Giovanni Duns Scoto

la ricerca di una sintesi non sincretistica

Hurrahing in Harvest

SUMMER ends now; now, barbarous in beauty, the stooks arise
Around; up above, what wind-walks! what lovely behaviour
Of silk-sack clouds! has wilder, wilful-wavier
Meal-drift moulded ever and melted across skies?

I walk, I lift up, I lift up heart, eyes,
Down all that glory in the heavens to glean our Saviour;
And, eyes, heart, what looks, what lips yet gave you a
Rapturous love’s greeting of realer, of rounder replies?

And the azurous hung hills are His world-wielding shoulder
Majestic-as a stallion stalwart, very-violet-sweet!
These things, these things were here and but the beholder

Wanting; which two when they once meet,
The heart rears wings bold and bolder
And hurls for him, O half hurls earth for him off under his feet.


L'estate finisce ora, ora in una bellezza barbara
i covoni si ergono intorno: in alto, che folate di vento!
che leggiadro muoversi di nubi di seta! Si è mai composto
e scomposto nei cieli un più selvaggio ostinato fluttuante cumulo di farina?

Io cammino, alzo, alzo il cuore, gli occhi
in tutta quella gloria dei cieli per spigolarvi il nostro Salvatore
e occhi, cuore, che sguardi, che labbra vi rivolsero mai
saluto di amore frenetico di più reali, più chiare risposte?

E le azzurre colline sospese sono la Sua spalla che sorregge il mondo
maestosa - come un vigoroso stallone, di un viola dolce e intenso!
Queste cose, queste cose erano qui e solo chi le contemplasse mancava

ma quando si incontrano il cuore si libra con ali sempre più
audaci e gli scaglia, o quasi gli scaglia lontano sotto i suoi piedi, la terra


Gerard Manley Hopkins (1844–89) Poems 1918.

🪪 Cenni sulla vita

Filosofo e teologo francescano, originario della Scozia, donde il soprannome Scoto (Duns [contea di Berwick] 1265-66 - Colonia 1308). Fece i primi studi presso i francescani di Haddington, ed entrò nell'Ordine nel 1282 nel convento di Dumfries. Continuò gli studi presso l'università di Oxford e forse di Parigi, fu ordinato sacerdote nel 1291. Ritornato a Parigi, vi rimase per 5 anni per condurre a termine gli studi filosofici e teologici per il baccellierato in teologia.

Iniziò il suo insegnamento poi ad Oxford con il maestro Guglielmo di Ware, e poi a Cambridge. Nel 1301 ritornò a Parigi dove insegnavano Goffredo di Fontaines, Enrico di Gand, Eckart ed Egidio Romano. Due anni dopo dovette lasciare Parigi per non avere acceduto alla posizione di Filippo il Bello nella lotta contro il papa Bonifacio VIII. Questo episodio non va sottovalutato, in quanto testimonia il coraggio di Scoto e la sua fedeltà alla Chiesa, anche a costo di pagare di persona.

Nel 1304 fu di nuovo a Parigi, grazie alla riappacificazione del nuovo papa col Re di Francia, e a Parigi, nel 1305, conseguì il grado di Magister; nel 1306-1307 fu maestro reggente di quello Studio francescano, quando improvvisamente (probabilmente per l'ostilità del re Filippo il Bello) venne trasferito a Colonia dove morì l'anno dopo, nel 1308.

Venerato come beato nelle diocesi di Colonia e di Nola, il suo nome è inserito nel Martyrologium Franciscanum, e Duns Scoto è stato beatificato da Giovanni Paolo II nel marzo del 1993.

📔 Opere principali di Giovanni Duns Scoto

titolo originale titolo ital. (o edizione) anno
Quaestiones quodlibetales [risposte a domande del “pubblico”][data incerta]
Tractatus de primo principio Trattato sul primo principio 1307-08
Quaestiones super libros Aristotelis de Anima Questioni sul De anima di Aristotele1295-98(?)
Ordinatio (opus oxoniense) [l'opera maggiore di D.Scoto]1300-04
Reportata parisiensia [da appunti dei suoi studenti]1302-07
Collationes parisienses Conferenze parigine1302-07
Quaestiones subtilissimae super libros metaphysicorum Aristotelis Questioni sulla Metafisica di Aristotelegiovanile
Theoremata Teoremi[data incerta]

Scoto nella storia della cultura cristiana

Dopo Tommaso e Bonaventura è l'altro grande maestro del periodo d'oro della Scolastica. Scoto (chiamato Doctor subtilis, o anche Doctor Verbi Incarnati, Doctor Marianus) fu il più insigne esponente della seconda Scuola francescana, ed è con Bonaventura di Bagnoregio il maggior filosofo francescano.

