Nicolo Cusano

🪪 Cenni sulla vita

Nato a Kues (reso in latino con Cusa, donde Cusano) nel 1401, studiò a Heidelberg, poi a Padova e a Colonia. Diventato sacerdote, si adoperò sempre per la pacificazione nella Chiesa.

è con tale intento ad esempio che, partecipando nel 1432 al Concilio di Basilea, scrisse un De concordantia catholica, in cui cercava di venire incontro il più possibile agli hussiti, affermando la superiorità del Concilio sul papa e l'indipendenza dell'Impero dal Papato; in tali tesi occorre riconoscere una certa ingenuità, ma una intenzione positiva, l'unità della Chiesa. Del resto in tale opera si trova un'affermazione della centralità di Pietro: la Chiesa non ha infallibilità né vita senza senza il capo. Ben presto comunque riprecisò la sua posizione, riconoscendo il primato del Papa e venendo concretamente valorizzato da chi era allora papa, Eugenio IV, che lo inviò a Costantinopoli, per preparare il terreno ad una riunificazione tra cattolici e greco-ortodossi. Là egli apprese il greco, il che gli permise una lettura diretta di autori antichi, come Platone, Aristotele e i neoplatonici, di cui portò con sé numerosi codici greci, al suo ritorno in Occidente.

Qui venne incaricato dal Papa di riguadagnare alla causa papale i vescovi tedeschi, impresa che gli riuscì, guadagnandogli così la nomina, nel 1448, a cardinale e, nel 1450, principe-vescovo di Bressanone. La sua fedeltà alla Chiesa lo mise spesso in rotta di collisione con gli Asburgo, che alla fine lo costrinsero a riparare a Roma, dove divenne vicario di Pio II per lo stato pontificio.

Morì a Todi nel 1464.

opere

l'intento di fondo

Sicuramente Cusano è un pensatore con molti tratti moderni: l'importanza della matematica, con cui precorre il metodo della scienza moderna, l'idea che l'universo non abbia un centro, con cui va oltre Copernico e Keplero.

Questo non gli impedisce di essere un sincero credente, inserito nel solco della tradizione: lo si vede ad esempio nell'ambito di quello che oggi chiameremmo dialogo interreligioso, dove il suo intento è sì quello di gettare dei ponti tra le diverse religioni, affermando però con nettezza il primato del Cristianesimo, nel quale soltanto si trova non qualche raggio, ma la pienezza totale della verità.

Cusano pertanto vuole, da credente, fare i conti con la nascente modernità, non subendola, ma permeandola con un giudizio cristiano.

la dotta ignoranza

Nella conoscenza Cusano attribuisce un carattere esemplare alla matematica. Conoscere il finito è in qualche modo sempre costruire delle proporzioni (o analogie), partendo dal già noto per affrontare il non ancora noto. Quest'ultimo può essere paragonato al termine ignoto, alla x di una proporzione di cui si conoscano gli altri tre termini. è grazie alla analogia del rapporto tra i due termini noti e il rapporto tra quello noto e quello non noto, che si potrà conoscere quest'ultimo.

Questo metodo però non può essere applicato all'Infinito, a Dio, nei confronti del quale ci troviamo in una condizione di ignoranza. Anche qui tuttavia possiamo inoltrarci in un cammino ci conoscenza, mediante una progressiva approssimazione, così la nostra ignoranza può diventare dotta, con un metodo paragonabile a quello geometrico di esaustione, con cui alla misura di una circonferenza ci si avvicina aumentando sempre di più il numero dei lati del poligono in essa inscritto.

contraddizione?

Un punto teoretico di grande rilievo è determinare che cosa Cusano intendesse con coincidentia oppositorum, che è quanto si verifica nell'Infinito, in Dio.

Si tratta di sapere se con tale espressione Cusano intendesse dire che in Dio esiste una vera e propria contraddizione, oppure, più tradizionalmente, una sintesi di aspetti che la ragione, analizzando il finito, tiene distinti, ma che sono solo apparentemente contraddittori.

Sono due spiegazioni ben diverse; nel primo caso siamo fuori dalla ortodossia, nel secondo caso no, Cusano sarebbe in linea con la tradizione, soprattutto con S.Agostino e la sua linea, che ha sempre sottolineato il carattere paradossale del dogma (e della realtà): Dio è contraddittorio o è (solo) paradossale?

Noi crediamo che sia vera la seconda interpretazione, e che l'intento di Cusano fosse assolutamente ortodosso.

Dio e l'universo

In Dio si assommano in perfetta unità tutte le cose dell'universo: Egli è, in tal senso la complicatio dell'universo; specularmente l'universo è lo squadernarsi molteplice della Perfezione divina, esso è l'explicatio di Dio, il rendere molteplice ciò che in Dio è perfettamente uno.

Non bisogna intendere complicatio come potenzialità (=imperfetta) ed explicatio come attualità (=perfetta): al contrario l'Infinito è perfettamente atto, è Perfezione pienamente attuata. Cusano lo definisce come il Massimo assoluto, riprendendo la definizione anselmiana dell'Id quo maius cogitari nequit.

Certo, agostinianamente, tra Infinito e mondo c'è un rapporto stretto, c'è una presenza del mondo in Dio e di Dio nel mondo, anzi in ogni cosa: questo non va inteso in senso panteistico, perché Cusano è categorico nell'affermare il principio di creazione, e nel respingere qualsiasi idea di emanazione.

Dio è presente in ogni cosa per contrazione, per concentrazione in qualcosa di limitato, senza peraltro esserne circoscritto.

una nuova cosmologia

Come ricordavamo Cusano anticipa diversi importanti temi della modernità: anzitutto l'importanza della matematica. I Numeri infatti sono per lui i simboli più appropriati con cui la mente umana può rispecchiare in sé, micro-cosmo, il macro-cosmo che è l'universo.

Quest'ultimo inoltre pur non essendo infinito in senso positivo, lo è in senso negativo, nel non avere limiti.

Perciò non esiste un centro dell'universo, dunque la Terra non può occupare tale posizione. Né essa è immobile, ma si muove e non ha qualità sostanzialmente diverse dagli altri corpi celesti.

la pace religiosa

Cusano ha cercato il massimo dell'unità tra tutte le religioni, in particolare quelle monoteistiche, ma non ha rinunciato a sostenere la verità del Cristianesimo.

La stessa ragione ad esempio, secondo lui, può dimostrare i dogmi cristiani della Trinità e della Incarnazione.

Da notare che non si tratta di una impostazione totalmente nuova, trovandosene ampie tracce nell'indirizzo agostiniano, propenso a trovare analogie dei misteri rivelati nell'ambito naturale.

Il mistero trinitario è razionalmente intuibile dal fatto che Dio deve essere al contempo unità (=Padre), eguaglianza (=Figlio) e connessione (=Spirito Santo). Il mistero dell'Incarnazione poi è argomentabile razionalmente dal fatto che ci deve essere un individuo nel quale si dia il massimo della contrazione, che abbiamo visto essere il modo della presenza del divino nel finito.

Raggi di verità perciò sono presenti anche nell'ebraismo e nell'islam, ma la verità tutta intera è solo nel Cristianesimo. Un dialogo è auspicabile, perciò, ma senza rinunciare alla propria identità.