La Repubblica: gli inizi
come si giunse alla Costituzione
Francesco Bertoldi
la partita per il destino dell'Italia
La fase finale della 2a guerra mondiale vide lo scontro tra due diversi modi di affrontare il dopoguerra: quello voluto dalle formazioni politico-partigiane di sinistra, legate al modello sovietico, e quello delle formazioni moderate filooccidentali (DC e alleati di centro).
dalla monarchia alla repubblica: una difficile transizione
Venne comunque trovato un punto di accordo tra il CLN e la monarchia e poterono formarsi, dopo la caduta di Mussolini, dei governi di coalizione, che si potrebbero chiamare di unità nazionale, in attesa del referendum sulla forma di stato (monarchia o repubblica) prima e delle elezioni politiche (del 18 aprile) poi.
i ministeri dopo Mussolini
Ricapitoliamo i governi dalla caduta del fascismo alle elezioni del 18 aprile:
- Badoglio
- lug ‘43/giu ‘44 - rispondeva solo al Re
- Bonomi
- giu 44/giu ‘45 - frutto di accordo col Re (dopo la svolta di Salerno) emanazione del CLN
- Ferruccio Parri
- giu ‘45/nov 45 - tutti i partiti antifascisti
- De Gasperi
- nov 45/mag 47 - tutti i partiti antifascisti
- De Gasperi
- mag 47/apr 48 - monocolore DC
verso la Costituzione
Oltre che nei governi di coalizione, l'unità delle forze antifasciste si attuò nella elaborazione della Costituzione.
Il 2 giugno 1946 infatti, come concordato col Re, si tenne un voto che doveva decidere con referendum quale forma di stato l'Italia avrebbe dovuto avere, monarchica o repubblicana. Contestualmente venne eletta una Assemblea Costituente, incaricata di redigere appunto la Carta fondamentale del nuovo Stato.
Il referendum diede la maggioranza alla Repubblica (12.717.000 ca. voti contro 10.719.000 ca.) e la Costituente si mise subito all'opera: ne vediamo le scelte fondamentali qui sotto.
l'Assemblea costituente
L'Assemblea costituente venne eletta contestualmente al referendum del 2 giugno 1946 e lavorò da tale mese fino al dicembre dell'anno successivo, elaborando la nostra Costituzione, che entrò in vigore il 1 gennaio 1948.
La composizione dell'Assemblea, eletta a suffragio universale (per la prima volta anche femminile) e col sistema proporzionale, è evidenziata nella tabella e nel grafico seguenti:
Partiti |
voti |
% voti |
seggi |
DC |
8.080.664 |
35,18 |
207 |
PSIUP |
4.758.129 |
20,72 |
115 |
PCI |
4.356.686 |
18,97 |
104 |
UDN |
1.560.638 |
6,79 |
41 |
UQ |
1.211.956 |
5,28 |
30 |
PRI |
1.003.007 |
4,37 |
23 |
Le scelte fondamentali dei costituenti
La Costituzione (vedi il testo) fu il frutto di un compromesso tra le forze di sinistra, che si avvicinavano al 40%, la DC, espressione del mondo cattolico, al 35%, e le forze laiche (repubblicani, liberali); non parteciparono alla sua elaborazione le forze che non si riconoscevano nei valori antifascisti e repubblicani.
Il clima politico era quello di una residuale unione tra le forze antifasciste, venato però da un crescente, reciproco sospetto tra i moderati filooccidentali e i socialcomunisti.
Frutti del primo fattore, di collaborazione, furono gran parte dei principi sanciti nella prima parte della Carta, che vedono una affermazione sia dei valori della persona singola sia di quelli della collettività.
Esito anche del secondo fattore, la diffidenza reciproca, oltre che conseguenza di una particolare ripugnanza per rischi di derive autoritarie, accentuata da 20 anni di dittatura, furono le scelte della seconda parte della Costituzione, che distribuisce il potere in modo molto bilanciato, evitandone una concentrazione, anche a rischio di generare un assetto tendenzialmente immobilistico e per così dire indecisionista:
- la scelta del parlamentarismo
- e del bicameralismo perfetto;
- la scelta del proporzionalismo;
- la limitazione del referendum alla pura abrogatività
- il parlamentarismo
Parlamentare e non presidenziale è la Repubblica italiana. Si sarebbe potuto imitare l'esempio di una grande democrazia come gli Stati Uniti, optando per il presidenzialismo, ma troppo forte era il timore di concentrare nelle mani di una sola persona un così grande potere. Meglio un potere distribuito su più soggetti, meglio dunque fare del Parlamento, dove si contrappongono e si bilanciano diverse spinte, il centro della vita democratica.