Intorno al suo pensiero è stata alimentata una polemica secolare che in questi ultimi decenni sembra finalmente placarsi, col rifiorire degli studi medievali e il lavoro della Commissione per l'edizione critica delle sue opere.

Lo spirito dello scotismo

la ricerca di una sintesi non sincretistica

L'originalità di Scoto ha come punto di partenza una critica ai sistemi aristotelico-tomista e agostiniano-bonaventuriano che si fronteggiavano all'università di Parigi, i cui vessilliferi erano da una parte Goffredo di Fontaines ed Egidio Romano, e dall'altra Enrico di Gand.

Tra tali due sistemi rivali Scoto cerca una sintesi nuova, che salvi

Una caratteristica notevole del suo pensiero, che gli ha meritato l'appellativo di Subtilis (sottile), è proprio la sua costante preoccupazione di non perdere nulla di ciò che di positivo vi è in impostazioni e sistemi anche opposti, ricorrendo a distinzioni, appunti, sottili.

La ragione in effetti deve per Scoto riconoscere la sua insufficienza nell'affrontare la situazione concreta (status) dell'uomo, e accettare così di integrarsi alla fede: al centro di tutto per Scoto sta Cristo (Cristocentrismo), il Verbo incarnato la cui missione non è semplicemente quella di riparare il peccato originale, quasi fosse da esso condizionata, ma quella di divinizzare l'uomo. Essenziale allora è mostrare come tutto debba essere riferito a tale unitario Centro.

metafisica

Kore
Tutto il reale vibra di una profonda unità: in ultima analisi per una Presenza onnipervasiva.

l'univocità dell'essere

la profonda unità di tutte le cose

Così in metafisica la tesi più significativa di Scoto è quella dell'univocità dell'essere (laddove Tommaso d'Aquino aveva sostenuto la analogicità dell'essere): con tale tesi, che significa che il termine essere viene usato nello stesso senso in rapporto ai vari enti di cui viene detto, Scoto non nega certo l'infinita differenza ontologica che corre tra l'Essere Infinito e l'essere creaturale, ma intende sottolineare come tra tutto ciò che esiste ci sia una intrinseca comunione, che ci consente di parlare imperfettamente, ma legittimamente dello stesso Infinito. Attraverso la nozione univoca dell'essere infatti Scoto si apre la via allo studio dell'Essere Infinito. L'univocità insomma è tale in senso logico, non certo in senso ontologico. Si veda il testo scotista sull'univocità dell'essere.

le prove dell'esistenza di Dio

Le sue prove dell'esistenza di Dio si riconducono a tre, e giungono a Dio come Causa, come Perfezione e come Fine. Scoto si chiede anzitutto se l'Essere Infinito sia possibile; la risposta è affermativa in quanto non implica contraddizione. Poi, con un processo dimostrativo che si muove sul piano rigorosamente metafisico, afferma l'esistenza attuale dell'Essere Infinito. In primo luogo Scoto dimostra come debba esistere una Prima Causa efficiente di tutto, un Natura assolutamente perfetta, e un Fine Ultimo. E quindi egli argomenta come tale Causa, Perfezione e Fine deve essere infinito, cioè sia appunto Dio. La forza della dimostrazione scotista risulta dal massimo rigore logico che riduce all'impensabilità (in quanto evidentemente contraddittoria) ogni possibilità diversa o contraria. Si veda il testo scotista sulle prove dell'esistenza di Dio.

gnoseologia

l'oggetto primo dell'intelletto umano

la strutturale tensione dell'uomo verso l'Infinito

La mente umana in effetti non è aperta al solo essere delle cose sensibili (come inclinava a pensare Tommaso d'Aquino), ma all'essere in quanto tale, in tutta la sua ampiezza (ens in quantum ens): l'intelletto tende verso la totalità; è solo in seguito al peccato originale che l'oggetto proprio dell'intelletto si è in qualche modo, di fatto, ristretto all'intelligibile presente nel sensibile, ma per natura l'oggetto dell'intelletto è appunto l'essere nella sua ampiezza totale. Si veda il testo di Scoto in proposito

la conoscibilità del singolare

l'importanza del concreto

Altra tesi di Duns Scoto è la conoscibilità intellettiva del singolare, anche in questo caso in opposizione a Tommaso: l'intelletto non conosce solo aspetti universali, ma la concretezza del singolare. Per Scoto infatti sarebbe inconcepibile non poter pensare ciò che più merita l'attenzione dell'uomo, ossia Cristo, che, Verbo incarnato nella determinatezza storica, è un Singolare.

