un ritratto di Marx

Marx: pars destruens

la critica ad altre filosofie

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Hegel

Da un lato Marx riconosce a Hegel il merito di aver colto il carattere dialettico della realtà:

«è stato il primo a esporre consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa. In lui essa è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico.»

Le realtà è dialettica, cioè è attraversata da contrasti, e per Marx il contrasto principale è quello socio-economico, tra sfruttatori e sfruttati, cioè è la lotta di classe.


D'altro lato tuttavia

in generale: Hegel capovolge la realtà

Marx ritiene che il suo idealismo “rovesci”, capovolga la realtà, per cui fa degli individui i predicati di una mistica sostanza universale.

A questo proposito

  • per Maritain Marx non troverebbe altra alternativa all'idealismo hegeliano che nel materialismo: non vede cioè quella via di mezzo che è il realismo, confondendo oggetto con materia; ma d'altra parte Maritain ritiene che vi sia comunque in lui una spinta giusta alla rivalutazione della “causalità materiale”, cioè della importanza del fattore materiale-economico, fino ad allora ingiustamente trascurato;
  • Cottier osserva come l'Hegel di Marx, pur avendo visto che la religione è illusoria, non sa andare al fondo cogliendo la causa di questa illusione.

in particolare: Hegel assolutizza forme politiche contingenti

Hegel secondo Marx ha legittimato come manifestazione dell'Assoluto quella che è semplicemente una situazione contingente (quella tedesca). Ha cioè compiuto una operazione ideologica: ha usato la filosofia per giustificare razionalmente un assetto di potere esistente, che avrebbe invece dovuto essere criticato, ha messo insomma la filosofia al servizio dei potenti (si veda il suo concetto di sovrastruttura).

Oltretutto ciò è reso ancora più ingiustificabile dal fatto che la Germania è rimasta indietro rispetto alla Francia: è al passo coi tempi solo filosoficamente, le manca la realizzazione pratica. Non occorre però rifiutare la teoria, la filosofia, ma occorre non fermarsi ad essa, bensì “mediarla” nella prassi, cioè nella azione rivoluzionaria, facendola diventare di massa. Ciò accadrà quando il bisogno della classe operaia sarà giunto al suo culmine (cfr. Cottier, L'ateismo del giovane Marx, p. 214 sgg.) vedi il testo della Critica della Filosofia del Diritto.

contro Bauer e la Sinistra hegeliana

Ne La questione ebraica

Per Bruno Bauer a garantire l'eguaglianza tra gli esseri umani basta che uno Stato sia non confessionale (=non cristiano), garantendo così piena eguaglianza giuridica a tutti i cittadini e non discriminando più in ragione del credo religioso (ad esempio gli ebrei non potevano accedere a tutte l cariche pubbliche).

Per Marx invece bisogna porre in discussione lo stesso Stato (come *mediatore e *astratto): l'eguaglianza politica è puramente formale se non diventa anche sociale. Perciò la rivoluzione borghese, quella ad esempio francese del 1789, come quella che in fondo auspica Bauer, resta a mezza strada: emancipa a livello dello Stato, dell'astratto citoyen, ma resta ancora da compiere una emancipazione a livello della società. L'eguaglianza nella prospettiva di Bauer e delle rivoluzioni borghesi, rimane formale, ma non diventa sostanziale.

contro Feuerbach

Nelle Tesi su Feuerbach

Da un lato valorizza Feuerbach, in quanto ritiene valido il suo materialismo (implicante il discorso sulla alienazione): il reale è la materia, il sensibile, e così si fonda il vero materialismo e la scienza reale; apprezzato da Marx anche il suo collettivismo e la sua critica alla religione.

Tuttavia Feuerbach non va a fondo sulla causa dell'alienazione, ossia l'alienazione economico-sociale: non coglie la religione come aroma spirituale dell'ingiustizia concreta, oppio dei popoli, e resta così in un atteggiamento “speculativo” e in una concezione naturalistica (non storica) dell'uomo. Ma non basta contemplare il mondo, bisogna ora trasformarlo; non basta cambiare le idee, bisogna cambiare le realtà, eliminando la concreta alienazione per eliminarne gli effetti religiosi (si veda il testo delle Tesi su Feuerbach).

contro il socialismo utopistico e Proudhon

a)Proudhon

Proudhon in Qu'est-ce que la propriété (1840) e ne la Philosophie de la misère (1846) aveva auspicato una società fondata sulla giustizia (e caratterizzata da piccola proprietà, autogestione, con una forte carica di antistatalismo) da raggiungere senza violenza.

Ma egli peccava, per Marx (in Miseria della filosofia, 1847), di inconcludente moralismo. Proudhon infatti valutava la realtà storica in base a una giustizia concepita come un ideale assoluto e metastorico, e riteneva che la società capitalistica fosse ingiusta in senso morale, nel senso di una infrazione della giustizia metastorica. Secondo Marx invece non ha senso parlare di giustizia metastorica, come più in generale non ha senso parlare di valori metastorici e di natura umana immutabile e universale: esiste solo la storia, che è lotta, dialettica tra classi inevitabilmente contrapposte. Perciò, partendo da un presupposto falso, la proposta di Proudhon si rivela per Marx una utopia priva di fondamenti economico-sociali, e nutrita solo di ideali astratti.

b) i socialisti utopisti

Nel Manifesto Marx sostiene che Babeuf, St.Simon, Fourier, Owen non capiscono che

  • il socialismo non è un ideale di giustizia, che vada calato nella società in virtù di uno sforzo volontaristico, ma
  • è insito nel dinamismo stesso della storia, è l'esito necessario di un processo storico, di cui occorre capire le leggi (scientificamente); inoltre i citati socialisti "utopisti", pur avendo visto l'antagonismo delle classi, negano al proletariato una funzione autonoma;

Egualmente condannati

  • il socialismo reazionario (nostalgico del feudalesimo, di una società precapitalistica): non si tratta, invece di tornare al passato, anche se in esso vigevano valori meno individualistici e più comunitari, perché comunque anche nelle società precapitalistiche esisteva una alienazione e uno sfruttamento della classe lavoratrice; bisogna superare alla radice ogni forma di alienazione, mirando alla rivoluzione, al futuro, a una cosa totalmente nuova. Al socialismo reazionario viene associato da Marx anche il socialismo pretesco, che cerca di dare al Cristianesimo una verniciatura socialisteggiante, di cui egli diffida.
  • una variante del socialismo reazionario è quello piccolo-borghese, il cui esponente era soprattutto lo svizzero Sismondi, che incarna la nostalgia della piccola borghesia rovinata dallo sviluppo di grandi aziende: il suo progetto non è quello di cambiare radicalmente la società, ma di recuperare forme di vita economica più "decentrata" (ad esempio il corporativismo): non è vero socialismo.
  • quello conservatore. Infatti questo tipo di socialismo si limita a proporre qualche rimedio alle più vistose ingiustizie del capitalismo, senza porre la scure alla radice, cioè la proprietà privata dei mezzi di produzione; vorrebbe infatti, ad esempio, una proprietà distribuita (tante piccole proprietà), vorrebbe i vantaggi della proprietà, senza i difetti, che l'accompagnano, ma ciò per Marx è impossibile: la proprietà dei mezzi di produzione va radicalmente abolita. Tipico esponente di questo indirizzo Proudhon.

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