Il positivismo in Inghilterra

dall'illuminismo al positivismo

In Inghilterra tale passaggio fu più continuativo che altrove, come esemplifica la figura di Jeremy Bentham, nel quale si congiungono tali due indirizzi culturali.

Bentham (1748/1832)

Sostenne una concezione utilitaristica, secondo cui il criterio etico è fornito non da qualche assoluto (la legge morale, il fine ultimo, il Bene, il dovere) ma dalla utilità, ossia dalla ricerca del piacere e dalla fuga dal dolore. La felicità consiste esaurientemente nella presenza del piacere: Bentham perciò nega l'esistenza di una felicità spirituale (la si chiami beatitudine, se riferita all'eterno, o gioia, letizia, se riferita al presente).

La vita morale allora si riduce a un calcolo (quantitativo: una vera e propria aritmetica morale) dei piaceri: si tratta di calcolare ciò che ci assicurerà il massimo del piacere, non solo e non tanto immediato, però, con minimo del dolore (che potrebbe derivare dalle nostre scelte).

L'ideale politico allora è quello di assicurare il massimo della felicità (nel senso sopra visto) al maggior numero di individui: non esiste bene comune, né alcun assoluto etico-politico, esistono solo gli interessi, le utilità individuali.

Bentham sostenne anche idee molto vicine al Beccaria, come l'importanza della certezza della pena, piuttosto che la sua severità, e l'opportunità di restringere il più possibile l'uso della pena capitale. Fu anche fautore del suffragio femminile e di un certo egualitarismo (riguardo alla successione criticò l'idea di ereditarietà, proponendo consistenti imposte di successione), pur avanzando forti critiche alla Rivoluzione francese, per la sua impostazione totalizzante e il suo rifarsi a un diritto naturale (inesistente per Bentham).

Malthus

limitazione delle nascite

L'esperienza smentisce Malthus: si è visto che la limitazione della procreazione è effetto del benessere, mentre non si è mai visto un caso in cui essa ne fosse causa. Non si può chiedere ai poveri, per i quali i figli sono un aiuto economico, di limitare le nascite, mentre spontaneamente, quanto più si diffonde il benessere, diventando i figli un capitolo di spesa invece che di guadagno, si verifica una diminuzione del tasso di natalità.

Thomas Robert Malthus (1766/1834) è celebre per le sue teorie contro l'incremento demografico, da lui visto come causa di gravi mali. Nell'Essay on the Principles of Population, 1798 sostenne che mentre la popolazione tende a crescere con progressione di tipo geometrico, le risorse alimentari e in genere i mezzi di sussistenza crescono solo con una progressione di tipo aritmetico, più lenta e incapace di tenere il ritmo con la prima.

Ne consegue un crescente aumento della miseria, per l'incapacità delle risorse di fronteggiare i sempre maggiori fabbisogni della popolazione. Il modo migliore per affrontare tale problema allora non è quello di aiutare i poveri, incoraggiandoli così a procreare, ma dissuaderli dal fare (troppi) figli. La limitazione delle nascite dunque sarebbe la soluzione alla miseria.

David Ricardo (1772/1823)

Con Adam Smith è uno dei maggiori economisti “classici” inglesi. In lui affiora la convinzione, che poi sarebbe stata radicalizzata da Marx, che nella società capitalistica vi sia una inevitabile componente di conflitto.

Esso è presente anzitutto tra i fruitori di rendita fondiaria e le altre classi, in quanto i primi riescono, senza lavorare, a guadagnare sempre di più dal semplice possesso di una terra che l'aumento della popolazione rende più preziosa per assicurare l'approvvigionamento alimentare. Per questo Ricardo sostiene le ragioni della borghesia imprenditoriale contro i proprietari terrieri, la cui rendita andrebbe smantellata.

Ma un conflitto è presente anche tra la borghesia e i lavoratori: l'interesse degli uni, il massimo profitto, confligge con l'interesse degli altri, un aumento del salario.

Lo sguardo di Ricardo sulla società è così venato di (cauto) pessimismo.

James Mill (1773/1836)

Si rifece all'utilitarismo di Bentham, di cui fu segretario e collaboratore: la ragione per essere altruisti, atteggiamento indispensabile per la socialità, è l'egoismo, ci conviene infatti fare del bene agli altri, sperandone un ritorno.

A fondamento di tale utilitarismo Mill pose una gnoseologia associazionistica ed empirista: la base in cui si può risolvere tutta la conoscenza umana sono le sensazioni.

reazioni conservatrici

Possiamo ricordare le reazioni antiutilitaristiche e antiassociazionistiche di personaggi come Coleridge e Carlyle.

Samuel Taylor Coleridge (1772/1834), nel suo Constitution of Church and State, 1830, deplorò la crisi di valori che affligge la società moderna per colpa dell'Illuminismo e propose, per superarla, un ritorno ai valori cristiani, quali permeavano la vita nel Medioevo.

Thomas Carlyle (1795/1881), storico e filosofo della storia, nel suo On Heroes, Hero-Worship and Heroic in History, 1841, indicò nel meccanicismo e nell'utilitarismo dei mali della propria epoca, in contrapposizione ai quali esaltò la figura dell'eroe, come individuo eccezionale, portatore dei grandi valori dell'umanità e strumento della provvidenza che guida la storia.

pensatori maggiori

Ne parliamo in pagine a parte