Napoleone

tratti generali

Napoleone Bonaparte (1769-1821) diventa un “astro” di primaria grandezza nel seguito immediato della Rivoluzione francese, di cui egli può ancora essere considerato come un sostanziale prolungamento. In effetti egli si pone in sostanziale continuità con la Rivoluzione, che del resto aveva conosciuto diverse fasi, tra loro tutt'altro che omogenee.

Si può dire che egli sia in continuità con i contenuti essenziali della Rivoluzione francese, ossia le idee di eguaglianza e libertà, mentre è in discontinuità, peraltro più apparente che reale, con la forma, che era repubblicana per la Rivoluzione, mentre diventa monarchica al culmine dell'esperienza napoleonica.

aspetti cronologici

La fortuna di Napoleone, ciò che gli permise una ascesa rapida e sfolgorante, fu la situazione di guerra insuperabile, in cui si trovava la Francia anche nella fase finale della Rivoluzione, quella del Direttorio. Pur essendo il governo francese in tale fase senza paragone più moderato di quanto non lo fosse durante il periodo giacobino, e pur essendo venuta del tutto meno la sanguinarietà che aveva caratterizzato il Terrore, i governi monarchici di tantissimi paesi europei consideravano impossibile venire a patti con un regime che aveva posto fine alla monarchia, e che quini poteva diventare di esempio anche per gli altri paesi d'Europa. Perciò il Direttorio dovette affrontare un continuo stato di guerra con le maggiori potenze europee.

la 1a campagna d'Italia (1796/97)

Napoleone, in tale contesto, “nasce” anzitutto come militare, guidando vittoriosamente la prima campagna d'Italia (1796/97). Lì quello che avrebbe dovuto essere un fronte secondario, di alleggerimento del fronte che si riteneva principale, quello sul Reno, diventa invece teatro di successi militari clamorosi. Napoleone non si limita a tenere gli austriaci “un po' impegnati”, ma li sconfiggere sonoramente e li incalza avanzando minacciosamente verso Vienna, e li costringe così a siglare il trattato di Campoformio; un trattato molto vantaggioso per la Francia: nascono in Italia le prime “Repubbiche sorelle”, in primo luogo la Repubblica Cisalpina, egemonizzate dai francesi e imitatrici del modello rivoluzionario.

la campagna d'Egitto (1798/99)

La sua popolarità era tale, da spingere un Direttorio, che la temeva, a inviarlo lontano dalla Francia: ed ecco la campagna d'Egitto (1798/99), fatta peraltro anche per sconfiggere, o almeno danneggiare, l'ultimo importante nemico della Francia repubblicana, l'Inghilterra, recidendo un importante punto di passaggio verso l'India e l'Oriente. Qui Napoleone riesce a vincere, ma solo per terra (con la prima della quale, la mattina del 21 luglio 1789, Napoleone esortò i suoi soldati con la celebre frase: “Soldati, dall'alto di queste piramidi, quaranta secoli [di storia] vi guardano.” («Soldats, songez que, du haut de ces pyramides, quarante siécles vous contemplent»)battaglia delle piramidi), mentre gli inglesi, sperimentata potenza dal greco θάλασσα (thàlassa), cioè mare, per cui talassocrazia significa dominio del mare; così fu definita per la prima volta la potenza di Creta, per la sua egemonia sull'Egeotalassocratica, avevano la meglio sul mare; e infatti riescono a distruggere la flotta francese ancorata ad Abukir.

Primo Console

Nonostante quelle che in Egitto fosse stato un (vittorie sulla terraferma, ma sconfitta sul mare)mezzo fallimento, Bonaparte, tornato in una Francia a cui l'incerta guida del Direttorio andava ormai troppo stretta, riesce a farsi accogliere come vittorioso e a porre fine al Direttorio: con il colpo di stato del 18 brumaio 1799 instaura una nuovo costituzione (la Costituzione dell'anno VIII della Rivoluzione, secondo il calendario rivoluzionario, che datava come suo inizio il 22 settembre 1792, poco dopo la proclamazione della Repubblica) anno VIII) e si fa nominare “Primo Console” (gli altri consoli erano Sieyès e Roger-Ducas), una carica che gli garantiva poteri amplissimi.