- il bicameralismo perfetto
Questa scelta va nella stessa direzione della prima: due camere aventi gli stessi poteri si bilanciano e in qualche modo frenano possibili atteggiamenti decisionistici, rallentando i lavori di approvazione delle leggi, il cui testo deve passare nei due rami del Parlamento esattamente nella stessa forma.
Altri stati, come la Germania, hanno invece un bicameralismo imperfetto, in cui le due camere hanno diverse competenze; il che snellisce l'iter legislativo e permette scelte più incisive (coi pregi e coi rischi che ne derivano).
- il proporzionalismo
Nella medesima direzione va anche la scelta per il sistema elettorale proporzionale. A dire il vero non si tratta di una scelta costituzionale vera e propria (tant'è che per cambiare il sistema elettorale, all'inizio degli anni '90, non è stata necessaria una modifica costituzionale), ma di qualcosa che risulta implicato in modo strutturale nella architettura istituzionale voluta dai costituenti.
La scelta fui quella di evitare concentrazioni in pochi grandi partiti, come nel bipolarismo o nel bipartitismo favoriti da sistemi elettorali maggioritari, privilegiando la rappresentatività sulla governabilità: meglio che il governo non fosse troppo forte, non avendo alle sue spalle una maggioranza parlamentare ampia e omogenea, meglio maggioranze composite, propense al compromesso e alla mediazione, piuttosto che a un decisionismo unilaterale.
- il referendum: solo abrogativo
Per ribadire la centralità del Parlamento, luogo di paziente mediazione e di attento compromesso, si scartò la possibilità di istituire dei referendum propositivi, tali cioè per cui il popolo stesso potesse approvare una norma di legge, attenendosi al solo referendum abrogativo, che si limita a togliere una certa legge (un suo articolo, o un comma), non stabilendo però che cosa porre al posto di ciò che viene abrogato: a ciò solo il Parlamento può provvedere.
In tal modo si riteneva di evitare “derive plebiscitarie”, in cui un qualche nuovo “uomo forte” avrebbe potuto trascinare, con facili ma ingannevoli slogan, il popolo in pericolose avventure.
Le elezioni del 18 aprile
Videro uno scontro molto aspro tra il fronte anticomunista, polarizzato attorno alla DC e i socialcomunisti. Grande era il livello di tensione e di diffidenza reciproca, con pesanti accuse di non rispetto della democrazia e reciproca delegittimazione.
Il risultato vide la vittoria netta della DC e dei suoi alleati anticomunisti e filooccidentali: fu una scelta di campo chiara, che fece dell'Italia una nazione pienamente inserita nel mondo democratico occidentale, in contrapposizione al totalitarismo staliniano.
risultati
Votanti
- per la Camera: 26.854.203 (92,2%)
- per il Senato: 23.842.919 (92,1 %)
Camera |
|||
Partiti |
Voti |
% |
Seggi |
DC |
12.741.299 |
48,5 |
305 |
Fronte democratico popolare |
8.137.047 |
31,0 |
183 |
Unità socialista |
1.858.346 |
7,1 |
33 |
Blocco nazionale |
607.792 |
|
|
Movimento sociale italiano |
526.670 |
2,0 |
6 |
Partito nazionale monarchico |
1.729.174 |
2,8 |
14 |
Senato |
|||
|
Voti |
% |
Seggi |
DC |
10.899.640 |
48,1 |
131 |
Fronte democratico popolare |
6.969.122 |
30,8 |
72 |
Unità socialista |
943.219 |
4,2 |
8 |
Blocco nazionale |
|
|
|
Movimento sociale italiano |
164.092 |
0,7 |
0 |
Partito nazionale monarchico |
393510 |
1,7 |
3 |
pagine di questa sezione
- Gli inizi della Repubblica: la Costituzione.
- Gli anni del centrismo: gli anni '50
- Gli anni del centro-sinistra: gli anni '60
- Gli anni di piombo e la “solidarietà nazionale”: fine anni '60 e anni '70.
- Gli anni del pentapartito: gli anni '80.
- La fine della Prima Repubblica: il crollo del Muro di Berlino, la Lega, Mani Pulite e il referendum elettorale del '93.
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