Pascal e Cartesio

Cartesio rappresenta agli occhi di Pascal il prototipo del filosofo razionalista, di colui che crede che la ragione sia autosufficiente, e disdegna pertanto come superfluo o ininfluente ciò che la fede può apportare all'uomo.

Pascal sa che Cartesio si dice un credente, e non glielo contesta. Benché avrebbe potuto aver buon gioco nel rinfacciargli l'opportunismo e la leggerezza con cui Cartesio ammette tranquillamente di essere cattolico solo per il fatto di essere nato in un paese (la Francia) che professa tale religione. Ciò che a Pascal preme in effetti non è tanto una critica alla religiosità personale di Cartesio, che del resto è in larga parte celata nella sua coscienza, quanto una critica alla tipicità della posizione di Cartesio, che esprime un atteggiamento sempre più diffuso nella civiltà moderna.

Ma vediamo come Pascal dettaglia la sua critica. L'impostazione cartesiana è attaccata in particolare nei frammenti dal 76 al 79:

Nel fr. 76 Cartesio è preso come esempio di "coloro che approfondiscono troppo le scienze". Si tratta di una accusa tutto sommato benevola. Non dimentichiamo che lo stesso Pascal ha attraversato una fase della sua vita dedicando "troppo" alle scienze, e tra l'altro conseguendo in quel campo risultati brillanti. Ma soprattutto questo rilievo colpisce un livello quantitativo, non sostanziale: lo sbaglio non è interessarsi ala scienza, ma interessarsene "troppo". Tuttavia anche questo eccesso di "approfondimento" per la scienza, nel caso di Cartesio costituisce un sintomo non trascurabile di un atteggiamento complessivamente fuorviante: già forse per il fatto che Cartesio non l'ha mai messo in discussione, ma ben di più per il fatto che esso si è configurato in alternativa a quel sapere esistenziale che deve invece essere in cima alle nostre preoccupazioni, anche intellettuali. Senza contare che in Cartesio la scienza ha una valenza più astratta che in Pascal: mentre in quest'ultimo predomina una inclinazione sperimentale, fisica, legata al concreto, nella originaria convinzione della alterità e della oggettività reale della natura, fonte di inesauribile stupore, in Cartesio invece predomina la fiducia nella capacità della matematica, sinonimo ai suoi occhi di a-priori, nella originaria convinzione che la mente umana possa padroneggiare e involvere nella sua rete concettuale tutto ciò che esiste[1].

Pascal rifiuta, di Cartesio, il razionalismo, il disinteresse per il soprannaturale, la fiducia eccessiva nella ragione in campo fisico”. (Bausola, op.cit., pag.53)

Ma i due frammenti più famosi sono il 77 e il 78. Nel 77 Pascal afferma: “ Non posso perdonarla a Cartesio, il quale in tutta la sua filosofia avrebbe voluto poter fare a meno di Dio, ma non ha potuto evitare di fargli dare un colpetto al mondo per metterlo in moto; dopodichè non sa più che farne di Dio.”