Già in questa modalità “golpistica” (per quanto poi legittimata da un un plebiscito è un ricorso al voto popolare per approvare o respingere una certa decisione politica, una sorta di referendum: quindi formalmente è una forma di democrazia diretta, ma di fatto, sostanzialmente si usa questo termine, invece del termine referendum, proprio per indicare la natura ingannevole della consultazione, che avviene in modo fortemente pilotato da chi ha il potere, a) con una campagna elettorale a senso unico e b) un sistema di voto dove le opposizioni non hanno alcun potere efficace di controllo sulla reale trasparenza delle operazioni elettorali; nel caso del plebiscito sulla Costituzione dell’anno VIII i sì furono circa 3 milioni, mentre i no solo poco più di 1500 «no». Tuttavia il voto era palese, e ad esso non parteciparono oltre 4 milioni di cittadini che ne avevano diritto.) di prendere il potere, si vede l'indole a diritto poco decisionistica del Bonaparte, desideroso di concentrare il potere nelle sue mani.

la 2a campagna d'Italia (1800/01)

Le potenze monarchiche nel frattempo erano tornate alla carica contro la Francia repubblicana, avevano rovesciato le filofrancesi “repubbliche sorelle” e organizzato una Seconda Coalizione per abbattere, con Napoleone, il focolaio rivoluzionario.

Ma anche questa volta, grazie alla seconda campagna d'Italia, il Bonaparte ebbe la meglio (in particolare con la vittoria di Marengo, giugno 1800), riacquistando l'egemonia sull'Italia del centro-nord (ristabilite le repubbliche giacobine) e acquisendo i territori ad Ovest del Reno.

l'apogeo del potere napoleonico: politica interna

Forte delle nuove vittorie contro la 2a coalizione, Bonaparte consolida il suo potere:

David, l'incoronazione di Napoleone
David Napoleone si incorona imperatore, alla presenza del Papa

l'apogeo del potere napoleonico: politica internazionale

una cartina dell'Europa a inizio '800
L'Europa era in gran parte soggetta al dominio o all'egemonia napoleonica

Al momento del suo apogeo, dopo aver con le battaglie di Austerlitz e Ulma, mentre unica sconfitta francese fu per mare, a Trafalgar ad opera dell'ammiraglio inglese Horatio Nelson, Napoleone controllava, direttamente o indirettamente, buona parte (!) dell'Europa:

A contrastare Napoleone a questo punto restavano solo Inghilterra e Russia.

il “blocco continentale”

Contro la prima, che egli non riusciva a sconfiggere per mare, data la maggior potenza navale britannica, e che solo per qualche tempo si illuse di poter invadere, egli attuò il blocco continentale. Deciso nel 1806, e inasprito nel 1807, avrebbe dovuto mettere in ginocchio l'Inghilterra, implacabile nemica di Napoleone. Di fatto non venne osservato scrupolosamente, e comunque finì col favorire il commercio francese con gli altri paesi europei sottomessi, ma creò in questi un crescente malcontento.

resistenze non statali: le insorgenze

Ma non furono solo degli Stati a contrastare il dominio napoleonico, che si configurava come pretenzioso nella sua volontà di cambiare profondamente e (un po' troppo) rapidamente le cose, rovesciando tradizioni secolari. Vi fu il fenomeno delle “insorgenze”, resistenze armate di tipo asimmetrico contro i regimi istituiti dal Bonaparte. La parola guerriglia, che è di origina spagnola, nasce appunto nella Spagna di quegli anni, che vede nascere tale fenomeno; si tratta di un conflitto asimmetrico, dove a scontrarsi non sono due eserciti “regolari”, perché i guerriglieri non hanno forza militare sufficiente per affrontare in campo aperto il nemico, e quindi attuano delle azioni di disturbo “mordi e fuggi”, causando comunque danni anche seri all'esercito ufficiale. Da notare che può esistere guerriglia solo se la popolazione di quel paese è in gran parte favorevole ai guerriglieri, altrimenti le delazioni dissanguerebbero le fila dei guerriglieri.

