Platone, testi

esistenza del mondo intelligibile

«Ebbi paura che l'anima mia si accecasse completamente, guardando le cose con gli occhi e cercando di coglierle con ciascuno degli altri sensi. E perciò ritenni di dovermi rifugiare nei ragionamenti (logoi) e considerare in questi la verità delle cose [...]. Comunque io mi sono avviato in questa direzione e, di volta in volta, prendendo per base quel ragionamento che mi sembri più solido, giudico vero ciò che concorda con esso, sia rispetto alle cause sia rispetto alle altre cose, e ciò che non concorda giudico non vero [...].

Con questo non dico nulla di nuovo, ma dico quelle cose che sempre, in altre occasioni e anche nel precedente discorso, ho continuato a ripetere. Mi accingo infatti a mostrarti quale sia quella specie di causa che io ho elaborato e, perciò, torno nuovamente su quelle cose di cui molte volte si è parlato, e da esse incomincio, partendo dal postulato che esista un Bello in sé e per sè, un Buono in sé e per sé, un Grande in sé e per sé, e così di seguito [...].

Allora guarda [...] se le conseguenze che da questi postulati derivano ti sembrano essere le stesse che sembrano a me. A me sembra che, se c'è qualcos'altro che sia bello oltre al Bello in sè, per nessun'altra ragione sia bello, se non perché partecipa di questo Bello in sé, e così dico di tutte le altre cose [...].

Allora io non comprendo più e non posso più riconoscere le altre cause, quelle dei sapienti [cioè dei Naturalisti]; e se qualcuno mi dice che una cosa è bella per il suo colore vivo o per la figura fisica o per altre ragioni del tipo di queste, io, tutte queste cose, le saluto e le mando a spasso, perché, in tutte queste cose io perdo la testa, e solo questo tengo per me, semplicemente, rozzamente, e forse ingenuamente: che nessun'altra ragione fa essere quella cosa bella, se non la presenza o la comunanza di quella Bellezza in sé [...].» (Fedone, 99e-100d)

La "seconda navigazione" conduce dunque a riconoscere l'esistenza di due piani dell'essere: uno fenomenico e visibile, I'altro invisibile, metafenomenico, coglibile con la sola mente, dunque puramente intelligibile. Ecco il passo in cui Platone afferma questo espressamente:

«- E non è forse vero che, mentre queste cose mutevoli tu le puoi vedere o toccare o percepire con gli altri sensi corporei, quelle, invece, che permangono sempre identiche non c'è altro mezzo con cui si possano cogliere, se non col puro raziocinio e con la mente, perché queste cose sono invisibili e non si possono cogliere con la vista?

- Verissimo, rispose, quello che dici.

- Poniamo dunque, se vuoi, egli soggiunse, due specie di esseri: una visibile e I'altra invisibile.

- Poniamole, rispose.

- E che l'invisibile permanga sempre nella medesima condizione e che il visibile non permanga mai nella medesima condizione.

- Poniamo anche questo, disse.» (Fedone, 79a)