De Lubac e il gioachimismo
Francesco Bertoldi
pubblicato su da De Lubac, Cristianesimo e modernità, cit..
importanza del tema
La cultura moderna è, secondo de Lubac, profondamente influenzata, al di là della sua stessa consapevolezza, dalla matrice spirituale cristiana. L'idea di di una "nuova età", in cui finalmente si sarebbe attuata una perfezione di conoscenza, di giustizia e di felicità esemplifica questo debito non confessato del moderno verso il il Cristianesimo. Riportiamo in proposito alcuni estratti dal nostro volume De Lubac, cit., pp. 226 sgg.
«Se l'ateismo è la negazione esplicita, a viso aperto, del Cristianesimo e della credenza in una Realtà personale, infinita, sommamente perfetta, la dottrina di Gioachino da Fiore, il gioachimismo, è per de Lubac la scaturigine e la quintessenza di un atteggiamento gnostico, che svuota la sostanza della fede tradizionale pretendendo di interpretarne il senso autentico, e che perciò possiamo chiamare atteggiamento di integrazione subdola. Eresie ve ne sono state fin dai primi tempi del Cristianesimo, coll'identica pretesa di essere autentiche interpretazioni della fede, ma il gioachimismo ha avuto una vicenda particolare e particolarmente importante, dal momento che, pur senza negare, nel suo inizio, aspetti centrali del dogma, e quindi presentandosi come una eresia anomala, un'eresia blanda e per così dire veniale, ha poi finito col costituire una delle principali forme di distruzione soft, di indolore eutanasia della tradizione cristiana. La grande fortuna del gioachimismo infatti è quella di aver cavalcato un'idea che si sarebbe imposta come una delle coordinate più comunemente accolte nella cultura contemporanea, quella della storia come progresso inesorabile verso il meglio, conferendole una consacrazione religiosa, e favorendo un travaso insensibile di contenuti cristiani in un orizzonte immanentista.»
Caratteri della dottrina gioachimita
Che cos'è infatti il gioachimismo? Quello che a de Lubac interessa non è l'aspetto esegetico, e perciò parziale, settoriale, della dottrina dell'abate da Fiore, bensì l'aspetto più totalizzante, organicamente concettuale. Così inteso il gioachimismo è caratterizzato da tre elementi: l'affermazione che il Cristianesimo non è la definitiva Rivelazione di Dio, ma ve ne sarà un'altra, che non lo abolirà, ma lo porterà a pieno compimento, svelandone fino in fondo il senso; la fiducia che tale nuova e definitiva Rivelazione porterà ad una completa intelligenza di ogni mistero; e l'attesa che in tale nuovo stato di definitività ogni guerra, ogni sofferenza, ogni male saranno tolti dalla faccia della terra. Vediamo in dettaglio.
1. La fede cattolico-ortodossa professa da sempre che in Cristo si è definitivamente compiuto l'unico ed eterno Disegno di Dio sul mondo, e che perciò le uniche novità sostanziali che ci si potrà attendere si collocano sul piano naturale, sul piano del progresso nella conoscenza della realtà finita e del suo dominio tecnico, come pure di una migliore organizzazione della città umana. Ma tra la prima e la seconda Venuta di Cristo la Chiesa, Sua sposa e Suo Corpo, rimane sostanzialmente identica, mutando soltanto "accidentalmente". Gioachino invece profetizza una trasformazione sostanziale, profonda, radicale, non tanto del mondo quanto della Chiesa stessa e del Cristianesimo; una trasformazione che non si avvererà alla fine dei tempi, ma dentro la storia.
«Dopo i primi due cieli, il cielo dell'Antico Testamento fondato dai Patriarchi e quello del Nuovo Testamento fondato dagli Apostoli, ecco sorgere l'alba del terzo cielo (...). Alla sua luce, noi lasceremo infine "l'Egitto del secolo presente" per entrare nella "strada stretta del deserto" che dovrà condurci fino alla Gerusalemme spirituale. (...) Dopo la fecondità laica espressa dalla discendenza di Abramo, e dopo l'ordine dei chierici simbolizzato da Mosè e Aronne, ecco l'era dei monaci che si schiuderà sotto il segno di Elia e di Eliseo.
Alla dura fatica delle mani e alla lettura assidua, o al timore del Dio d'Israele e alla docile ricezione della dottrina insegnata dal Cristo, succederà presto l'esplosione della gioia nell'intelligenza, della libera esultanza. (...) Il tempo dell'apertura del sesto sigillo è vicino.»
Per de Lubac quindi Gioachino, sferzando la decadenza della Chiesa del suo tempo, non propone una semplice riforma morale, un ritorno alle origini, alla verità immutabile della Chiesa, propone invece un'altra Chiesa, un suo superamento sostanziale. Non è un riformatore, ma piuttosto un rivoluzionario. Per comprendere meglio la portata del gioachimismo de Lubac lo confronta col millenarismo, che aspetta sì una trasfigurazione sostanziale, ma non della Chiesa e del Cristianesimo, bensì del mondo, del livello naturale: esso è perciò incomparabilmente più modesto e limitato della dottrina gioachimita della Terza Età. Il gioachimismo infatti vuole conservare il mondo, cambiando invece la Chiesa. Che cosa si aspetta infatti? Il Regno dello Spirito, la Terza Età, dopo quella del Padre e quella del Figlio, Regno di perfezione raggiunta che si instaurerà sulla terra, nella storia. Si tratta, come sostiene dom Baraut, di una "trasposizione dell'eterno nel tempo", nel senso di una immanentizzazione della speranza cristiana: ciò che la fede tradizionale aspettava dopo la storia, Gioachino lo promette nella storia stessa.