origine sensibile

D'accordo con Tommaso invece è Duns Scoto nel ritenere che tutta la conoscenza umana tragga origine dai sensi; ma rispetto all'Aquinate la funzione del soggetto conoscente è da un lato più attiva nei confronti dell'oggetto conosciuto e dall'altro è in stretta relazione con la presenza illuminante di Cristo.

cosmologia

la materia

In cosmologia Duns Scoto si attenne alla teoria ilemorfica (unità di materia e forma) già teorizzata da Aristotele; ma egli concede anche alla materia un minimo di attualità (quid positivum) quale termine dell'atto creativo, pena la sua vanificazione; la forma è atto in quanto principio di determinatezza e di distinzione.

il principium individuationis

anche qui: l'importanza del concreto

Originale fu la soluzione scotista al problema, dibattuto nella Scolastica, del principium individuationis: se tutti gli individui di una certa specie hanno la medesima forma (specifica) e d'altra parte la materia è un principio indeterminato e non differenziante, che cosa differenzierà un individuo dagli altri della stessa specie? Tommaso aveva detto: la materia; certo non la materia in quanto totalmente indeterminata, ma una materia in qualche modo già specificata (la materia signata quantitate). Scoto è insoddisfatto di tale spiegazione, che non conferisce sufficiente valore al singolare, ed elabora così la sua (sottile) proposta, secondo cui non è né la materia né la forma specifica ad individuare, ma un principio ulteriore l'haecceitas (neologismo da lui coniato = letteralmente questità, ovvero l'essere questo qui), ultima perfezione entitativa, ultima sigillo perfezionante della forma.

antropologia

anima e corpo

la sottolineatura della tensione oltre la materia

Anche l'uomo ha una struttura ilemorfica, in quanto unità sostanziale di anima e corpo; da un lato il corpo ha una sua forma corporeitatis, e dall'altro l'anima, oltre che forma di vita sensitiva e vegetativa, è in qualche modo una sostanza spirituale, principio delle facoltà conoscitiva e volitiva che trascendono il piano dell'esperienza sensibile; dunque, nella linea della tradizione francescana e differenziandosi dall'aristotelismo di Tommaso, Duns Scoto attribuisce allo spirito umano una maggior eccellenza rispetto al livello corporeo.

Essendo spirituale, l'anima è immortale; tuttavia, essendo creata, l'anima potrebbe, assolutamente parlando, venire annientata dal Creatore (anche se ciò non è niente più che una ipotesi filosofica, che la fede assicura essere falsa).

intelletto e volontà

decisivo è ciò che si vuole, piuttosto che ciò che si capisce

Il primato nelle facoltà è concesso da Scoto alla volontà: è la volontà la nostra facoltà suprema. Nella vita ciò che conta non è ciò che capisce, ma ciò che si vuole, ossia ciò che si ama. E la volontà è intrinsecamente libera di fronte all'oggetto presentatole dall'intelletto, e lo è perché esercita un certo dominio, ha un potere anche sullo stesso intelletto. Tale ne fu la sua stima da ritenere che nella stessa beatitudine eterna l'uomo resterà libero di scegliere.

etica

In Dio Scoto ripone il fondamento ultimo della moralità: Deus est rationabilissime et ordinatissime volens, onde la volontà divina vuole solo ciò che è conforme a verità (all'essenza divina). Per il fatto che Scoto limita la bontà morale di un atto nel suo riferirsi a Dio (fine ultimo), risulta che molte azioni umane possono essere moralmente indifferenti, per quanto non cattive. Il bene diventa un dovere morale solo se è bene necessario (Dio) o se è mezzo indispensabile per raggiungere il fine ultimo (Dio). La sfera del bene-dovere è indicata dalla legge naturale che Scoto distingue in legge naturale in senso stretto (in cui entrano i doveri verso Dio) e in legge naturale in senso largo (in cui rientrano i doveri verso se stessi e il prossimo).

