
I primi colpi all'ordine restaurato
I moti del 20-21 e l'indipendenza di Grecia e America latina
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Francesco Bertoldi
Un primo scossone all’ordine restaurato furono i “moti del ’20-’21”
le società segrete
Essi furono il banco di prova delle società segrete. Si trattava di organizzazioni appunto clandestine: nel clima repressivo della Restaurazione non era infatti possibile contestare alla luce del sole l’ordine restaurato. Anche per questo la loro base sociale era ristretta: pochi erano i lavoratori dipendenti e gli artigiani, non molti i nobili, per lo più si trattava di membri della borghesia commerciale e di professionisti; ma gli elementi più attivi erano soprattutto intellettuali, studenti e militari, in particolare ex napoleonici.
Tra le società segrete le più radicali furono:
- l’Adelfia, che coltivava un ideale comunistico; essi confluirono poi nella
- Società dei Sublimi Maestri Perfetti, guidata da Filippo Buonarroti, che dal suo esilio di Ginevra tramò una complessa rete cospirativa (in parte operando in altre organizzazioni: Carboneria, Massoneria, in parte nella sua originale).
- i comuneros, in Spagna.
Altre furono
- i Federati, il cui maggior esponente fu il conte Federico Confalonieri (1785/1846), lombardo: ebbe una certa diffusione nel Nord Italia, proponendo un programma unitario per l’Italia del Nord sotto il Piemonte, che avrebbe dovuto diventare un regno costituzionale, e cacciare l’Austria. I Federati ebbero consenso soprattutto nella nobiltà liberale.
- la Carboneria: ispirata alla Massoneria, fu presente soprattutto in Spagna e Italia, e si prefiggeva un ideale costituzionale liberlmoderato (non democratico).
le insurrezioni in Europa
I primi moti insurrezionali scoppiano in Spagna (dove più dura era stata la repressione ai liberali): a Cadice, il primo gennaio 1820, sotto la direzione dei Comuneros e della Massoneria, vi fu una sollevazione di soldati, che costrinse Ferdinando VII a concedere una Costituzione (la Costituzione del 1812).
Spinto da tali eventi, anche in Portogallo il Re Giovanni VI concesse una Costituzione simile a quella spagnola (agosto).
Il contagio si estese al Regno delle Due Sicile, dove Morelli e Silvati imitarono l’esempio spagnolo, grazie a una capillare presenza di carbonari tra gli ufficiali dell’esercito; lo stesso Guglielmo Pepe, inviato a sedare la rivolta, si unisce agli insorti. Anche lì quindi, il Re, Ferdinando I, deve concedere una Costituzione.
Un episodio collegato è una insurrezione popolare in Sicilia, nel luglio 1820, che non coinvolge solo l’esercito come a Napoli, ma anche la popolazione, e tra gli obbiettivi c’era anche l’indipendenza dell’isola. Anche per questo, in ottobre, tale rivolta fu repressa dallo stesso governo liberale di Napoli.
Infine in Piemonte (il “Regno di Sardegna”) i liberali (rappresentati soprattutto dai Federati), raccolti attorno al conte Santorre di Santarosa, insorgono, e ottenengono l’abdicazione di Vittorio Emanuele I e la reggenza (provvisoria) di Carlo Alberto. Questi era in contatto con gli insorti, e concesse una Costituzione. Ma suo zio Carlo Felice, in favore del quale il fratello aveva abdicato, tornò a Torino, assunse le redini del potere, senza incontrare alcuna attiva resistenza da parte del nipote, Carlo Alberto, prudente ed esitante, abrogò la Costituzione e si mise contro gli insorti liberali.
e loro repressione
A causare il fallimento di tutti tali moti insurrezionali furono da un lato le divisioni interne agli insorti e lo scarso coinvolgimento popolare, e dall'altro l’efficacia dell'intervento della Santa Alleanza. Quest'ultima si coordino coi congressi di Troppau e di Lubiana (rispettivamente novembre e dicembre 1820].
Lo sfaldamento del “fronte” insurrezionale cominciò prima nel Napoletano, dato che Ferdinando I (tradendo le promesse fatte a Napoli) chiese al congresso di Lubiana l’intervento delle potenze alleate. E le truppe austriache, così fatte intervenire, sconfissero le forze ribelli (nel febbraio/marzo 1821), e il 23 marzo entrarono a Napoli. Morelli e Silvati vengono giustiziati.
Poi in Piemonte la maggior parte delle truppe fu fedele al nuovo re, Carlo Felice, e con l'aiuto anche austriaco, a Novara, l’8 aprile 1821, i residui delle truppe “costituzionali” vennero sbaragliati.
Repressione vi fu anche nel Lombardo-Veneto: Silvio Pellico venne condannato al carcere duro allo Spielberg, in Moravia, e i vertici delle società segrete vennero “decapitati”.
Ma il caso in cui l'intervento della Santa Alleanza fu più pesante fu quello della Spagna: nell'aprile del 1823 intervenne, per conto della Santa Alleanza, un esercito francese di 100.000 uomini. Esso non incontrò resistenze popolari, dato che anzi le masse contadine cattoliche avversavano il governo liberale. I costituzionali ripiegarono verso Sud, resistendo fino a ottobre nella fortezza di Trocadero.
Anche in Portogallo si tornò indietro: il Re abrogò la costituzione.
