l'antichità

Parlando di antichità ci riferiamo qui essenzialmente all'antichità mediterraneo-europea, soprattutto alla Grecia e a Roma.

un età di attesa

per una domanda insoddisfatta

L'antichità: è l'età dell'attesa (nei suoi aspetti ed esponenti più nobili), o (per altri aspetti e in altre personalità) di disperazione per l'impossibile compimento di tale attesa.

Noi crediamo infatti che l'uomo è esigenza di senso e di felicità piena e infinita (senza fine: quindi, tra l'altro, oltre la morte), che solo nel Mistero vivente e personale di amore trinitario può trovare risposta adeguata. Perciò prima del Cristianesimo l'attesa restava senza risposta adeguata, benché alcuni (pensiamo a Socrate, Platone o Virgilio) abbiano intravisto che l'uomo è proiettato verso una Totalità sconosciuta.

Eppure l'umanità classica ha almeno in parte vissuto tale attesa con elementi di dignità, in cui peraltro traspare un velo di tristezza inconsolata per un vuoto profondo. Esemplifichiamo con dei rapidi accenni.

Pensiamo ad esempio a come questo,
ad esempioVilla dei Misteri, Pompei
certi volti della pittura romana
: la loro dignità si accompagna all'impossibilità di trovare uno sguardo ri-conoscente, uno sguardo che profondamente ricomprenda la più intima essenza dell'uomo. Tale sguardo non è ancora stato rivelato, e lo sguardo dell'uomo spazia e si perde in una indefinita vacuità. Non incontra un Tu, capace di capirlo e di amarlo.

Pensiamo all'ampiezza delle stanze di molte ville romane: tale la villa di Catullo, Sirmionespazio ampio, esageratamente ampio, ci sembra espressione e conferma di quello che dicevamo poco sopra, che l'umanità classica non aveva un Tu come riferimento, e perciò cercava in uno spazio indefinito quello che non sapeva essere a sé prossimo («intimior intimo meo», S.Agostino: più vicino a me di me stesso).

erasthes e philoumenos in una scena di banchetto antico
erasthes e philoumenos in una scena di banchetto antico

L'umanità classica è perciò percorsa da turbamento e inquietudine. Quando è sincera lo sa riconoscere con accenti toccanti:

«Curae mea gaudia turbant
cura dapes sequitur, magis inter pocula surgit,
et gravis anxietas laetis incumbere gaudet.» (Carmina Einsidlensia, II, 1-3)

E un grande poeta greco, Asclepiade, riconosceva

Ma via beviamo, disperato amante
tra non molto la nostra lunga notte dormiremo

Come diceva del resto Flaubert «La malinconia antica mi sembra più profonda di quella dei moderni» (Lettera a m.me Roger des Genettes). Così, non trovando risposta a una domanda che comunque restava attiva e potente nel suo cuore, perché da esso strutturalmente inestirpabile, l'umanità si dava ad atteggiamenti distruttivi e disperati.

L'età antica è quella che vide una dissoluzione morale tra le più spudorate che la storia ricordi: si veda il lo si può scaricare sul nostro sito eTextsSatyricon di Petronio, o si vedano una pittura romana certi affreschi.

Un'umanità felice e realizzata avrebbe goduto alla vista del sangue, come nelle arene, per lotta tra gladiatoricombattimenti dei gladiatori e l'uccisione, crudele e feroce, dei cristiani? Avrebbe concepito il momento del pasto come occasione di uno pseudopiacere disperatamente triviale (pensiamo alla pratica di procurare il vomito di quanto appena mangiato, per fare spazio a nuovo cibo)?

In questo senso appare inadeguato vedere nell'antichità un'età di piena realizzazione dell'umano, rispetto alla quale il Medioevo avrebbe segnato un regresso. Da diversi punti di vista si può invece che l'avvento del Cristianesimo abbia aiutato a sviluppare una consapevolezza dell'umano sconosciuta all'antichità.

apporti positivi

senza cui l'Occidente non sarebbe quello che è

una ricostruzione dell'Acropoli

Quanto detto, tuttavia, non toglie che la stessa antichità abbia dato dei contributi positivi la cui importanza non deve essere sottovalutata.

La civiltà antica infatti non è stata solo attesa e domanda: è riuscita a mettere a segno anche importanti elementi costruttivi.

In particolare Roma ha dato al mondo un notevole sviluppo del diritto. Il concetto di diritti umani non potrebbe esistere, senza la base fondamentale del diritto, sviluppato a Roma.

E la Grecia a sua volta ha dato un contributo decisivo allo sviluppo dell'umanità coltivando, come nessun'altra civiltà aveva saputo fare, la filosofia. La civiltà occidentale non sarebbe concepibile senza la filosofia greca. Agostino, Tommaso d'Aquino, Cartesio, Galileo, Pascal, kant, Hegel, Marx, Comte, Heideggere, insomma, tutta la filosofia occidentale non sarebbe stata concepibile senza la filosofia greca.

Anche in ambito artistico Roma e la Grecia hanno raggiunto vette di tutto rispetto: si pensi alla scultura, soprattutto greca, o all'architettura, sia greca sia romana: i teatri, i templi, i ponti.

O si pensi al teatro: Eschilo, Sofocle, Euripide hanno scritto opere immortali. E come non ricordare poemi epici l'Odissea, l'Iliade, l'Eneide (e le altre opere di Virgilio)?