Tra i paesi che conobbero delle insorgenze abbiamo appunto la Spagna, il Tirolo, col mitico personaggio di Andreas Hofer, e il Sud Italia, dove operarono i “sanfedisti”.

declino e fine della potenza napoleonica

Dato che col blocco continentale Napoleone non era riuscito a piegare l'Inghilterra, decise di smantellare almeno la potenza dell'altro grande paese che non si era piegato alla sua egemonia, la Russia.

la campagna di Russia

La Russia in effetti si era smarcata dall'alleanza con la Francia, rifiutandosi di applicare il blocco continentale.

Napoleone, raccolta una Grande Armée di 650.000 uomini, solo la metà francesi, equipaggiata per una breve campagna, attaccò la Russia a inizio estate 1812.

la ritirata dalla Russia
Adolf Northen: tragicità della ritirata di Russia

I russi praticarono la tattica della terra bruciata, distruggendo ogni possibile fonte di approvvigionamento, attirando i francesi sempre più in profondità nel loro vastissimo territorio, senza mai affrontali in campo aperto. Napoleone non si preoccupò di curare gli approvvigionamenti né di consolidare la conquista ai lati della linea di avanzamento.

Una battaglia, nella avanzata, fu a Borodino, 12 settembre 1812, dove i russi furono sconfitti, e pochi giorni dopo Mosca cadde in mano a Napoleone, per essere in gran parte distrutta ben presto da un enorme incendio. Lo zar però non intavolò trattative con quello che considerava l'Anticristo.

Napoleone dovette quindi, in ottobre, ordinare la ritirata, che si rivelò catastrofica. Il freddo, la fame, gli attacchi dei cosacchi, sfibrarono l'esercito; in particolare la traversata del fiume Beresina si rivelò un disastro.

prima fine di Napoleone

Nel 1813 le principali nazioni europee si ri-coalizzarono contro Napoleone (l'Austria solo dopo il fallimento del tentativo di mediazione di Metternich) e lo sconfissero a Lipsia (16-8 ottobre 1813: battaglia delle nazioni), ricacciando i francesi sempre più indietro fino ad occupare Parigi, nel marzo 1814.

Il 6 aprile Napoleone abdicò, e andò in esilio sull'isola d'Elba, mentre sul trono di Francia tornava un Borbone, Luigi XVIII.

i 100 giorni e la fine definitiva

Nel marzo 1815 Napoleone, informato del malcontento antiborbonico di contadini (che temevano un ripristino dei prelievi feudali) ed ex-soldati, sbarca in Francia e rapidamente riprende il potere. Ma si trattò di un fuco di paglia, che durò solo dal 1 marzo 1815 al 18 giugno del medesimno anno, perché le nazioni europee lo riaffrontarono e lo sconfissero definitivamente a Waterloo (pronuncia) il 18 giugno 1815.

Morirà a S.Elena, nel mezzo dell'Oceano Atlantico, prigioniero degli inglesi, il 5 maggio 1821.

nodi tematici

politica interna: contenuti

Napoleone favorì, anche nella fase imperiale, i valori individualistici della Rivoluzione Francese, con cui fu quindi in sostanziale continuità.

È vero che da un lato egli cercò di smorzare quelle asprezze rivoluzionarie, che poteva essere controproducenti.