L'indipendenza della Grecia
in progressiva espansione
L'unico caso in Europa in cui delle sollevazioni popolari, partire in quel biennio, ebbe stabile successo fu quello della Grecia. Lì non si trattava tanto di mettere in discussione una forma di Stato, la monarchia assoluta, e pertanto non vi poteva essere timore di una espansione del contagio democratico. Si trattava invece della lotta per l'indipendenza di un popolo (europeo) soggetto a una potenza non-europea, e oltretutto mussulmana, ossia l'Impero Ottomano. Anche per questo la Santa Alleanza in quanto tale non aveva seri motivi di opporsi.
Certo, l’Austria era contraria a cambiamenti nei Balcani, che potevano aumentare la qui il fumettopotenza russa, e che potevano costituire un precedente per ulteriori cambiamenti indipendentistici, lesivi degli interessi di un impero multietnico come quello asburgico. Ma altre potenze conservatrici, come la Russia erano addirittura favorevoli all’indipendenza. Così pure in Inghilterra molti aiutarono i greci nella loro lotta per l'indipendenza.
Vi erano diverse condizioni favorevoli alla lotta per l'indipendenza: anzitutto i greci erano sviluppati economicamente e culturalmente; intrattenevano rapporti con le nazioni occidentali, in molte delle quali esisteva una forte simpatia per l'antica Grecia, che si riverberava anche sulla Grecia contemporanea.
L'insurrezione greca inizia nel 1821 e finisce, vittoriosamente nel 1829, con la pace di Adrianopoli, con cui l'Impero Ottomano riconosce l’indipendenza greca.
Certo, non si trattava dei confini che ha la Grecia oggi, come potete vedere nella mappa (espandibile cliccandoci sopra) qui a fianco. Tuttavia era un importante passo avanti.
L'indipendenza dell'America latina
Ma ci fu in quegli anni anche un altro cambiamento geopolitico di non lieve entità: la sollevazione dell'America latina contro la madrepatria coloniale, per la maggior parte costituita da Spagna e, nel caso del Brasile, dal Portogallo e l'ottenimento dell'indipendenza.
fattori favorevoli
Le aspirazioni indipendentistiche,
- oltre che dall'esempio delle 13 colonie inglesi, che pochi anni prima erano riuscite a staccarsi dalla madrepatria,
- traggono potente alimento dalla occupazione napoleonica della penisola iberica, e dal conseguente temporaneo esilio dei “legittimi” sovrani. Si vede, in quella circostanze, che anche senza legame con la madrepatria le colonie “stavano in piedi” benissimo anche da sole.
i protagonisti
Diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare a volere l'indipendenza dalla madrepatria non furono i nativi amerindi, ma proprio i “bianchi”, i coloni spagnoli e portoghesi che da tempo abitavano nel nuovo mondo e ormai si sentivano più “americani” che “europei”.
Infatti le società latinoamericane avevano una stratificazione di questo tipo:
- al vertice c'erano i peninsulares, cioè spagnoli o portoghesi nati in Europa, e in genere funzionari statali, legatissimi alla madrepatria,
- poi c'erano i creoli, di cui è accennato poco sopra, ossia spagnoli o portoghesi che abitavano da generazioni nel continent americano, vi avevano messo radici, e un po' come i coloni inglesi nordamericani, percepivano con insofferenza la dipendenza dalla lontana madrepatria. In genere i creoli erano di condizione sociale elevata, latifondisti o comunque più che benestanti. Furono loro i protagonisti della lotta per l'indipendenza'
- poi c'erano i meticci e gli “indios” (e nel caso del Brasile gli schiavi, di origine africana), che occupavano il gradino più basso della scala sociale. L'indipendenza appariva loro più un cambiamento di padrone che un reale miglioramento di condizione sociale o politica.
problemi e sviluppi
del processo indipendentista
Il Brasile ottenne l'indipendenza dal Portogallo in modo pacifico. Mentre più tormentata fu la vicenda delle colonie spagnole, che passò attraverso una ribellione armata e scontri di non breve durata (solo nel 1820 il processo può considerarsi concluso).
In questa lotta emersero figure più o meno mitizzate come Simon Bolivar e José de San Martin. Ma importante fu l'appoggio che Francia e soprattutto Stati Uniti diedero alla lotta indipendentista. In tale circostanza venne elaborata la dottrina Monroe, sinteticamente espressa dalla formula “l'America agli americani”, con cui gli Stati Uniti teorizzavano che la presenza delle madrepatrie europee nel Nuovo Mondo era divenuta obsoleta e inaccettabile.
Nelle intenzioni propagandistiche americane, la Dottrina Monroe pretendeva di essere una dottrina di libertà e di rispetto di legittimi diritti, ma in realtà essa era funzionale agli interessi egoistici degli USA. Mirava cioè a legittimare il sostituirsi, all'egemonia (diretta e politica) delle potenze europee, di una nuova egemonia (economica e indiretta) da parte degli Stati Uniti.
In questo senso gli USA si mossero
- contro un unico Stato derivante dalle ex-colonie spagnole, infatti un unico Stato, dal Messico al Cile, sarebbe stato più difficile da dominare: divide et impera, insegnavano già gli antichi romani. Più le ex-colonie erano divise, più deboli sarebbero state e più dominabili quindi sarebbero risultate.
- a favore di economie, nei paesi latinoamericani a) dominate dalle oligarchie creole, e b) dipendenti dall'estero (con agricolture di tipo ossia che coltiva un solo tipo di prodotto, come il caffé, nel caso della produzione agricola, o i bovini, nel caso della zootecnia: questa scelta di puntare su un solo “prodotto” accentua la dipendenza dall'estero perché implica una marcata non-autosufficienza /span>monocolturale)