anti-imperiale, a rafforzare la Francia, (nel 1263 papa Urbano IV scomunicò Manfredi e assegnò il regno di Sicilia a Carlo d'Angiò).

Non sarebbe passato molto tempo e il Papato si sarebbe dovuto accorgere che la monarchia francese era diventata un potere più forte e pericoloso di quello imperiale.

Lo scontro avvenne tra papa Bonifacio VIII e Filippo IV il Bello (1285/1314).

Da una parte c'era il crescente rafforzamento della monarchia francese, che stava limitando il potere dei grandi feudatari con politiche sempre più accentratrici; tali politiche richiedevano però maggiori introiti fiscali, che la Corona realizzò, con una politica fiscale più pesante e giungendo anche, con Filippo il Bello a tassare il clero (1296), con mossa inaudita per i tempi, senza previa consultazione e approvazione papale.

Arnolfo di Cambio, monumento a Bonifacio VIII, Firenze
Bonifacio VIII

Bonifacio VIII

Il papa, Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, papa dal 1294 al 1303) reagì con grande durezza invitando il clero a resistere a tale imposizione e si aprì perciò un braccio di ferro con Re di Francia.

La concezione di Bonifacio era decisamente teocratica, più ancora di quella di Innocenzo III, ma mentre quest'ultima era supportata da un effettivo potere, la teocrazia di papa Bonifacio era un vistoso anacronismo, perché egli non aveva neanche lontanamente quel potere. A farlo illudere sul suo effettivo potere concorse anche il massiccio afflusso di pellegrini a Roma, per il giubileo del 1300, il primo nella storia della Chiesa. Ma in realtà tali pellegrini cercavano un vantaggio spirituale per le loro anime, senza perciò essere ancora disposti a concedere alla Chiesa un diritto a influire in modo determinante nelle cose della politica.

Documento della teocrazia di Bonifacio VIII è la bolla Unam sanctam (1302), nella quale si affermava la netta sottomissione del potere temporale a quello spirituale, in particolare al papa: la Chiesa ha una sola testa.

Filippo il Bello

Il re di Francia giocò bene le sue carte: fece appello al consenso della nazione, convocando gli Stati generali (fu la loro prima convocazione), quello che si configurava come il parlamento di allora, una assemblea dei rappresentanti della nazione, divisi nei tre ordini, clero, nobiltà e borghesi (il terzo stato), e ottenendone l'approvazione della sua politica, col riconoscimento che il potere del monarca derivava direttamente da Dio, senza mediazione papale.

Inoltre Filippo fece un uso molto abile della propaganda, mediante opuscoli, volantini, manifesti, che venivano diffusi capillarmente in tutto il regno. Ne conseguì una approvazione della sua politica da parte di gran parte della popolazione.


La vicenda si concluse con al sostanziale vittoria del Re di Francia, che non diede tempo al papa di usare l'arma, ancora temibile, della scomunica, delegando ai nemici del papa, i Colonna, il compito di catturarlo. Addirittura Sciarra Colonna lo schiaffeggiò (si parla dell'oltraggio di Anagni, luogo dove esso si consumò). Il Papa non resse all'umiliazione e pochi mesi dopo morì.

l'esilio avignonese (1309/76)

S.Caterina da Siena (Duccio di Boninsegna)
S.Caterina da Siena

Gli effetti della accresciuta potenza francese non tardarono a farsi sentire: il papa che succedette a Bonifacio VIII fu un francese, Clemente V (1305/14), che trasferì la sede papale ad Avignone, circondato dal territorio del regno di Francia. Era un chiaro sintomo della crisi del papato e della sua soggezione alla corona francese.

Nel periodo (esilio, o anche cattività) avignonese i papi non abdicarono mai alla limpidezza dottrinale, del resto questo al Re di Francia non importava, ma furono comunque impacciati nelle loro scelte pratico-disciplinari, disturbati dalla volontà di compiacere il Re, mettendo in ombra il carattere universalistico, e perciò sovranazionale, del carisma petrino.

Un altro effetto negativo dell'esilio avignonese fu che la curia pontifica, anch'essa ovviamente trasferitasi in Francia, vide aumentare molto la sua dimensione burocratica e mondana: crebbero le spese della curia, e per sopperire a tale aumentata necessità il Papato aumentò la richiesta di decime e contributi dal mondo cristiano in tutta Europa, provocando il risentimento del popolo.

La fine dell'esilio avignonese fu in gran parte merito di una santa italiana, Caterina da Siena, che si prodigò instancabilmente, per lettera e per presenza fisica, per convincere il papa, Gregorio XI, a tornare a Roma.

Nel 1376, perciò, Gregorio XI, anche su pressioni di Caterina da Siena, riporta la sua sede a Roma.

il dopo-Avignone

lo scisma d'Occidente (1378/1417)

A Gregorio XI succede nel 1378 Urbano VI, italiano (napoletano), eletto però su pressione della piazza che reclamava appunto un italiano. I cardinali francesi non ci stanno e si trovano a Fondi per eleggere un antipapa, ossia Clemente VII, che torna ad Avignone: è l'inizio dello scisma d'Occidente.

col Papa di Roma con l'antipapa di Avignone
Germania, Inghilterra, Fiandre, Polonia, Ungheria, stati italiani (eccetto gli Angiò a Napoli) Francia, regni iberici, Scozia

In tale torbida situazione fiorirono le teorie conciliariste, secondo cui l'autorità suprema nella Chiesa non spetta al Papa, ma al Concilio, che riunendo tutti i vescovi godeva di infallibilità. Era una teoria influenzata dalla idee di Marsilio da Padova, che vedeva non in Dio la fonte del potere, ma nel popolo, nella universitas fidelium, una concezione democratica (e democraticistica in quanto applicata anche alla Chiesa).

la soluzione

Nel 1409 si tentò una soluzione col Concilio di Pisa, che elesse un nuovo Papa, che finì coll'aggiungersi agli altri due: lo scisma, invece che risolversi, si era aggravato.

il Concilio di Costanza (1414-18)

Riuscì a far abdicare i tre Papi eleggendo Martino V (Colonna, 1417/31), che venne unanimemente riconosciuto.

Il dato nuovo fu che vi si votò non più per testa, ma per nazione: sintomo della ormai grande importanza delle identità nazionali.

Vi venne condannato Jan Hus (1369/1415), che ingenuamente aveva pensato di trovarvi spazio per le sue idee. Hus, analogamente a John Wycliff, minimizzava la differenza tra clero e laicato, riduceva il valore e l'importanza dei sacramenti, dal clero amministrati, e sosteneva che la Bibbia dovesse essere letta (e interpretata) da tutti i credenti; infine egli affermava il valore piuttosto della chiese nazionali che di quella cattolica, universale. Per tali idee, giudicate come ereticali, egli venne arso sul rogo.