D'altro lato , nella sostanza, Napoleone riprese i contenuti della Rivoluzione francese.

politica internazionale: la guerra

La forza di Napoleone era:

La Francia fornì a Napoleone tra il 1800 e il 1812 2 milioni di soldati.

sinossi cronologica
1769 (15.8) nasce ad Ajaccio
1785  luogotenente di artiglieria
1796/97 1a campagna d'Italia
1798/99 campagna d'Egitto
1799/1804 Console
  • colpo di stato del 18 brumaio 1799, la Costituzione dell'Anno VIII istituisce un triumvirato con Sieyès e Roger-Ducas
  • 1802: Costituzione dell'Anno X: N. primo console a vita
1800/01 2a campagna d'Italia sconfitta la 2a coalizione
1804 Imperatore
1805 vittoria sulla 3a coalizione battaglie di Austerlitz e Ulma, unica sconfitta francese Trafalgar ad opera di Nelson nascono il *Regno d'Italia, e i troni di *Napoli e *Spagna sono affidati a Murat e a Giuseppe Bonaparte
1806/7 vittoria sulla 4a coalizione
1812/13 campagna di Russia a Lipsia (ott. 1813) Napoleone è sconfitto: nel marzo 1814 Parigi è occupata, in aprile N. abdica
1815 i 100 giorni

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Per un giudizio

il suo rapporto con la Chiesa

«Fu vera gloria?» si chiedeva Manzoni nel
Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,

Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:

Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.

Dall’Alpi alle Piramidi,
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.

Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;

Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,
La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.

Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;

Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!

E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;

E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desidéri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre
La gloria che passò.


Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Chè più superba altezza
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.

Manzoni era cattolico, ma il suo giudizio su Napoleone, pur prudente («ai posteri l'ardua sentenza»), lascia intravvedere più di uno spiraglio di luce, in quanto nel 5 maggio immagina un Bonaparte che non solo, alla fine della sua vita, si apre alla Grazia (si china «al disonor del Golgota»), ma che già durante la sua stessa intera vita non viene (dal poeta) rappresentato come meritevole di alcuna categorica condanna.

Che dire? Da un punto di vista cristiano su Napoleone grava in effetti il peso di essersi spesso posto contro molto clero del suo tempo, incluso il Sommo Pontefice, sia pure in modalità più attenuata di quanto avesse fatto la fase giacobina della Rivoluzione.

La valutazione di quanto di questa ostilità fosse ostilità alla fede in quanto tale (e magari a Colui che è Oggetto della fede) dipende dalla valutazione di quanto il clero dell'epoca fosse davvero fedele al Vangelo sulle questioni politiche, che erano poi le uniche che interessavano al Bonaparte in quanto politico.

Io penso che, se la Chiesa era sostanzialmente fedele al Vangelo nell'annuncio della fede (ma anche lì ci sarebbe molto da dire, per il modo naturalisticamente e moralisticamente riduttivo con cui la fede veniva presentata), , le scelte di gran parte della gerarchia per quanto concerne la politica erano tutt'altro che prive di difetti. Erano infatti troppo spesso dettate da una volontà di compiacere i forti e i potenti di questo mondo.

Quindi, in sintesi, senza voler “santificare” il Bonaparte va riconosciuto che una parte non piccola della sua avversione alla Chiesa di allora avrebbe benissimo potuto essere avversione non alla fede, ma al modo, tutt'altro che adeguato, con cui essa veniva presentata.

i diritti umani

Senz'altro positivo è invece il giudizio che mi sentirei di dare sulla affermazione, limpida in Bonaparte (perché poi, in pratica, egli si impossessò, ad esempio, di beni artistici che non erano, di diritto, francesi)almeno in teoria), dei diritti umani, in particolare quelli delle minoranze che erano state in precedenza vessate o comunque discriminate (come Ebrei, protestanti, schiavi ecc.): si tratta di una giusta affermazione del principio di eguaglianza degli esseri umani, che è in fondo una eredità del Cristianesimo.