l'eredità hegeliana

Hegel esercitò sulla cultura filosofica tedesca una influenza notevole. Le principali cattedre universitarie di filosofia vennero occupate da suoi seguaci già lui vivo. Dopo la sua morte coloro che dicevano di rifarsi a lui si divisero in due grandi correnti, che vennero chiamate, a partire da D.F. Strauss, Destra e Sinistra hegeliane.
Indichiamo nel seguente schema i punti di divergenza tra tali due correnti.

Principali differenze

  sinistra destra
Problema teologico Immanenza di Dio Trascendenza di Dio
Problema politico Rivoluzione (sottolineando l'importanza della storia e della dialettica in Hegel) Conservazione (interpretando la frase hegeliana: “tutto ciò che è reale è razionale” come giustificazione dell'esistente)

Per una valutazione:

Sul piano politico ha ragione la Destra: Hegel non ebbe un atteggiamento rivoluzionario, ma di legittimazione dell'esistente, conservatore.
Sul piano teologico però era la Sinistra a cogliere con più esattezza l'intendimento di Hegel, che ritiene la filosofia superiore alla fede, e le affida il compito di spiegare esaurientemente i dogmi, oltre il senso che la tradizione cristiana ne aveva avuto fino allora.

la Destra

Fu la corrente che incise di meno sulla storia della filosofia. Ricordiamo almeno i nomi di Karl-Friedrich Göschel (1781/1861), che scrisse Sulle prove dell'immortalità dell'anima umana alla luce della filosofia speculativa (1835) e Aforismi sul non sapere e sull'assoluto sapere (in cui difendeva il soprannaturale), di Kasimir Conradi (1784/1849), autore di Immortalità e vita eterna (1837) e di Georg Andreas Gabler (1786/1853).

A questa area appartennero pure degli storici della filosofia come Johann Eduard Erdmann (1805/92) e Kuno Fischer (1824/907), a cui si devono importanti e celebri monografie su filosofi moderni e sugli idealisti.

Come abbiamo detto, fu in modo forzato che il pensiero di Hegel venne recepito come compatibile con la fede tradizionale, e quindi con la trascendenza di Dio, che invece egli, per il suo panteismo, rifiutava. Tuttavia sul piano politico questa corrente fu più fedele della "Sinistra" agli intendimenti di Hegel.

la Sinistra

Fu la corrente che produsse una qualche originalità di riflessioni, peraltro di bassa levatura teoretica. D'altra parte la Sinistra hegeliana deve essere ricordata come l'ambito in cui fiorirono le filosofie di Feuerbach e di Marx, la cui importanza storica è ben nota

Elenchiamo in breve i suoi principali esponenti.

David Friedrich Strauss (1808/74)

Studiò a Tubinga, e a Berlino ascoltò Hegel (1831). Ne La vita di Gesù (Leben Jesus) nega la piena storicità dei Vangeli: ciò che essi narrano di soprannaturale è solo un mito (diverso dalla leggenda, che ha almeno un riferimento a fatti storici, per quanto deformati): non esprimono un fatto, ma un'idea, che nasce da una attesa umana. Gesù in effetti non era Dio, e il senso del dogma della incarnazione è solo che l'umanità coincide con Dio.

In questo senso, hegelianamente, Strauss pur sottolineando anzitutto e soprattutto la differenza di forma tra Cristianesimo e filosofia (l'uno basato sul mito, l'altra sulla ragione, ingannevole nella sua espressione il primo, veritiera la seconda), afferma anche una identità di contenuto ultimo tra religione (cristiana) e ragione: ossia l'unità tra umano e divino. Il Cristianesimo la afferma sotto una forma mitologica, ma pur sempre la afferma.

Heinrich Heine (1797/856)

Poeta, sostenne la necessità che i Tedeschi, dopo la rivoluzione intellettuale cominciata con Lutero e compiuta da Hegel, dovessero attuare anche una rivoluzione politica.

Arnold Ruge (1802/80)

Diresse (dal 1838 al '41) gli Hallische Jahrbücher, pubblicazione che divenne l'organo della Sinistra hegeliana (cambiò nome dopo che Ruge dovette lasciare Halle per Dresda, si chiamò poi Deutsche Jahrbücher, 1841-3). Contribuì a spostare l'asse della riflessione della Sinistra hegeliana sul tema politico, lasciando in secondo piano quello teologico.

Nella sua critica anticonservatrice finì con lo staccarsi dallo stesso Hegel, da lui accusato, ne La filosofia del diritto hegeliana e la critica del nostro tempo, di aver indebitamente cristallizzato le forme politiche a lui contemporanee, fornendo loro una surrettizia legittimazione. Per queste posizioni si incontrò con Marx, con cui collaborò agli Annali franco-tedeschi dal '43 al '44, e dovette ben presto prendere la via dell'esilio, in Francia e Svizzera prima, in Inghilterra dopo un breve ritorno in Germania, nel '48. Nel suo esilio inglese tuttavia si avvicinò progressivamente alla linea politica, non esattamente rivoluzionaria, di Bismarck.

Bruno Bauer (1809/82)

Interessato a studi biblici (compose una Critica alla storia evangelica di Giovanni, 1840, e una Critica alla storia evangelica dei Sinottici, 1841-2), fu all'inizio legato alla Destra hegeliana, da cui si allontanò decisamente nella sua piena maturità. In La tromba del giudizio universale contro Hegel ateo e anticristo (1841), finge di indignarsi contro Hegel ateo e anticristo, ma in realtà ne approva tale impostazione, di cui rivendica, contro la destra hegeliana, la verità. Inoltre in nome della soggettività rivendicò l'emancipazione da ogni oggettività esterna, vista come alienante.

Pur critico verso la Destra, Bauer entrò ben presto (1844) in rotta di collisione anche con Marx ed Engels, di cui avversò il concetto di prassi, come possibilità di applicazione feconda della teoria a una storia incamminata verso un progresso positivo. Bauer invece guardò con diffidenza alla massa e alla prassi contrappose la critica pura, nel contesto di un pessimismo verso il futuro della società europea, vista come avviata al declino.

Max Stirner (1806/56)

Il suo vero nome era Johann Caspar Schmidt, fu all'inizio discepolo di Hegel a Berlino, ma se ne staccò ben presto. Tutta la sua filosofia è incentrata sulla assolutezza dell'io singolo, che egli contrappone non solo a Dio trascendente, ma a qualsiasi divinità anche immanente, inclusa dunque una Umanità collettiva, vista, come pensava Feuerbach, come meritevole di adorazione e devozione "altruistica".

Ne L'unico, Stirner sostiene che l'unica vera motivazione dell'agire umano è l'egoismo, che non va temuto o demonizzato. Egli critica il valore dell'oggettività, vista come fattore di alienazione: l'unico vero valore è il singolo, che è ultima e insindacabile fonte del diritto: nessuno può imporre regole all'individuo, all'unico.

Se l'individuo entra in rapporto e in società con altri, lo fa solo per rafforzare sè stesso: Fonderò sul mio io la causa di me. Che valore hanno allora gli altri? Sono degli oggetti:

Nessuno è per me persona, che abbia diritto al mio rispetto, ma ciascuno è, come ogni altro essere, un oggetto per il quale io provo o non provo simpatia, un oggetto interessante o non interessante, di cui mi posso o non mi posso servire.

Nella sua coerente affermazione del solo io, Stirner relativizza anche lo stato e qualsiasi ideale politico. La volontà di potenza nega tutto ciò di oggettivo che può negare: la mia libertà diventa completa solo quando essa è la mia potenza., tu hai il diritto di essere ciò che la tua forza ti permette di essere..