Come può Pascal sostenere che Cartesio "in tutta la sua filosofia avrebbe ben voluto poter fare a meno di Dio"? Notiamo anzitutto la finezza caritatevole e signorile di Pascal: egli polemizza sì con l'uomo Cartesio (non può perdonare a lui, non al suo sistema, che è frutto della sua persona, e non una entità più o meno espressiva di un contesto storico-oggettivo), ma si premura al contempo di evidenziare come la sua denuncia riguardi i testi pubblicati da Cartesio, e non pretenda di giudicarne la coscienza. Ci sembra in altri termini interessante che Pascal, che pure aveva una foga polemica irrefrenabilmente acre e spietata contro le idee dei suoi "avversari" culturali, sappia conservare un profondo rispetto per la loro persona, la cui coscienza spetta solo a Cristo giudicare. Ma tornando alla nostra domanda, possiamo risponedere che è semplicemente inconcepibile per Pascal che all'affermazione dell'esistenza di Dio non segua con rigorosa conseguenzialità l'affermazione della sua assoluta centralità: se Dio esiste, egli è tutto. Un Dio che non fosse tutto sarebbe ai suoi occhi (ma si può dargli torto) una assurdità. Ma perché nel sistema cartesiano Dio non è tutto? Lo suggerisce Pascal dicendo che nella filosofia di Cartesio Dio "serve", "serve a": "serve a" stabilire che alle nostre idee, primo oggetto a cui si ferma lo sguardo del pensiero, corrispondono delle cose "fuori" del nostro pensiero, "serve" quindi a rassicurarci del fatto che le nostre facoltà conoscitive sono essenzialmente veraci e non falliscono circa il loro oggetto più proprio, serve a dire che esiste effettivamente un mondo fisico e che i suoi tratti essenziali sono quell'estensione e quel movimento spaziale di cui abbiamo idee chiare e distinte.

Ma si tratta di un Dio visto come mezzo, e non come fine: la riprova la abbiamo in ambito etico. Qual è l'etica proposta da Cartesio? Un'etica, che oltre a essere "provvisoria" (ed ecco un'altra tesi che Pascal non poteva vedere che come fumo negli occhi: indizio della scarsa attenzione che Cartesio attribuisce alle cose umane, sacrificate alle "scienze" del fr. 76), effettivamente prescinde dal riferimento a Dio: all'uomo infatti conviene seguire, conformisticamente e opportunisticamente, le usanze del paese in cui si trova e seguire, con determinazione estrema, le scelte intraprese.

La ricerca della verità in Cartesio non travalica i limiti delle scienze; niente in lui suona come accorata ricerca di una verità esistenziale a causa della divisione fra il pensiero e la vita. Da un lato vi è la massima flessibilità nei confronti dell'ambiente circostante, che va esteriormente assecondato (fondamentalmente per non riceverne fastidi), dall'altro una cieca cocciutaggine interiore nel perseguire un obiettivo e una strada che non importa siano oggettivamente veri, quanto piuttosto che siano soggettivamente abbracciati con inflessibile coerenza. Anche qui, come nella sua gnoseologia, Cartesio pone al centro il soggetto, e anche qui rivela un atteggiamento antitetico a quello di Pascal, per il quale da un lato si può e si deve sfidare l'opinione dell'ambiente circostante, come egli fece, e con coraggio, e dall'altro il soggetto non può acquietarsi soddisfatto di sé, della sua condizione naturale, ma deve, con urgenza e mobilitazione totale, "cercare gemendo" quale sia, istante dopo istante, la via oggettivamente più giusta che lo liberi "dall'angoscia di morte" e gli apra il cammino verso la gioia eterna.

Dunque in Cartesio la ragione è concepita in modo astratto. È ipetrofica perché astratta. Si attribuisce un potere che esistenzialmente non ha, il potere di dispensare l'uomo da una accorata dipendenza dalla concretezza.

”Cartesio inutile ed incerto„.

“ Incerto per chè la sua filosofia, vero romanzo della natura, simile alla storia di Don Chisciotte, si fonda non sui fatti , ma su alcuni principi inventati da Lui e quindi sospetti. Inutile perché invece di condurci all’unica cosa necessaria si sperde in vane speculazioni.”

Significativa ci sembra l’osservazione di Serini evidenziata da Bausola: “ Pascal mette al centro delle sue meditazioni l’uomo, l’io, così come aveva fatto Cartesio. In Cartesio, però, l’io era solo punto di partenza, per poi passare a studiare il mondo; in Pascal si ha impegno etico-religioso: la conoscenza di noi stessi e della nostra destinazione soprannaturale e ciò che conta”. (Bausola, Introduzione a Pascal, pag.55/56).


[1] Cfr. Sciacca, 24/5.