teologia

Scoto concepisce la teologia come scienza fortemente connotata in senso affettivo (nel solco della tradizione agostiniano-francescana), in quanto approfondisce il mistero di Dio nel suo rivelarsi all'uomo, perché l'uomo possa agire in modo da fruirne la proposta salvifica. Dio si è rivelato come mistero di amore (Deus caritas est); amore è la creazione, amore è la grazia, amore è la beatitudine eterna; ma soprattutto è amore l'incarnazione del Figlio di Dio: "Dico dunque, anzitutto, che Dio si ama; secondariamente, Dio si ama per andare ad altri, e questo amore è ordinato; terzo, Dio vuol essere amato da qualcuno che possa amarlo di un sommo amore, ed io parlo di un amore estrinseco a lui; quarto, Dio prevede l'unione con se stesso di questo essere che deve amarlo, anche se non vi fosse tra gli esseri creati nessuno che tradisca l'amore". è questa teologia dell'amore che conduce Scoto a stabilire la famosa dottrina del cristocentrismo: Cristo, Dio-Uomo, è per se stesso voluto da Dio, assolutamente e incondizionatamente (cioè anche se l'uomo non avesse peccato), in quanto termine di Amore infinito e soggetto di uguale amore. Pertanto il Cristo è principio e fine di tutta la realtà creata, nell'ordine della natura, della grazia e della gloria.

Immediata conseguenza di questa dottrina è l'altra (definita come dogma di fede l'8 dicembre 1854) dell'Immacolata Concezione: Maria, in quanto madre predestinata del Cristo, non poteva essere esclusa dalla pienezza di amore, causa il peccato originale: Scoto introduce per lei il concetto di "Redenzione preventiva", per giustificare come la Madre di Dio sia, insieme, redenta e immune dalla colpa originale.

Si veda dal film Duns Scoto.

Particolare interesse poi hanno assunto, dopo il concilio Vaticano secondo, altre dottrine scotiste, come quella sulla Rivelazione (che è trasmessa nelle Scritture, benché alcune verità particolari siano state trasmesse alla Chiesa attraverso la tradizione), e quella del carattere sacramentale dell'Ordine episcopale.

il problema delle opere di Scoto

La questione sulla autenticità e genuinità degli scritti di Scoto ha sempre tormentato i critici; infatti l'importanza e la diffusione del pensiero scotista ha fatto sì che vari scritti di discepoli fossero inseriti tra quelli del maestro, e che varie interpolazioni fossero introdotte nel suo testo. L'odierna commissione internazionale per l'edizione critica delle opere di Duns Scoto (pur essendo ben lungi dall'aver ultimato il suo lavoro) ha stabilito l'elenco delle opere autentiche. Tra le principali opere ricordiamo: Super Universalia Porphyrii quaestiones; In librum Praedicamentorum quaestiones; Quaestiones in I e II Perihermeneias Aristotelis; In duas libros Perihermeneias, operis secundi, quod appellant, quaestiones; Quaestiones super libros Aristotelis De anima; De primo rerum omnium principio; Theoremata; Collationes Parisienses; Quaestiones super libros Metaphysicorum Aristotelis; Opus Oxoniense; Reportata Parisiensia; Quodlibet; Reportatio in IV Sent.; Lectura in I Sent.; Collationes 6 Oxonienses et Parisienses.

Per un giudizio

critiche ingiuste

Giovanni Duns Scoto è stato spesso oggetto di critiche molto aspre all'interno del “mondo cattolico”, soprattutto da parte dei tomisti, che temevano in lui un pericoloso “rivale” dell'Aquinate. Un rivale che vinse la disputa sulla Immacolata Concezione, difendendo appunto quello che poi la stessa Chiesa avrebbe definito come dogma, nel 1854, dando così ragione a lui e torto a Tommaso d'Aquino, che invece pensava che la Madre di Cristo fosse nata col peccato originale, come tutti.

L'ostilità trova qualche spiegazione anche nella tradizionale rivalità tra domenicani e francescani, la cui portata peraltro non andrebbe esagerata.

Di fatto comunque Duns Scoto venne a lungo presentato, da parte di molti tomisti se non come un semi-eretico, almeno come un artefice della dissoluzione della Scolastica, uno che aveva solo contribuito a distruggere il “meraviglioso” e insuperabilmente perfetto edificio del tomismo.

una filosofia promettente

In realtà, se è vero che alcune sue tesi, come quella della univocità dell'essere, si prestano ad essere fraintese, e se il suo impianto complessivo appare come meno robusto di quello tommasiano, ciò è dovuto essenzialmente a fattori come

In questo senso si può parlare di una filosofia promettente, nel senso che in lui si possono trovare delle preziose indicazioni di metodo, e preziosi elementi contenutistici, ma non un sistema completo.

🤔 Quick test

L'univocità dell'essere significa

L'haecceitas comporta

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Articoli

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testi di Duns Scoto

🎬 Filmografìa