2. In secondo luogo ricordiamo che tale Regno dello Spirito si sarebbe caratterizzato, secondo il profeta da Fiore, per una perfetta intelligenza di ogni mistero: nella Terza Età "tutti i misteri saranno svelati. Uscita dal seno della lettera e della casa del Nuovo Testamento, la verità apparirà nella sua purezza manifesta" ; "allora, come è detto nel Vangelo di Giovanni, si vedrà il cielo aperto, la porta dei due testamenti cioè si aprirà, e gli uomini, che prima non erano in grado di vederne che la lettera esteriore, ne penetreranno infine l'intimo senso". Lo stesso Nuovo Testamento quindi non va visto come il significato compiuto della Rivelazione: esso è sì lo spirito, il bandolo per decifrare l'Antico Testamento, e il suo avveramento, ma a sua volta dovrà essere capito a partire da una ulteriore rivelazione, sarà a sua volta lettera, sotto cui dovrà essere colto un senso spirituale che fino ad oggi è sfuggito, lasciando la conoscenza umana immersa nel mistero. Quando invece sarà elargito in pienezza lo Spirito, esso guiderà a leggere oltre la lettera sia dell'Antico sia del Nuovo Testamento, è con ciò scioglierà ogni enigma, toglierà ogni ombra, chiarirà ogni mistero.
3. In terzo ed ultimo luogo, dal punto di vista pratico, l'Età dello Spirito sarà un'età di pace e di giustizia compiuta, guidata e dominata non più dal sacerdozio e dal Papato, ma dai monaci contemplativi: "Quella pertanto non sarà più l'era della Chiesa dei sacerdoti, la cui funzione sarà conclusa: (...) i sacerdoti non avevano avuto che un incarico provvisorio. Ai sacramenti della Seconda Età se ne sostituiranno altri più grandi e più efficaci, cioè del tutto spirituali. Si vede che non è un cambiamento da poco, come non è l'abolizione di qualsiasi mistero: abolire i sacramenti e di conseguenza il sacerdozio significa infatti che essi non saranno più necessari, non sarà più necessaria una mediazione tra l'umano e il divino. Quest'ultimo infatti sarà immediatamente presente nell'umano, la distanza sarà in qualche modo colmata. "Sarà per l'intero popolo di Dio un gran sabbatismo, uno stato di estrema felicità dopo le fatiche, le miserie e le rovine di cui la sesta età del mondo era piena". Certo per entrare in tale nuovo stato si potranno anche dare degli sconvolgimenti, anche se egli sperava che almeno la suprema autorità della Chiesa avrebbe capito e spontaneamente ceduto la guida spirituale ai contemplativi.
I capisaldi di questa concezione si trovano, osserva de Lubac, nella teologia trinitaria di Gioachino, che accentua la distinzione delle Persone divine, e conseguentemente interpreta la Trinità prevalentemente in chiave economica, come coinvolta nella vicenda salvifica. Le conseguenze, poi, non richiedono grandi commenti: è evidente che il gioachimismo così concepito scardina il dogma, evacuando la centralità del Verbo fatto carne, e la concretezza del Suo Corpo, la Chiesa, a tutto vantaggio di un presunto Spirito, che in quanto disancorato da un riferimento rocciosamente visibile, cristico, ovvero petrino, sarà oggetto delle più svariate e capricciose interpretazioni. (…)
il senso dell'indagine
Quale è quindi il senso complessivo dell'indagine lubachiana sul gioachimismo nella storia della cultura occidentale? Possiamo evidenziare due risvolti: uno a livello di interpretazione della storia e della storia della cultura in particolare, l'altro a livello propriamente teologico-ecclesiale.
1)Riguardo al primo risvolto, ricordiamo che il caposaldo del discorso del teologo di Cambrai è un'interpretazione "non edulcorata" di Gioachino da Fiore, visto come radicalmente sovversivo del deposito dogmatico tradizionale. Da qui de Lubac parte per dimostrare la profonda influenza di una concezione propriamente teologica, e segnatamente esegetica, sull'idea di progresso storico e sull'attesa di una società perfetta, che tanta parte hanno avuto nella cultura europea moderna e contemporanea. In questo modo egli evidenzia, come dicevamo parlando di Hegel, il debito della cultura infrateologica verso la teologia, cioè, potremmo forse dire, in generale, la non autosufficienza del logos dal mythos, ma sicuramente, nella fattispecie, la non autosufficienza della cultura profana dalla Rivelazione cristiana. Il che verifica l'impossibilità, in actu exercito, della natura pura: la natura non basta a sé stessa, non si compie nel finito cerchio della sua immanenza, ma è protesa verso l'Infinito, e perciò non può non cercare di nutrirsi, nel caso del gioachimismo in modo subdolo, di elementi religiosi, di una religiosità non illuministica, ma totalizzante.
2) In secondo luogo la storia del gioachimismo evidenzia i rischi che si corre quando si pretende di separare lo Spirito dalla concreta visibilità di Cristo, Verbo fatto carne: lo Spirito, disincarnato dalla roccia di Pietro, dalla carne di Cristo, può diventare (nella fantasia abbagliata dal Male) qualsiasi cosa, docile ad ogni arbitrario progetto soggettivistico:
Una volta avulso dal Cristo (...) lo Spirito può diventare qualunque cosa. Da quel momento, egli non è più che un garante dei sogni "ad occhi aperti" che ispira.
In questo modo, come abbiamo visto, si perde, disintegrandola, l'intima sostanza del Cristianesimo, approdando alla violenta e illusoria pretesa di rendere completamente immanente l'Infinito."
Per proseguire si veda la scheda sulle considerazioni conclusive su De Lubac
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